Il Piano Mattei prende il via. Oggi a Roma il momento centrale del summit Italia-Africa con venticinque capi di Stato e di governo, i vertici europei da Ursula von der Leyen a Roberta Metsola, rappresentanti dell’Onu, della Fao e del Fondo monetario. È il capitolo iniziale di un progetto che la premier Giorgia Meloni ha spinto con grande energia fin dal suo insediamento a Palazzo Chigi, un Piano, quello dedicato al primo presidente di Eni, che è volto, si leggeva nel decreto istitutivo del novembre scorso, a «promuovere uno sviluppo comune, sostenibile e duraturo, nella dimensione politica, economica, sociale, culturale e di sicurezza».
Al di là delle belle parole, che ovviamente andranno riempite di significato per non restare solo un bel libro dei sogni, il Piano Mattei ha chiaramente tre focus strategici fondamentali: energia, immigrazione e nuovi equilibri nello scenario di un mondo sempre più multipolare (in Africa si gioca anche la partita geopolitica con il dragone cinese e la Russia).
Sono molte le analisi che su questi tre grandi temi è possibile fare, ma per non naufragare nel mare delle buone intenzioni pensiamo occorra evitare un primo e fondamentale fraintendimento. Per questo si può essere d’accordo con Federico Rampini, autore di un interessante libro intitolato La speranza africana. La terra del futuro concupita, incompresa, sorprendente (Mondadori). Occorre evitare cioè di praticare una qualche «nuova forma di sottile razzismo» per cui si considera l’Africa come una specie di terra dimenticata da Dio e dagli uomini, culturalmente arretrata rispetto a taluni standard dell’occidente decadente, dove gli africani figurano solo come marionette in mano al despota di turno. E quindi smettere di pensare che qualunque azione venga posta in essere sia realizzata solo per depredare.
Il futuro dell’Europa e del mondo intero farà innegabilmente i conti con il grande continente, le sue risorse e la sua esplosiva demografia. Se si vuole essere interlocutori occorre iniziare ad andare oltre la retorica sull’Africa.
Il continente africano ha nella chiesa cattolica probabilmente la rete più funzionante e unita su scala panafricana, nessuno come i vescovi può parlare in modo trasversale alle diverse nazioni e popoli del continente. Benedetto XVI nella messa di apertura del Sinodo africano del 2009 disse che l’Africa è il “polmone spirituale” dell’umanità oggi. Siamo convinti che proprio da questa considerazione si possa cominciare a superare la retorica sull’Africa e sugli africani. È una sfida valida per la Chiesa Cattolica, ma che si può estendere all’Occidente che ha ridotto quasi a zero la sua dimensione “spirituale”.
C’è da presumere che all’odierno summit di Roma non sarà questo il punto essenziale di cui si discuterà, ma potrebbe essere proprio questa la chiave di un futuro diverso per l’Africa e l’Europa. Perché quella “spirituale” è una preziosa risorsa, più preziosa dei minerali e del petrolio.
Fonte: Lorenzo BERTOCCHI | IlTimone.org