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Zuppi: «Il potere logora chi ce l’ha, ma è l’ora di immischiarsi»

Tanta gente all’incontro promosso da Gigi De Palo. l complimenti del presidente della Cei all’attore Scifoni: «I sacerdoti imparino da lui a predicare meno “da preti”». Si replica in 5 città

«I santi della porta accanto sono quelli che si immischiano, che mettono la loro passione, la loro intelligenza, i loro sforzi nella realtà in cui sono». Il cardinale Matteo Zuppi interviene all’affollato raduno del gruppo “Immìschiati”, che si tiene nel salone dell’Angelicum a Roma. La politica è tutto, si diceva ai tempi della Contestazione, e l’iniziativa promossa da Gigi De Palo inverte un po’ l’ordine dei fattori, nel senso che tutto è politica, «a partire dalle riunioni più complicate di tutte, che sono quelle di condominio», scherza, ma neanche tanto, l’ex presidente del Forum delle Associazioni familiari. «Non è un nuovo partito, non ci sono secondi fini, ma non possiamo rassegnarci al fatto che il futuro sia, invece di una promessa, una minaccia. Puntiamo ad aumentare la consapevolezza in chi va a votare, non solo in chi vuol fare politica, ma a beneficio della vita di tutti i giorni», spiega De Palo, entusiasta dei numeri raggiunti: «Siamo partiti per essere 500 e ci siamo ritrovati in 8mila», dice.

«Non possiamo essere come dei sonnambuli», dice Zuppi, prendendo a prestito una immagine dell’ultimo rapporto Censis. La politica è la più alta forma di carità? «Premetto che i papi sono tutti grandi, ci sono stati tutti mandati dal Signore. Questa frase di Paolo VI è vera – aggiunge -, ma deve fare i conti con le tante insidie che si porta dietro l’esercizio del potere, l’opportunismo, l’interesse personale, la vanagloria, quel dire “lei non sa chi sono io” mentre poi l’unico che non lo sa è proprio chi lo dice, tutti gli altri lo sanno benissimo». Perché il rischio, per chi fa politica, è proprio questo, dimenticarsi di chi si è: «Il potere logora chi ce l’ha», inverte la massima andreottiana l’arcivescovo di Bologna: «Bisogna aiutarsi – è il suggerimento per chi fa politica – ad avere sempre vicino qualcuno che ce lo ricordi, che ricordi le ragioni, perché è vero è che la politica è una cosa alta, ma è anche alla portata di tutti. Anzi – ragiona Zuppi -, i politici più grandi sono stati quelli che sono rimasti loro stessi, senza arricchirsi, attenti a lasciare qualcosa di buono per chi veniva dopo».

Lo strumento più importante è «la conoscenza. Bisogna invece rifuggire dalle semplificazioni, o dalla politicizzazione, che allontana dalla comprensione degli eventi. E dai manichei, che si sentono sempre dalla parte giusta. Verità e carità debbono stare sempre insieme», ricorda Zuppi. Bisogna immischiarsi, allora, ben consapevoli che «quando uno si immischia un po’ le mani si insozzano, è inevitabile», ma la Fratelli tutti indica la strada nel concetto di “amore politico”: «Non possiamo adeguarci a una rappresentazione un po’ pornografica della politica», una sorta di regno del malaffare «da guardare sempre dal buco della serratura», ma occorre «stare alla realtà, al concetto un po’ abusato ma sempre valido del bene comune». Infine, come sempre fa dall’incontro per gli 80 anni da Camaldoli di questa estate, Zuppi non manca nemmeno stavolta di raccomandare di «ricordarsi dell’Europa, un tesoro che abbiamo ereditato dopo sofferenze orribili, dopo guerre che si ripropongono oggi con la stessa crudeltà. Un patrimonio che mette al centro i valori della vita e della persona che non possiamo disperdere».

Dopo il saluto di Adriano Tomba, segretario della fondazione Cattolica assicurazioni, che sostiene il progetto (ora sono entrati anche la fondazione Angelini e le Bcc, le Banche di credito cooperativo) via alle testimonianze, introdotte dalle letture dell’attrice Beatrice Fazi. Don Fabio Rosini ricorda di essere un quinto figlio, che se fossero valsi certi criteri oggi vigenti non sarebbe stato messo in programma, e non sarebbe qui. «Invece ci siamo, ognuno di noi è una persona grande, che ha la responsabilità di tante persone che guardano a noi, resi grandi dal fatto che Gesù è morto per noi, per ciascuno di noi». Immischiarsi, allora, anche con l’intelligenza artificiale, spiega padre Paolo Benanti. Che ha le sue regole, «in grado di cambiare i nostri comportamenti con le notifiche. Ma non è una legge, da accettare supinamente, perché non ha il carattere di generalità che una legge deve avere, ma risponde agli interessi singoli del padrone del server». Immischiarsi imparando paradossalmente da chi fa una scelta monastica, «e lo fa non per scappare dal mondo, ma per abbracciarlo tutto intero», interviene don Luigi Maria Epicoco: «Non un solo miracolo del Vangelo – ricorda – è stato fatto da Gesù senza la collaborazione degli uomini. Noi non siamo chiamati a fare miracoli, ma a fare il nostro possibile perché i miracoli accadano, rifuggendo da un cristianesimo “antidolorifico”, come fosse una droga, stando invece immersi nella realtà».

Giovanni Scifoni incassa un gran complimento dal cardinale Zuppi: «I sacerdoti dovrebbero imparare da lui a predicare, a usare un linguaggio meno da preti», aveva detto l’arcivescovo di Bologna. Racconta, Scifoni, di aver faticato a togliersi di dosso l’etichetta riduttiva di “attore cattolico”, ma non fa vittimismi: «Non siamo perseguitati, i perseguitati sono in Nigeria. Semplicemente non c’è più la committenza dei papi, come una volta, o del partito comunista, in epoche più recenti. Ma questo ci dà la grande occasione per testimoniare quel che davvero vale la pena, quel che è cruciale per noi».

Infine, don Alberto Ravagnani: «Non regge – premette – l’interrogativo su come si sarebbero comportati san Francesco o don Bosco con i social. Allora non c’erano e oggi ci sono, ma loro avevano il Battesimo come lo abbiamo noi e dobbiamo fare i conti, come loro, con la nostra realtà. Il virtuale non è una cosa diversa dalla realtà. Occorre immischiarsi anche con i social, allora», sostiene.

E così l’operazione “Immìschiati”, dopo aver fatto il pieno in versione online, accetta la sfida a incontrarsi di faccia, «in carne ed ossa», come spiega Matteo Fortelli, di Reggio Emilia, del gruppo degli organizzatori, nel presentare, a conclusione, il prosieguo dell’avventura. Cinque incontri in cinque città su altrettanti capisaldi della dottrina sociale: a Verona sulla persona, a Bologna sul bene comune, a Bari sulla solidarietà, a Milano sulla sussidiarietà e a Roma sulla partecipazione attiva.

Fonte: Angelo Picariello | Avvenire.it


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