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Il sacrificio di Indi Gregory e la Grazia sulla terra

«Ma se Dio esiste perché i bambini soffrono?». Questa è la domanda più frequente che gli atei pongono a chi crede. È una domanda tragica ed essenziale. Anzi: esistenziale. E, soprattutto, è una domanda vera. Onesta. E che tocca tutti, più o meno direttamente. Perché i fanciulli, che sono le creature più pure sulla faccia della terra, devono passare dalle sofferenze della malattia? Perché Dio non mette alla prova solamente gli adulti, che hanno vissuto più o meno a lungo e che hanno peccato contro di lui? Perché può capitare che un bambino muoia a pochi mesi o a pochi anni dalla sua nascita? Una risposta precisa non ce l’ho. Posso solo intuire il mistero dietro alle morte premature attraverso la storia di Indi Gregory.

Come è noto, la piccola – morta purtroppo stanotte – era affetta da deplezione mitocondriale, una malattia inguaribile che spegne le persone poco alla volta. La bambina era presente, stringeva le dita del papà e della mamma. Sentiva amore. E dava amore. Era viva. Se ragioniamo da un punto di vista solamente umano, Indi non sarebbe dovuta venire al mondo. Una vita così, sostengono i fan dell’eutanasia, non ha senso. Hanno ragione, in un certo senso. Ed è questo il motivo per cui, nel nostro occidente progredito e progressista, chi è un peso viene eliminato. Sia esso bambino o anziano. Ma se proviamo ad allargare il nostro sguardo con una prospettiva di fede, le cose cambiano e ogni vita – per quanto sgangherata possa essere – ha un senso. Dio è generoso, non sprecone. E se ti ha creato è perché ha un progetto su di te.

Quale potrebbe essere il compito della piccola? Potrebbe averlo spiegato il padre di Indi, Dean Gregory, che, intervistato da Bruno Vespa, ha detto di aver visto l’inferno nell’accanimento contro sua figlia e ha chiesto di battezzarla: «Mi sono reso conto di questa situazione così grave, per questo ho fatto questa richiesta». E così è stato. Ora anche Dean si sta avvicinando alla fede e sta pensando di battezzarsi. Perché ve ne parlo? Perché il padre di Indi ha trovato un senso alla sofferenza. Ha capito che dietro di essa c’era qualcosa di più. C’era una possibilità per la vita vera. Quella eterna. E si è precipitato affinché sua figlia potesse goderne. Avrebbe potuto tentennare, ragionare sui misteri della fede con calma. E invece no. C’era un’emergenza. C’era una decisione da prendere che andava oltre la crudeltà dei giudici. C’era da scegliere se combattere l’inferno o farsi inghiottire da esso. E Dean ha scelto. Ha preferito il paradiso. Innanzitutto per la piccola, che in quel momento si trovava in croce, proprio come Cristo, a soffrire.

Se ci pensiamo un attimo, Dio avrebbe potuto scegliere un altro milione di modi per salvare gli uomini. Avrebbe potuto compiere azioni spettacolari. Inviare segni nel cielo o abbattere la terra a suon di disastri naturali. Ma non l’ha fatto. Ha mandato suo Figlio a morire in Croce, facendoGli provare atroci sofferenze. E non dev’essere stato facile neppure per Gesù accettarlo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Il Figlio si abbandona al Padre affinché anche i suoi fratelli possano salvarsi. E ora è il padre, Dean, che si abbandona al Padre attraverso la piccola, che forse non a caso è stata condannata a morte come Cristo. E la salva. E prova a salvare anche se stesso, sua moglie e le altre due figlie. Dalla sofferenza la rinascita. Dalla morte la vita. Suggestioni, forse. O forse no.

Fonte: Matteo Carnieletto IlTimone.org

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