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La Quaresima, la Rivoluzione e la nuova evangelizzazione

Il tempo della lotta contro se stessi

Siamo entrati in Quaresima. 40 giorni in cui Gesù visse nel deserto, da solo, senza mangiare e combattendo contro il diavolo. Era la preparazione alla vita pubblica, all’apostolato, alla battaglia per la salvezza di ogni uomo di tutti i tempi, per riscattare con il suo sacrificio il peccato delle origini, per lasciarsi uccidere e, quindi, risorgere nella Pasqua che avrebbe sancito la vittoria definitiva sul peccato e sul male e aperto agli uomini le porte del Paradiso.

Questa è la Quaresima. Un tempo di penitenza e di deserto, di silenzio e di preghiera. Tutti sappiamo quanto costi mettere in pratica questo modo di essere cristiani nell’epoca moderna. Digiunare, stare in silenzio, uscire dal flusso continuo di informazioni e sollecitazioni cui siamo sottoposti, ci risulta veramente difficile, perché siamo figli, nostro malgrado, dell’epoca in cui viviamo. La nostra è l’epoca della Rivoluzione antropologica, dell’attacco all’uomo, ormai privo di strutture difensive, solo di fronte al male. Oltretutto è sempre più difficile spiegare al nostro prossimo non solo che esiste il male, ma che l’uomo deve combatterlo se vuole crescere e migliorare, se vuole diventare santo.

Quel processo di disgregazione della civiltà che era stata costruita in Occidente ha attaccato prima direttamente la Chiesa e con la Riforma ha spezzato in due l’Europa, provocando le guerre di religione fra cristiani, poi ha attaccato la struttura politica degli Stati con la Rivoluzione francese, portando l’odio e la sopraffazione in tutta l’Europa con gli eserciti di Napoleone, quindi ha tentato la sovversione dell’ordine sociale con il social comunismo, mettendo in discussione il diritto di proprietà. Quindi è rimasto l’uomo, da solo, in una società sempre più individualista.

Le poche persone che hanno coscienza di questo itinerario sanno che oggi devono combattere non soltanto contro i nemici esterni, che ci sono, ma soprattutto contro se stessi, come ha fatto Gesù in quei 40 giorni. Parlare di ascetica è difficile, anche se poi i medici invitano a digiunare con diete particolari per vincere la bulimia; parlare di silenzio è altrettanto difficile, anche se poi tutti percepiscono quanto il frastuono e il surmenage informativo faccia male alle persone.

Certo, non dobbiamo mai dimenticare che non sono le nostre penitenze o l’ascesi a costruire il Regno di Dio, ma la Grazia gratuita di Cristo. Gesù non aveva bisogno di questa prova, ma ha voluto attraversarla per indicarci la strada.

Combattere contro se stessi è molto difficile, ma è la condizione di una nuova evangelizzazione del mondo occidentale, “sazio e disperato”, come diceva il card. Biffi, in preda alle convulsioni di un’epoca senza una meta, che odia se stessa, che non conosce la via. Ma il nostro Dio non ama la morte, non vuole il suicidio della sua Chiesa, continua a offrire la sua Grazia. Spetta a ciascun uomo rispondere, con generosità, digiunando e facendo penitenza, ma soprattutto mettendosi a disposizione per l’opera di Dio, rinunciando a credere di essere il centro del mondo, guardando in alto, oltre il proprio interesse.

I grandi santi hanno fatto così, e sono riusciti a portare il mondo fuori dalla sua crisi, edificandone uno migliore. Pensate ai martiri dei primi secoli, alla tragedia della crisi dell’impero romano e a coloro che in mezzo alle rovine e alla barbarie hanno saputo costruire un’epoca umana e cristiana. Dio non voglia che debba scorrere tanto sangue come allora perché nascano nuovi cristiani, né che sia necessaria tanta perseveranza per costruire la Cristianità, come è avvenuto con la prima evangelizzazione, anche perché non so quanto noi uomini contemporanei siamo disposti a versare sangue e a perseverare. Tuttavia, l’alternativa alla conversione dei popoli è la guerra, la diffusione dell’odio, che non siamo riusciti a sconfiggere con l’amore. Da due anni l’odio sta costringendo il popolo ucraino a una resistenza incredibile contro l’aggressione dell’esercito della Federazione russa. Se la Russia non si convertirà, toccherà anche a noi, prima o poi.

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