“Il fatto che l’umanità stia scoprendo sempre nuova tecnologia non è per forza segno di progresso; il vero progresso è quello che fa progredire l’umano”
“I giovani hanno bisogno di adulti e gli adulti hanno bisogno di giovani”. Sono le parole di Don Alberto Ravagnani, il sacerdote/influencer, classe 1993, brianzolo, che racconta Dio attraverso i social. Lui crede ancora nel rapporto tra generazioni e tifa per i giovani che in questo periodo, attraverso Smartphone, Pc e Tablet vengono esposti ed introdotti senza controllo ad una svariata quantità di contenuti in cui rischiano di perdersi e di non trovare riferimenti. Non sono strumenti neutrali ma entrano nella nostra vita e la cambiano. Nell’era digitale rimanere in contatto con amici o conoscenti suoi social è molto facile, ma le relazioni sono solo superficiali. Il virtuale è una grande opportunità, però non basta. I giovani hanno bisogno di un linguaggio a loro misura, di contesti familiari e reali che li comprendano. Di relazioni vere.
Papa Francesco ha rilanciato l’idea di una Chiesa come un ospedale da campo. Don Alberto cosa l’ha spinta a scendere nel mondo dei social?
Quello che mi ha spinto a scendere nel mondo dei social è stato il Covid. L’oratorio è rimasto chiuso e ho dovuto inventarmi un’altra modalità per rimanere vicino ai miei ragazzi. I giovani, che normalmente avrebbero partecipato alle attività in presenza, stavano a casa e attraverso i video sono riuscito a raggiungerli. Una volta che ho visto che questa strada, l’evangelizzazione con i social, portava frutto, ho deciso di percorrerla senza voler raggiungere solo i miei ragazzi, ma preoccupandomi di raggiungere tutti i giovani. E questo mi ha permesso di andare molto lontano
.…cosa ha trovato in loro?
Ho trovato quello che c’è nelle persone di sempre, che però forse nei giovani di oggi sembra essere meno evidente. C’è un desiderio di dare un senso alla vita, di essere felici, di poter sentirsi parte di qualcosa di grande. Tutte domande che fanno parte del cuore dell’uomo e che sicuramente fanno parte dei ragazzi di oggi. Magari hanno meno occasioni rispetto al passato per porsi queste domande o meno strumenti, oppure hanno più distrazioni o più risposte parziali. Il contesto di oggi è sicuramente diverso e tante volte non aiuta i giovani, in particolare a entrare in contatto con la loro parte più profonda.
Le nostre Chiese sono vuote. In che modo pensa di invogliare i nostri giovani a rifrequentarle?
La mia chiesa è piena di giovani! Nel momento in cui trovano una proposta credibile, un contesto giovane, dove ci sono altri loro coetanei, allora volentieri si affacciano in quel contesto. Il problema è che i ragazzi, entrando nelle chiese, vedendole magari vuote, non gli viene la voglia di starci dentro, anche se hanno delle domande. Quando anche desiderassero avere un’esperienza religiosa, partecipano a delle liturgie in cui non trovano una consonanza interiore, il linguaggio, i modi, le sonorità…allora si fanno da parte. Credo che ci sia bisogno di riuscire a coinvolgere i ragazzi e fare in modo che, al di là della loro appartenenza territoriale, possano vivere insieme delle esperienze nella quali possano ritrovarsi.
Da cosa partire?
I social network possono aiutarci a riuscire a dire le cose di sempre in un altro linguaggio, più corrispondente a loro in modo che possano interessarsi. Io ho fatto così, ho detto le stesse cose in un linguaggio diverso e queste hanno attirato altri giovani; i giovani, a loro volta, hanno attirato altri giovani e un po’ alla volta si è creata una rete di relazioni in cui i giovani sono realmente protagonisti. Questa esperienza di Chiesa, che si configura come una community, ha preso il nome di Fraternità.
(Cortesia – donalberto_rava)
Don Alberto Ravagnani: il prete che parla di Dio nei social
Lei ha definito la pornografia una piaga. Quali sono i rischi per i nostri figli di un uso così massiccio?
La pornografia rischia di mettere a repentaglio l’amore, perché consuma il desiderio. La questione più importante della vita è l’amore; la pornografia insegna ad amare in maniera sbagliata, o meglio prende in ostaggio il tuo immaginario dell’amore, della relazione e lo perverte. Questo crea problemi a livello relazionale, di identità e di grammatica amorosa. Quando stai davanti a una persona con tutte le migliori intenzioni, c’è una parte di te, fatta di inconscio e immaginazione, che è già segnata dalla pornografia e che ha visto cose che in realtà tu non vorresti vedere. Questo rende incapaci di amare veramente. La sessualità oggi è già ferita in partenza, per cui bisogna riconoscere le ferite e curarle. La prima cosa da fare è aiutare i ragazzi a sentirsi voluti bene nel profondo.
Don Alberto Le hanno chiesto mai aiuto?
A volte mi chiedono aiuto, ma la pornografia è una piaga perché crea una dipendenza che difficilmente è curabile, perché ce ne si vergogna, quindi difficilmente viene individuata, riconosciuta e affrontata. Tantissime persone sono dipendenti, ma forse non se ne rendono conto, tantomeno hanno la forza di poter chiedere aiuto. Oggi è considerato normale accedere a contenuti pornografici, perché ormai il porno é stato sdoganato e disseminato in molti modi nei vari mezzi di comunicazione. La pornografia è diffusa dappertutto; nelle canzoni, nelle pubblicità, nei film, c’è una sessualizzazione diffusa presente in ogni tipo di comunicazione. Ormai si può fare tutto, per cui anche le cose molto sbagliate in realtà oggi passano come normali. Tanti ragazzi desiderano l’esperienza della pornografia, quasi fosse qualcosa da grandi, qualcosa che gli possa insegnare qualcosa di importante rispetto all’amore e alle relazioni.
I nostri ragazzi a volte pensano che l’Amore tra donna e uomo sia basato solo sul sesso, come in un film porno. Questa idea quanto può incidere sul vissuto dei nostri giovani?
Tantissimo, a partire da quando sono molto piccoli. Perché se imparano a recepire la sessualità come un’esperienza ludica, di divertimento senza impegno, allora si troveranno a vivere situazioni di vita sessuale con tanta incoscienza e con pochi strumenti, e facendo questo si feriscono fin da piccoli. Raccolgo le confessioni di tanti ragazzi feriti dalla sessualità vissuta troppo precocemente, in maniera troppo compulsiva, per cui poi le persone si lasciano, vengono deluse, vengono ferite, hanno paura di relazioni che li impegnano a livello di responsabilità, hanno paura che li possano finire, diventano dipendenti della pornografia. I maschi diventano possessivi e le ragazze pensano che solo facendo godere il proprio ragazzo possano essere amate. Tutti i problemi di questo tipo in maniera diffusa creano un vissuto relazionale giovanile estremamente fragile.
È il digitale che toglie spazio a noi genitori nei rapporti con i nostri figli o siamo noi che non sappiamo più educare?
Entrambe le cose! Forse oggi i genitori si trovano spiazzati di fronte ai cambiamenti portati dal mondo digitale. I ragazzi hanno chat GPT, l’intelligenza artificiale, Alexa e possono chiedere qualsiasi cosa a Google. Ma questo non può sopperire all’educazione da parte dei genitori, i quali invece devono dare ai figli le chiavi di lettura sulla realtà, il desiderio di bellezza, i valori e una serie di altre cose che nessuna Intelligenza Artificiale può comunicare. La genitorialità è interpellata molto da questa epoca postmoderna segnata dal digitale. Chi non è nato in questo mondo digitale deve fare la fatica di convertirsi mentalmente – e questo non è scontato. Per il bene di questi figli è importante che anche noi adulti ci mettiamo in gioco e ci chiediamo seriamente quale sia il nostro contributo. I figli hanno sempre bisogno dei genitori, di padri e madri, che possano trasmettere prospettive di senso che siano pienamente umane. In un contesto che rischia di disumanizzare l’umano, è compito nostro essere un baluardo di umanità che permetta ai ragazzi di capire quale sia la strada giusta da percorrere per essere felici.
Lei riesce a comunicare con molte persone. Di cosa hanno bisogno oggi i giovani? E gli adulti?
I giovani hanno bisogno di adulti e gli adulti hanno bisogno di giovani. Io credo che sia importante oggi ricomporre il divario generazionale. È importante che da parte di entrambi ci sia disponibilità ad accorciare le distanze e a fare in modo di imparare dall’altro. I giovani devono sforzarsi di ascoltare il punto di vista di chi è adulto e di chi magari non ha né i loro linguaggi né i loro tempi. Gli adulti, invece, devono smettere di parlare male dei ragazzi, di pensare che non siano buoni a fare le cose; devono comprendere che forse in loro stanno nascendo quei germogli di vita nuova che possano aiutare l’umanità a progredire. Ai giovani occorrono dei contesti reali e famigliari. Il virtuale è una grande opportunità, però non basta. Agli adulti occorre dare dei contesti in cui possano comprendere bene quello che sta accadendo nel mondo dei più giovani, senza sospettare chi sia da buttare
La digitalizzazione sta dando origine a una nuova forma sociale di religione. C’è il rischio o l’illusione di sentirci onnipotenti?
Sicuramente sì, adesso chat GPT, e Internet stanno sopperendo il nostro bisogno di dare un senso alla vita. Le grandi domande della vita di fronte all’esistenza, al mistero del male, alla morte, cercano oggi sempre più risposte di stampo positivistico e razionale. C’è bisogno di sapere, di quantificare, di soppesare, di precisare. L’umano non è solamente ciò che può essere quantificato, l’umano è anche anima, spirito, pensiero, desiderio. In un certo senso questa parte si sta perdendo, illudendoci di avere il controllo di tutta la nostra esistenza. Il fatto che l’umanità stia scoprendo sempre nuova tecnologia non è per forza segno di progresso; il vero progresso è quello che fa progredire l’umano. Ma se tutto questo progresso ci abbruttisce e ci fa perdere ciò che propriamente ci rende umani, forse vero progresso non è.
Viviamo in un’epoca fluida, senza punti di riferimento. I ragazzi coltivano la speranza per il futuro?
Assolutamente sì! I ragazzi sono un po’ disorientati, il futuro è angosciante, sicuramente non lo vedono come qualcosa di luminoso. Io credo che la speranza, oggi, i ragazzi la possano riattivare nel momento in cui guardano dentro di loro e riescono a rinvenire la bellezza di essere umani. Quando si rendono conto che è bello stare nel mondo, che è bello avere un amico, è bello essere amati, è bello essere figli, è bello tirar fuori i propri talenti, allora io penso che per questa bellezza le persone possono trovare la forza di combattere nonostante davanti a loro vedano il buio e strade sbarrate.
Fonte: RaiNew.it