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La carriera alias nella scuola. Spunti per un giudizio

Un documento nato dal confronto tra insegnanti, medici, dirigenti e avvocati inquadra le controversie sui fronti giuridico, psicologico, medico ed educativo della procedura amministrativa che permette di registrarsi con il sesso percepito in classe

Pubblichiamo il testo integrale di un documento promosso da Domenico Fabio Tallarico, docente di religione a Cesena, nato dal confronto con altri insegnanti, medici, dirigenti e avvocati. Qui si può scaricare la versione pdf del documento.

Provocati dalla realtà che quotidianamente sfida chi opera nel campo dell’educazione, alcuni insegnanti, medici, dirigenti ed avvocati si sono confrontati per aiutarsi a giudicare senza pregiudizi una tendenza particolarmente attuale come quella relativa all’istituzione della carriera alias nelle scuole.

Ne è scaturito uno strumento che non si propone solo di fornire indicazioni utili, ma intende anche costituire un’occasione di dialogo e confronto tra docenti, educatori e famiglie.

CHE COS’È LA CARRIERA ALIAS?

La carriera alias è una procedura amministrativa temporanea che prevede la possibilità di registrarsi in una scuola con il nome e il sesso che corrispondono all’identità di genere percepita, anche se questi sono diversi da quelli depositati all’anagrafe.

Si tratta di una modifica la cui efficacia resta circoscritta alle pratiche burocratiche della scuola in cui è stata deliberata.

Prima di prendere qualsiasi decisione all’interno delle scuole, è comunque opportuno (e salutare) riflettere e prevedere tutte le possibili implicazioni.

ASPETTO GIURIDICO

I documenti prodotti a scuola sono atti pubblici ufficiali. Per questo i docenti vengono invitati a mantenere i registri in ordine, ad apporre le firme in corrispondenza delle ore svolte, a segnare assenti e presenti, ritardi e uscite, argomenti svolti, compiti, verifiche, interrogazioni e note disciplinari, ad inviare comunicazioni alle famiglie, a compilare pdp e pei, a riportare valutazioni e tanto altro. Il docente è un pubblico ufficiale nel momento in cui redige documenti scolastici.

La prerogativa di tali atti ufficiali è quella di attestare un dato di realtà. Tutto quello che accade a scuola, infatti, deve essere segnato sul registro secondo un criterio di oggettività. Dopo un’interrogazione non si può comunicare ad un alunno che gli è stato assegnato un voto positivo (ad es. un 7) e riportare nel registro un voto negativo (ad es. un 5). Occorre garantire una profonda corrispondenza tra realtà e documenti ufficiali, tanto che la negligenza sul piano formale è sempre quella che produce ricorsi e sentenze a svantaggio della scuola.

Con il regolamento che introduce la carriera alias verrebbe meno la corrispondenza tra documento ufficiale e dato di realtà, in quanto sul registro comparirebbe un nome (con voti e comunicazioni) che sarebbe diverso dal dato presente nei documenti d’identità.

Il ragazzo quindi disporrebbe di un documento d’identità (che riporta il nome assegnato alla nascita e l’indicazione del sesso ufficiale) da mostrare alla polizia o a tutti agli altri uffici pubblici, da utilizzare per aprire un conto corrente, per fare le vaccinazioni all’AUSL, per il rilascio di certificati sportivi, per accedere alla discoteca, per poter acquistare alcool o sigarette se maggiorenne, per comprare oggetti su internet o su altri siti online, per i diritti sulla privacy, per comprare biglietti per i concerti e per tantissimi altri servizi.

L’unico contesto in cui si verrebbe a creare un’incongruenza tra nome e sesso riportati sugli atti ufficiali e dati presenti sulla carta d’identità sarebbe quello scolastico.

Anche in ambito associativo, ad esempio sportivo, permarrebbe la formale corrispondenza tra nome e sesso riportati all’atto di iscrizione e nome e sesso che compaiono sui documenti d’identità, anche se nel gruppo, tra pari, potrebbe comunque essere garantita al ragazzo la possibilità di essere identificato con un altro sesso o un altro nome rispetto a quelli che compaiono nei documenti ufficiali.

La discrepanza tra documenti della scuola e documenti d’identità potrebbe far emergere altre criticità. Un docente per vari motivi (personali, morali e giuridici) in qualità di pubblico ufficiale potrebbe decidere di non ottemperare alle delibere della scuola in materia oppure, in caso di disaccordo, alcuni docenti potrebbero comminare sanzioni disciplinari all’alunno o ricorrere alla giustizia nei confronti del dirigente e della scuola.

Si aprirebbe pertanto la strada a una serie di controversie che rischierebbero di mettere in difficoltà il docente, il ragazzo e la famiglia. Alcune domande ed esempi:
– perché le forze dell’ordine nello svolgimento delle loro mansioni richiedono che venga esibito un documento d’identità con nome, cognome e sesso, mentre un docente dovrebbe utilizzare documenti difformi da esso per poter insegnare al ragazzo?
– Cosa accadrebbe ad un docente che come pubblico ufficiale si rifiutasse di chiamare con un nome diverso da quello dei documenti d’identità l’alunno presente in aula?
– In caso di ricorsi per bocciatura o altre azioni scolastiche nei confronti di un alunno con carriera alias, non essendoci corrispondenza tra nome, sesso e registri scolastici che cosa potrebbe accadere?

Le norme

La legge n. 164 del 14 aprile 1982 è la legge che in Italia ha introdotto la possibilità di cambiare sesso.

L’art. 31 del D. Lgs. n. 150/2011 ha introdotto novità per la rettificazione di attribuzione di sesso.

La legge in Italia prevede due possibilità (fonte www.infotrans.it):

● se la persona vuole operarsi in Italia potrà richiedere al Tribunale con un’unica domanda l’autorizzazione all’intervento chirurgico e la contestuale autorizzazione al mutamento del genere anagrafico e del nome.

● se la persona non intende o non può operarsi, potrà richiedere al Tribunale l’autorizzazione al cambiamento del nome e del genere anagrafico.

La seconda opzione è divenuta possibile a seguito di due importanti sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale che hanno stabilito che per la riassegnazione del nome e del genere anagrafico non è necessario o obbligatorio l’intervento chirurgico di riattribuzione di sesso. Questo perché la legge 164 dice espressamente che il Giudice dispone l’autorizzazione all’intervento chirurgico “quando” e “solo se” è necessario. Ciò significa che, se la persona ha raggiunto il proprio benessere psico-fisico e dimostra la propria immedesimazione nel genere percepito e vissuto come “irreversibile”, non è obbligatorio che effettui tutti gli interventi chirurgici e può ottenere il cambio del nome e del genere anagrafico anche se non si è operata o decide di non operarsi.

La carriera alias violerebbe queste norme superando con un provvedimento amministrativo interno quello che è previsto da leggi e decreti.

La carriera alias violerebbe inoltre l’art. 97 Costituzione, secondo cui i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, e le leggi ordinarie in materia (artt. 5 e 6 del Codice Civile), secondo cui il registro di classe deve riportare i dati anagrafici degli alunni, e secondo cui ogni persona ha diritto al nome che per legge le è attribuito, e non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche se non nei casi e con le formalità indicati dalla legge.

Nei fatti l’introduzione della carriera alias potrebbe esporre le scuole, i docenti e le persone che ne fanno richiesta a rischi, contenziosi e conseguenze che spesso non vengono valutate in fase di approvazione.

ASPETTO PSICOLOGICO E MEDICO

Da un punto di vista medico e psicologico è di grande rilevanza ed interesse la letteratura che aiuta ad inquadrare la situazione reale degli adolescenti con disforia di genere. Poiché stanno aumentando in modo significativo le posizioni critiche nei confronti delle decisioni che coinvolgono interventi chirurgici e terapie ormonali nei giovani, è importante considerare molto attentamente le implicazioni delle scelte irreversibili nel trattamento della disforia di genere.

Nel corso degli anni, c’è stata un’evoluzione nelle definizioni; si è infatti passati dal considerare il disturbo dell’identità di genere come una malattia psichiatrica (DSM-4), al concetto più recente di disforia di genere (DSM-5 del 2013) e infine l’ICD-11 del 2019 ha ufficialmente de-patologizzato la disforia di genere, collocandola nella sezione “Condizioni relative alla salute sessuale” e introducendo il concetto di “incongruenza di genere”.

Il cuore della questione diagnostica ruota attorno all’intensità e alla persistenza del disagio. Alcuni studi e autorità sanitarie mettono in dubbio la necessità di trattamenti irreversibili, evidenziando la transitorietà della disforia di genere, specialmente tra i giovani.

● Autorità e studi indicano che molti giovani con disforia di genere superano spontaneamente il disagio nell’adolescenza.
● Diverse organizzazioni, come l’American Academy of Child & Adolescent Psychiatry, evidenziano che la persistenza della disforia è inferiore al 15 per cento. “Negli studi di follow-up su ragazzi in età prepuberale con discordanza di genere, compresi molti non sottoposti a trattamento di salute mentale, i desideri di cambiare sesso di solito si affievoliscono con il tempo e non persistono nell’età adulta, con solo il 2,2 [1] – 11,9 [2] che continua a sperimentare la discordanza di genere[1]”.
● Alcune organizzazioni, come l’American College of Pediatricians, mettono in dubbio l’approccio affermativo (attraverso l’uso di terapie ormonali e interventi chirurgici) poichè sottolineano la fluidità dell’identità di genere nei giovani. “Come notato in precedenza, dall’80 al 95 per cento dei bambini in età prepuberale affetti da GD andranno incontro a una risoluzione nella tarda adolescenza se non esposti all’affermazione sociale e all’intervento medico [2]”.
● Autorità sanitarie in Finlandia, Inghilterra, Francia, e Norvegia hanno sottolineato la transitorietà della disforia e messo in guardia rispetto alle scelte irreversibili. Ad esempio: “le prove di efficacia, in particolare le conoscenze basate sulla ricerca per il trattamento affermativo di genere (ormonale e chirurgico), sono insufficienti e gli effetti a lungo termine sono poco conosciuti. Ciò è particolarmente vero per la popolazione adolescente, per la quale non si conosce nemmeno la stabilità dell’incongruenza di genere [3]”.
● La Dr.ssa de Vries, coautrice del “protocollo olandese” (protocollo rilevante a livello internazionale e che ha influenzato gli approcci terapeutici in altri paesi), afferma che la disforia di genere è spesso transitoria e può essere correlata ad altri problemi psicologici. “L’obiettivo principale è che il bambino e, se necessario, la famiglia funzionino meglio. Se questi problemi hanno contribuito a provocare o a consolidare una qualche disforia di genere, la disforia probabilmente scomparirà affrontando questi altri problemi [4]”.

L’adolescenza è per definizione un’età di sviluppo in cui avvengono importanti cambiamenti a livello fisico e psicologico. È un momento di transizione della vita molto delicato che segna il passaggio dalla fanciullezza all’età adulta e che porta con sé numerose trasformazioni e sperimentazioni.

All’interno del gruppo dei pari e con la frequentazione di nuovi ambienti, l’adolescente si confronta con i coetanei, mettendosi alla prova in contesti diversi e stimolanti.

I cambiamenti rendono l’adolescenza un periodo di grande vulnerabilità e paura.

È importante rimanere vicino agli adolescenti e agli alunni senza sottovalutare eventuali manifestazioni di disagio emotivo, relazionale o scolastico, ma è anche richiesta massima prudenza nei confronti di richieste fatte dall’adolescente e dalla famiglia, soprattutto in ambito sessuale e psicologico. Sostenere l’adolescente non significa assecondare le sue richieste ma accompagnarlo nella sua crescita personale in un dialogo e confronto continui.

Camille Paglia, sociologa e saggista statunitense, di orientamento femminista e ateo, docente alla University of the Arts di Filadelfia dal 1984, lesbica dichiarata e paladina del Sessantotto, nell’articolo “Gay ideology in public school” sintetizza alcune perplessità riguardo a certe posizioni ideologiche all’interno della scuola pubblica statunitense che potrebbero essere valide anche per la scuola italiana:

«L’orientamento sessuale è fluido e ambiguo, e l’omosessualità ha cause multiple. Esso certamente non è innato […] L’intrusione di attivisti militanti gay nelle scuole primarie fa più male che bene incoraggiando gli adolescenti a definirsi prematuramente come gay, quando in realtà molti sono dilaniati da instabilità, insicurezza e dubbio. Discutibili e esagerate statistiche sui suicidi dei teenagers sono gravemente abusate. In molti casi, i tentati suicidi sono probabilmente dovuti non alla persecuzione omofoba ma a relazioni familiari problematiche, che potrebbero essere la sorgente di disadattamento sociale e impulsi omosessuali. I professori dovrebbero smettere di porsi come terapisti e benefattori e dovrebbero tornare a introdurre alla vasta distesa di arte, letteratura, storia e scienze. […] L’orientamento sessuale è fluido e gli studenti, hanno un disperato bisogno di arricchimento culturale e sviluppo intellettuale».

C. PAGLIA, Gay ideology in public schools, in ID., Provocations, Pantheon Books, New York 2018, 451-453: 453.

Per tutte queste motivazioni è necessario usare la massima prudenza prima di attuare all’interno di un istituto procedure amministrative o progetti che possano alimentare la confusione riguardo all’identità di genere. Istituendo la carriera alias, inoltre, il personale scolastico si attribuirebbe il ruolo del terapista, ruolo che non spetta né a docenti né a pubblici uffici che hanno altri incarichi.

ASPETTO EDUCATIVO

L’educazione è innanzitutto introduzione alla conoscenza della realtà che ci circonda in tutte le sue dimensioni; non può esserci educazione se il docente e la scuola non hanno una certezza educativa da comunicare ai propri alunni.

I fatti storici, le formule chimiche, il diritto costituzionale, la matematica e la biologia partono tutti da dati di realtà che la scuola propone agli studenti come conoscenze sicure affinché essi possano crescere.

La scuola pone questi dati di realtà come certi perché soltanto all’interno di una certezza educativa è possibile educare. Introdurre la carriera alias vuol dire introdurre un metodo educativo diverso all’interno della scuola.

Con la carriera alias, infatti, la realtà non viene più comunicata per come è ma per come viene percepita.

Se il sesso biologico e il nome deciso dai genitori alla nascita non sono più un dato di realtà, perché lo dovrebbero essere la storia, la chimica, la matematica?

Perché se il proprio sesso biologico può essere messo in discussione, non può essere messo in discussione un voto insufficiente se la percezione dell’alunno è che la sua prova sia positiva o addirittura brillante?

Introdurre la carriera alias rischierebbe infine di minare definitivamente il già difficile rapporto educativo tra docenti e studenti; un docente che ad esempio non accettasse per motivi morali o di coscienza la carriera alias potrebbe essere accusato di omofobia e ciò finirebbe per compromettere irrimediabilmente la relazione con i suoi alunni.

CONCLUSIONE

L’istituzione della carriera alias nelle scuole solleva questioni complesse e controversie su diversi fronti: giuridico, psicologico, medico ed educativo. Dal punto di vista giuridico, la discrepanza tra documenti ufficiali e registri scolastici potrebbe generare conflitti legali e provvedimenti disciplinari. La violazione delle norme costituzionali e civili è certamente un aspetto critico da considerare.

Sul versante psicologico e medico, è in corso un acceso dibattito sulle decisioni irreversibili legate al cambio di genere, con alcune organizzazioni e studi che sottolineano la transitorietà della disforia di genere, specialmente tra i giovani. La prudenza nell’affrontare questioni delicate legate all’identità di genere e alla salute mentale degli studenti è fondamentale.

Da un punto di vista educativo, l’introduzione della carriera alias potrebbe mettere in discussione la certezza educativa fornita dalla scuola, rendendo problematica la trasmissione di dati di realtà oggettivi. Ciò potrebbe influire negativamente sul rapporto educativo tra docenti e studenti, introducendo un elemento di soggettività che potrebbe aumentare uno scontro tra docenti e studenti.

In conclusione, adottare il regolamento della carriera alias può essere particolarmente rischioso per le implicazioni legali relative a docenti e scuola, psicologiche per quello che riguarda gli alunni che chiedono l’attivazione della carriera alias ed educative per quello che attiene a studenti e docenti.

All’interno della scuola è necessario ristabilire un dialogo e un rispetto tra docenti e studenti per favorire la crescita della singola persona, tutto questo non può avvenire se non c’è la condivisione di partenza che possa esistere un dato di realtà oggettiva a cui introdurre gli alunni attraverso l’azione educativa. La carriera alias rischierebbe di minare alla base il rapporto educativo, il docente potrebbe sentirsi sempre meno libero davanti ad un alunno con carriera alias con il rischio di essere sempre richiamato per una parola o un atteggiamento che non corrispondesse al sesso o al nome scelto dall’alunno.

È indispensabile avvicinarsi e discutere di questo argomento senza pregiudiziali ideologiche ma col desiderio sincero di fare il bene dei ragazzi, sapendo che l’attivazione della carriera alias potrebbe essere più dannosa che utile soprattutto per i ragazzi che ne chiederebbero l’attuazione.

per info e contatti: prof. Domenico Fabio Tallarico liberalascuola@gmail.it

Fonte: Tempi.it

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