L’imprenditore Roberto Brazzale: “Lavoravano nell’edilizia e nell’oreficeria, settori in difficoltà. Trasmettono entusiasmo a tutti. Assurdo che le aziende escludano chi non è giovane”
“Ogni mattina alle 10 ci prendiamo il caffè. Come quando eravamo a scuola. Non si può immaginare quanto sia bello”. Roberto Brazzale, 61 anni, non è solo un imprenditore: è un entusiasta, la settima generazione dei Brazzale impegnati al timone dell’omonimo gruppo leader nella produzione di formaggio e burro. Ora ha fretta, sono quasi le 10, d’altronde.
Non si può arrivare in ritardo “È un appuntamento fisso con i miei ex compagni di scuola e amici di sempre, qui in ufficio”.
Una festa in azienda?
“No, la quotidianità. Sono otto, siamo tutti sui 60 anni. Sono stati assunti negli ultimi due o tre anni, alcuni erano rimasti senza lavoro o comunque in difficoltà con la crisi dell’edilizia e del settore dell’oro di Vicenza. E passati i 50/55 anni, quando hai energia ed esperienza al massimo, tutto sembra remare contro”. Lo tsunami Covid, la bolla immobiliare, il rullo compressore dell’economia: anche nel ricco Nord-Est si può restare indietro. Zanè è un piccolo comune a due passi da Thiene nella pianura che guarda l’altopiano di Asiago. Dall’inizio del secolo la famiglia Brazzale produce i suoi formaggi e il suo burro da queste parti. Roberto Brazzale, avvocato, a capo del gruppo industriale con i fratelli Piercristiano e Gian Battista, è abituato a muoversi controcorrente. Anni fa ha sviluppato una nuova produzione nella Repubblica Ceca, creando il Gran Moravia e triplicando fatturato e dipendenti in Italia. “Dovremmo superare i confini tra stati e la carta politica, guardare solo a quella fisica. I bovini stanno meglio a Nord delle Alpi. Con materie prime migliori si fanno prodotti migliori”.
Tre anni fa una nuova sfida. Ed ecco che arrivano gli amici? “Abbiamo pensato di creare un ramo d’azienda qui in Italia, si chiama ’Tentata vendita di burri speciali’. Praticamente si occupa della vendita dei nostri prodotti di alta gamma a ristoranti, pasticcerie, negozi specializzati. Una specie di start up. Avevamo in prova alcuni giovani sui trent’anni con risultati molto deludenti, poca iniziativa e vitalità. Nel contempo, sentivamo nostri amici di gioventù raccontare delle difficoltà nei loro settori”.
Otto assunzioni per partire, ma mica assunzioni qualunque.
“Sì sono commerciali, amministrativi, contabili, anche con studi universitari e fra i migliori a scuola. Tutti amici da una vita di cui conosciamo bene le qualità”.
Nessuno ha obiettato, magari perché non conosceva il settore lattiero caseario?
“Quando ho chiamato Sandro, un mio ex compagno delle scuole medie, lui era un po’ dubbioso. ’Ho sempre lavorato nel settore dell’oro, non ho mai venduto burro…’. Si impara. Un sessantenne non può fare una start up? Scherziamo?”.
Partenza, allora. Ha sfogliato l’agenda personale…
“Sonia, Gino, Ugo, Marco, Nico… vietato ai minori di sessant’anni. Alcuni di loro venivano da settori in crisi, o avevano lavorato come partite Iva in questi settori. Qualcuno era appassionato all’idea di iniziare una nuova carriera nel settore alimentare. Sì, alla nostra età. Ora facciamo squadra e addirittura stiamo studiando nuovi progetti avvincenti”.
E che squadra.
“Sono tutti bravissimi, lavorano con entusiasmo che sanno trasmettere. Dinamici, mai stanchi, qualcuno “operativo H24”. Abbiamo aperto temporary store tra Padova e Vicenza, abbiamo sperimentato i Food truck in tutta Italia… Funziona”.
Il mondo al contrario, o almeno, il contrario del mondo disegnato da certe logiche che escludono i diversamente giovani…
“Eh sì, è assurdo pensare che le aziende oggi escludano gli over 50, persino che li mandino in pensione anticipata. I 60 sono i nuovi 40 o addirittura 30. Non vedo nessun cosiddetto giovane fare quello che riesce a fare questa squadra e abbiamo molta esperienza da trasmettere alle nuove generazioni. Non ci piacciono gli schematismi. Il potenziale delle persone non è legato all’età, ma alla passione, all’intelligenza, alla voglia di apprendere. E noi lavoriamo ancora meglio perché siamo amici”.
Perché c’è dell’altro nella vita e nel lavoro. Sembra una fiaba.
“Talvolta ci sembra di vivere in un film francese. Vede, il rapporto tra noi si è creato nell’adolescenza ed è rimasto lo stesso, lo stesso affetto. Siamo i soliti ragazzacci di 40/50 anni fa. Frequentavamo le stesse scuole, assieme giocavamo a calcio, andavamo in discoteca e “a morose”, ed ora lavoriamo assieme con lo stesso entusiasmo. Cosa si può chiedere di più che lavorare assieme?”.
C’è poi quel caffè
“Il momento più bello. Come se il tempo non fosse mai passato. Buona giornata!” .
Fonte: Il