Il numero dei ragazzi detenuti negli istituti penali minorili in Italia sta aumentando, in controtendenza con una decrescita costante negli anni. All’inizio del 2024 sono circa 500 i detenuti nelle carceri per minori, di cui 13 ragazze e 254 stranieri, una cifra che non si raggiungeva da dieci anni, eppure il numero dei reati è lo stesso del 2015. I nuovi ingressi sono stati 1.143 nel 2023 contro gli 835 del 2021. I ragazzi in misura cautelare erano 340 nel gennaio scorso contro i 243 dell’anno precedente.
I dati emergono dal rapporto dell’Associazione Antigone sugli istituti penali minorili, presentato il 20 febbraio, a Roma, secondo cui l’impennata di nuovi ingressi «è segno evidente degli effetti del cosiddetto decreto Caivano». Approvato nel settembre scorso sul presupposto dell’urgenza dopo fatti violenti accaduti in Campania, il decreto mira a reprimere il fenomeno delle baby gang e l’abbandono scolastico, introducendo un inasprimento delle sanzioni nei casi di spaccio e l’arresto in flagranza. «Misure — dichiara il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, a «L’Osservatore Romano» — che stanno avendo e continueranno ad avere effetti distruttivi sul sistema della giustizia minorile, sia in termini di aumento del ricorso alla detenzione che di qualità dei percorsi di recupero per il giovane autore di delitto». «Si rischia — aggiunge Gonnella — di mettere in discussione una bella storia italiana di deistituzionalizzazione dei ragazzi e delle ragazze. Un sistema, quello della giustizia minorile, considerato un modello a livello europeo».
Un’allerta era già arrivata, nel settembre scorso, dai magistrati per i minorenni che, in audizione al Senato, avevano stigmatizzato le nuove regole del decreto Caivano «le quali — sottolineavano — rischiano di produrre irreversibili crepe in un sistema come quello della giustizia minorile italiana che ha prodotto una recidiva minima e che tutta l’Europa ci invidia». Il decreto, aggiungevano, «attribuisce al sistema penale minorile il compito di risolvere antiche e gravi omissioni specialmente in particolari aree geografiche del nostro Paese, ove la criminalità organizzata da sempre spadroneggia e dove lo Stato, inteso come scuole adeguate, servizi dotati di risorse di persone e di mezzi, garanzie di idonea sicurezza dei cittadini, è assente».
I magistrati sottolineavano infine come sia importante analizzare il disagio minorile, alla base degli atti violenti che il decreto punisce, presente ovunque, e che nasce dalla «sempre minore presenza di modelli adulti autorevoli, da una dilagante cultura dell’individualismo e del successo legato all’apparire e al possedere, dall’assenza di futuro percepita dai ragazzi e dalla conseguente loro rabbia che si manifesta in agiti aggressivi etero diretti, ma anche molto di frequente in agiti violenti contro sé stessi».
A distanza di pochi mesi dall’approvazione del decreto, i numeri del rapporto di Antigone sembrano confermare i timori dei magistrati e testimoniare le crepe aperte nel sistema della giustizia minorile. Per la violazione della legge sugli stupefacenti in un solo anno le presenze negli istituti minorili sono aumentate del 37,4 per cento, causando in molti casi problemi di sovraffollamento. Il numero delle segnalazioni all’autorità giudiziaria penale dei minori è pari a una denuncia ogni cento bambini e ragazzi (32.522 segnalazioni su circa 3 milioni di ragazzi tra i 14 e i 18 anni) e se il numero delle denunce è costante nel tempo, cambia la geografia del fenomeno.
Oggi sono Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta le regioni con il maggior numero di segnalazioni, mentre restano contenuti i numeri nel centro e sud Italia. Infine, le nuove norme hanno introdotto la possibilità di trasferire i ragazzi, al compimento dei 18 anni, nelle carceri per adulti, «un danno enorme per il ragazzo e per la sicurezza del Paese — conclude Gonnella —, perchè interrompe il percorso educativo e aumenta la recidi.
Fonti: Anna Lisa Antonucci | OsservatoreRomano.Va