Al suo secondo lungometraggio, Christopher Nolan mostra la sua genialità con una sperimentazione dal punto di vista narrativo e del montaggio
Dopo avervi presentato L’amore dimenticato e la serie tv Audrey è tornata, concludiamo il filone cinema-memoria con il film Memento (2001) di Christopher Nolan. Premetto subito che è un noir e il legame con le altre pellicole è solo la perdita di memoria, a breve termine in questo caso, del protagonista. Dopo 15 minuti non ricorda più nulla.
Leonard Shelby è alla ricerca dell’assassino della moglie, vuole vendicarsi e avvia delle indagini. A causa del suo disturbo utilizza un metodo per non dimenticare: appunti, foto polaroid e scritte tatuate sul corpo.
Detto così è semplice e lineare, ma lo svolgimento del film non lo è per nulla. Vidi il film al cinema e rimasi confuso per buona parte della visione e al termine scoccò una debole scintilla che non soddisfò però la comprensione. Perché uscii dal cinema frastornato? Semplice, il film è narrato al contrario, ovvero l’inizio del film sarebbe la fine, mentre il The end è la partenza.
Facile a dirsi, ma la visione è difficile sin dall’inizio, vedi la prima scena e dici: ma cheèstarobba?
Non ve la descrivo, guardatela, vi dico solo che non ha utilizzato effetti speciali.
Il DVD in commercio di Memento ha due dischi, nel primo vi è il film andato nelle sale, nel secondo una versione montata in sequenza temporale. Beh, quest’ultima ti fa dire che il film è banale con molte incongruenze, ma Nolan non ha mai visto questa versione, è un’idea della casa di produzione solo per gli extra del DVD, perché ha concepito e studiato il film proprio al contrario. Sia nella sceneggiatura che nella realizzazione concreta dei punti di raccordo e passaggio di ciascuna delle scene cosa questa non facile, anzi. Una sperimentazione sotto l’aspetto narrativo e del montaggio.
Ci sono momenti in bianco e nero e a colori. I primi sono le telefonate del protagonista (parla solo lui in maniera affannata) e il suo voice over di descrizione degli accadimenti, questo in uno stile documentaristico, mentre quelle a colori vogliono rendere partecipe il pubblico di ciò che il protagonista vede per identificarsi con lui. La cinepresa inquadra le polaroid, i tatuaggi (originale l’idea di quello inciso al contrario sul petto per poterlo leggerlo nel verso giusto nel riflesso di uno specchio) e le varie situazioni con gli occhi di Leonard, perché Nolan vuole che gli spettatori si immedesimino in lui, nel suo pensiero, percepiscano la sua confusione, le sue incertezze e paranoie. Ricordiamoci sempre che la narrazione è al contrario e perciò, unita agli atteggiamenti appena descritti, a un certo punto del film tutto ci sembra strano, alterato, incoerente e si inizia a dubitare del prosieguo sia della storia che di Leonard, della sua attendibilità.
Un film noir, drammatico e psicologico.
Tutto questo è voluto da Nolan. Questo è il suo secondo lungometraggio della carriera realizzato all’età di trent’anni. Che mente e pensieri può avere un giovane per narrare una storia in pellicola in questo modo? Un fuori di testa o un genio? Uno psicologo potrebbe rispondere?
Cimentarsi nel realizzare il film al contrario è stata un’idea, secondo me, brillante e originale; realizzarlo tecnicamente (pianificare le inquadrature per poi montarlo) è stata una sperimentazione innovativa e ben riuscita.
Tutto inizia da uno spunto del fratello di Nolan, Jonathan, scrittore e sceneggiatore, che voleva scrivere un libro sulla vicenda di un personaggio con il disturbo di memoria a breve termine. A quattro mani scrivono la sceneggiatura e il regista ci ha messo del suo nella scelta dell’utilizzo del bianco/nero e del colore, nell’espressione della voce da dare alla recita di Leonard (asettico nel racconto della sua vita, concitato al telefono), come realizzare le riprese per renderci partecipi, l’arredamento e i colori del motel, i tatuaggi come appunti e tanto altro. Ha fatto un gran lavoro certosino. Per dovere di cronaca, il film è stato poi girato in 25 giorni; l’attore protagonista, Guy Pearce (voto 10), a dispetto del tema, aveva una memoria eccezionale nel ricordare le battute; il film è andato nelle sale e il fratello non aveva ancora terminato Memento Mori, il romanzo.
La critica è stata subito tiepida, molti ancora non lo reggono, ma a dispetto di questi è diventato un cult e, aldilà dell’originalità, ci fa discutere e pone interrogativi sulla mente umana, non scivola via.
Continuare a ricercare per non dimenticare.
Bella sfida.
I film successivi di Nolan sono stati un successo. Direte: facile realizzare la trilogia di Batman, ok ci potrebbe stare, ma secondo me non tanto; più difficile però per gli altri che passano dalla fantascienza, alla storia a Oppenheimer. Concepisce le sue pellicole per la sede naturale di visione, i cinema, ne capisce molto di tecnica ed effettua le riprese nel massimo formato, IMAX.
Dopo aver visto i suoi film e averne anche scritto su questo giornalone, lo dico con certezza: Nolan è un genio.
Fonte: Gianni FORESTI | IlSussidiario.net