Non solo milioni di italiani ma anche alcuni intellettuali hanno colto il suicidio dell’Occidente e stanno auspicando un rimedio. Sosteniamoli
Vi sono alcuni segnali nella società italiana che lasciano intendere che sia in corso una presa di coscienza del fatto che la cultura occidentale è in pericolo perché minacciata non soltanto dall’esterno, dalle potenze totalitarie e nazionaliste alleate di Cina e Russia e dall’islamismo radicale, in particolare iraniano, ma anche dall’interno, da quella cancel cultureche dagli USA sta penetrando anche in Europa soprattutto con manifestazioni di disfattismo, di stanchezza colpevole, di disprezzo di sé e di suicidio demografico.
L’Europa che odia sé stessa non è soltanto una frase pronunciata dal card. Ratzinger ormai tanti anni fa, ma è una profezia avveratasi, che forse può ancora essere occasione di ripensamento.
Da chi provengono questi segnali di ripensamento? Da una parte significativa di italiani, quella che ha permesso la vittoria elettorale del centro-destra, una parte minoritaria (tenendo conto del numero di astenuti, quasi un italiano su due) ma importante, che ha premiato soprattutto il partito Fratelli d’Italia ma in generale tutto il centro-destra. L’orgoglio italiano in questo caso non è un superficiale nazionalismo, ma rappresenta la volontà di difendere e soprattutto di riproporre i valori universali che hanno fondato una civiltà cristiana in Occidente.
Chi sono i principali esponenti di questo ripensamento che mi sembra di intravvedere? Alcuni di questi intellettuali scrivono sul Corriere della Sera, il quotidiano che “è sempre stato al governo con ogni governo” nella storia italiana. Non so se sarà così anche con il governo Meloni, ma è indubbio che Ernesto Galli della Loggia, Federico Rampini, lo stesso Paolo Mieli, Antonio Polito, per citarne solo alcuni, pur non essendo schierati con nessuna forza politica stanno difendendo i principi di un ordine sociale fondato su alcuni valori riconducibili al conservatorismo,che si è sempre opposto, dal 1789, al processo di disgregazione delle radici cristiane d’Europa.
Questi intellettuali non sono dei seguaci di Edmund Burke e tantomeno di Joseph de Maistre. Sono però molto attenti alla diffusione di una cultura progressista che scardina ogni valore fondante una civiltà in nome di diritti astratti, individualistici, che negano l’esistenza di una natura comune a tutti gli uomini e contemporaneamente disprezzano le differenze che la stessa natura porta a distinguere, non a contrapporre, l’uomo dalla donna. Questi intellettuali si sono accorti che la nostra società muore letteralmente perché non ha più nulla su cui fondarsi, nulla che meriti i sacrifici e l’entusiasmo necessari perché una civiltà sopravviva e si sviluppi. Sarebbe sbagliato, miope e ingeneroso, pretendere che siano quel che non vogliono essere, cioè dei controrivoluzionari cresciuti in ambienti che neppure conoscono. Eppure sono loro che possono mettere in crisi un sistema di trasmissione della cultura altrimenti non vincibile umanamente, sono solo loro che possono aprire delle crepe e predisporre a un ripensamento più grande, capace di coinvolgere diverse persone.
Sono stati soprattutto Massimo Cacciari e Luca Ricolfi a dire cose di buon senso nella crisi collettiva del pensiero e delle emozioni scoppiata in seguito al tragico assassinio di Giulia Cecchettin. Sono loro che possono mettere dei granelli di sabbia che facciano fermare o almeno rallentare il meccanismo apparentemente inossidabile della comunicazione nazionale.
Qual è il primo valore universale al quale sono molto sensibili questi intellettuali, e con loro ampia parte della popolazione italiana? La libertà, meglio, le diverse libertà che il mondo occidentale ha conservato, nel bene e nel male, di fronte all’avanzata del socialcomunismo dopo il 1848, quando venne pubblicato il Manifesto del partito comunista di Marx ed Engels. La libertà è una caratteristica della persona umana, creata a immagine di Dio e quindi capace di amare proprio perché libera di scegliere. Nel Vangelo, Gesù valorizza al massimo questa qualità della persona premettendo sempre il si vis, “se vuoi”, a ogni sua proposta. Nella tradizione occidentale le libertà concrete hanno un grande ruolo: la libertà della società dall’invadenza dello Stato, i corpi intermedi, la libertà di educazione dei genitori contro il monopolio statalista, la libertà religiosa e quella politica, in particolare di fronte ai totalitarismi del ‘900. Tutto questo vale ancora oggi di fronte alle ambizioni della Cina, sempre legata al partito unico comunista, alle pretese del nazionalismo espansivo russo di Putin, al fondamentalismo islamico e induista, che negano la libertà di scegliere la religione, al laicismo che in Occidente vorrebbe imporre la cancel culture contro le radici cristiane d’Europa e rifiuta l’evangelizzazione delle Americhe.
La libertà è un grande bene per tutta l’umanità, è «la prerogativa più nobile dell’uomo», diceva san Giovanni Paolo II (8 dicembre 1987), e non c’entra nulla con la “libertà liberale” imposta a furor di ghigliottina nel 1789 e poi sfociata nel Terrore giacobino. Se ne accorsero molti rivoluzionari della prima ora, che cominciarono presto a fare marcia indietro.
Forse, anche oggi, qualcuno sta ripercorrendo la stessa strada. Aiutiamolo senza pretese e forzature, con la semplice gratuità dell’amore evangelico, che accompagna senza chiedere nulla in cambio.
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