Il cardinale Giacomo Biffi (1928-2015), a lungo arcivescovo di Bologna, oltreché un eminente teologo è stato anche un brillante scrittore, che sapeva usare l’umorismo per far comprendere idee complesse. Mai banale, i suoi interventi sorprendevano sempre per originalità e per la capacità di “provocare”, cioè far riflettere.
L’editore Cantagalli pubblica ora un volume che raccoglie alcuni suoi testi con il titolo La meraviglia dell’evento cristiano (pp. 448, euro 26). Sono riflessioni non “politicamente corrette” su un gran ventaglio di temi, ma vorrei qui segnalare alcuni dei (tanti) pensieri di Biffi sulla pace.
PACIFINTI
“Non basta parlare di pace, perché si sia operatori di pace in senso evangelico”. Dopo questo enunciato, Biffi fa una casistica di pacifisti-a-parole.
Per esempio, nella Bibbia – spiega – erano “i falsi profeti” (combatutti dai profeti veri) “ad avere sempre in bocca la parola ‘pace’”. Essi “facevano di questo argomento il manto seducente sotto il quale nascondere la loro menzogna”.
Venendo ai tempi nostri “ci sono ancora regioni del mondo, ci sono ancora ambienti e aggregazioni ideologiche” afferma il cardinale “dove magari si condanna la guerra, ma poi si esaltano le rivoluzioni e le lotte di classe condotte con la violenza; che sono in realtà le peggiori delle guerre, perché combattute tra cittadini della stessa nazione. E anche per le vie delle nostre città troppe volte sono risuonate frasi minacciose che promettevano svergognatamente prepotenze, piombo, morte”.
Il Novecento, afferma Biffi, “ha battuto tutti i primati della crudeltà: nessun altro secolo si è macchiato di così grandi, così numerosi, così generalizzati delitti”.
Un’altra considerazione che fa pensare: “Non è un valore la pace, se si risolve nella resa alla prepotenza, nella via libera data all’ingiustizia e alla sopraffazione, nella rassegnazione alla perdita della libertà. Pace non deve essere il nome nuovo della viltà; pace non può significare acquiescenza alle forze del male e alle spavalde e spudorate incursioni della menzogna”.
Secondo Biffi la vera pace da costruire “comporta il rispetto dell’uomo, non tollera la mortificazione dei suoi fondamentali diritti, onora in tutti la dignità inalienabile della persona”.
IL PILASTRO DELLA LIBERTA’
Una considerazione del cardinale va specialmente sottolineata: “Un popolo per dirsi davvero in pace deve essere anche libero. Un ordine e un’assenza di lotte e di contrasti che scaturissero dalla coercizione e comportassero la privazione dei sostanziali diritti umani, non costituirebbero affatto una situazione di pace. La persona umana – che è il fondamento e lo scopo di ogni istituzione sociale – possiede in proprio dei diritti inalienabili” che “non possono essere mortificati da nessuno”.
Un’ultima riflessione del cardinale sembra particolarmente attuale: “L’amore per la pace non si misura dall’uso ossessivo e propagandistico di questa sacra parola, ma, prima di ogni altra cosa, dalla sincera e concreta volontà di rispettare l’uomo nei suoi diritti, tra i quali è essenziale il diritto di manifestare il suo pensiero… Va anzi detto che una generalizzata condizione di libertà è la strada più sicura per salvaguardare la pace nel mondo… è importante che tutti i popoli abbiano la possibilità di influire efficacemente sulla linea di condotta di coloro che governano la cosa pubblica e sono responsabili delle drammatiche scelte della storia”.
C’è molto altro nel libro di Biffi (anche sulla pace). È una lettura che illumina e apre la mente.
Fonte: AntonioSocci.com