L’agricoltura sta emergendo come un elemento cruciale nella competizione tra blocchi e potenze globali, recuperando quella centralità nell’agenda politica internazionale che aveva perso dai tempi del Piano Marshall ed imponendosi come asset strategico nella definizione degli equilibri geopolitici del futuro prossimo. Alla radice di tale costatazione si pone un contesto caratterizzato da dinamiche complesse e interconnesse che influenzano profondamente la politica, l’economia e la sicurezza globale. Alcuni eventi recenti di natura congiunturale stanno contribuendo ad accelerare in modo repentino la salienza strategica del comparto agro-industriale, moltiplicando l’effetto di trend strutturali già in moto da tempo.
Lungo periodo: rischio collisione tra demografia e clima
Il dato di partenza ineludibile è quello legato alla crescita demografica, che comporta la necessità di aumentare la produzione globale di cibo del 50% per far fronte alla domanda esponenziale di 10 miliardi di esseri umani nel 2050. Tale incremento demografico pone una pressione senza precedenti sulle risorse agricole e sulle capacità di produzione alimentare degli Stati, in particolare quelli dei continenti africano e asiatico, che uniscono ad una popolazione giovane ed in rapido aumento una relativa stagnazione dell’output produttivo agricolo. La sfida demografica s’intreccia infatti con il tema della sicurezza alimentare non solo rispetto ai volumi di cibo prodotti, ma anche alla loro distribuzione e accessibilità. A fronte di una produzione alimentare crescente a livello globale, sono in aumento le centinaia di milioni di vittime di fame e malnutrizione a causa delle peculiarità geografiche locali, della mancanza logistica di infrastrutture in alcune aree, e di modelli di sviluppo scarsamente orientati alla resilienza del tessuto agricolo locale.
L’intensificazione della frequenza e della violenza di eventi climatici estremi rappresenta un ulteriore fattore di stress per l’agricoltura globale, con 12 milioni di ettari di terra arabile persi ogni anno a causa di siccità, inondazioni e ondate di calore che destabilizzano intere regioni. Le conseguenze del cambiamento climatico si presentano sotto le forme più disparate di instabilità politica ed economica ai quattro angoli del globo, dalle manifestazioni anti-governative in India causate dalle violenti inondazioni nel nord del Paese, alle proteste degli agricoltori spagnoli a Bruxelles che invocano più aiuti contro la siccità nelle regioni del centro, fino agli aumenti del prezzo delle uova di Pasqua in Italia, dovuti in parte agli effetti dell’uragano El Niño in Ghana e Costa d’Avorio (che insieme contano per il 60% della produzione mondiale di cacao) e alla conseguente, drastica, riduzione del volume di cacao prodotto.
“Guerra Fredda” alimentare: “weaponization” delle risorse e protezionismi
L’invasione russa dell’Ucraina ha causato il più grande aumento dell’insicurezza alimentare globale legata a questioni militari dall’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Le proiezioni di esportazione per il 2024 dell’Ucraina, che fino al 2021 era tra i principali esportatori di grano, mais e frumento al mondo, prevedono una riduzione del 15% dei livelli pre-guerra, nonostante gli sforzi dell’Unione Europea volti a facilitare il commercio attraverso le cosiddette Solidarity Lanes. Anche se il nuovo “corridoio ucraino” che permette l’esportazione di merci tramite il Mar Nero ha contribuito a mantenere, e persino aumentare, le sue esportazioni agricole marittime, il recente conflitto in corso nel Mar Rosso ha introdotto nuove minacce. Se le ostilità nel Mar Rosso persistono, quasi il 27% delle esportazioni di grano marittimo dell’Ucraina potrebbe essere influenzato. Le possibili interruzioni delle spedizioni aumentano il costo delle assicurazioni per ridurre il rischio per gli esportatori, riducendo di conseguenza il prezzo pagato ai produttori ucraini e aumentando il prezzo pagato dai consumatori, compresi quelli nei Paesi più fragili dal punto di vista della sicurezza alimentare.
Sebbene a causa dell’invasione russa dell’Ucraina i prezzi alimentari globali avessero raggiunto un livello record nel marzo 2022, a gennaio 2024 la FAO ha annunciato che i prezzi alimentari globali sono ridiscesi al livello più basso degli ultimi tre anni. Tuttavia, la diminuzione dei prezzi alimentari globali maschera la crisi globale della sicurezza alimentare attualmente in corso, che la Russia continua a manipolare attraverso le proprie esportazioni agricole. Mentre i prezzi alimentari globali misurati in dollari statunitensi stanno diminuendo, i prezzi alimentari locali misurati nelle valute nazionali stanno aumentando in molti Paesi. A settembre e ottobre 2023, ad esempio, più di un terzo dei Paesi a basso reddito (LICs) e a basso e medio reddito (LMICs) ha subito un aumento dell’inflazione dei prezzi alimentari tra il 15 e il 30 per cento. Questi Paesi dispongono di meno spazio fiscale per sostenere la sicurezza alimentare della popolazione, avendo esaurito i loro bilanci nazionali durante la pandemia di Covid-19, e sono meno in grado di sostenere il costo delle importazioni, data la relativa forza del dollaro statunitense. In questi Paesi, l’insicurezza alimentare persiste, e i nuclei familiari a reddito più basso sono spesso i più colpiti. L’insicurezza alimentare nei LICs e nei LMICs è una vulnerabilità che la Russia continua a manipolare attraverso le proprie esportazioni agricole – cresciute del 30 per cento in tutta l’Africa sub-sahariana rispetto nel 2023-24 rispetto al 2020-21, dato che conferma come le esportazioni agro-alimentari siano la sua principale forma di soft power nei confronti del Sud Globale.
La riduzione delle esportazioni agricole dell’Ucraina apre spazi commerciali disponibili che anche altri esportatori potrebbero sfruttare per mantenere i livelli adeguati di forniture sui mercati globali. Tuttavia, dati i continui rischi per i mercati agricoli globali – quali gli impatti dei cambiamenti climatici sulla produttività agricola e le interruzioni al commercio globale, incluso nel Mar Rosso – l’abilità e la volontà di altri produttori di compensare il deficit dell’Ucraina si dimostrano alquanto incerte. Inoltre, sebbene agenzie delle Nazioni Unite quali la Food and Agriculture Organization (FAO) e il World Food Program (WFP) non manchino di sottolineare come la cooperazione internazionale sia un’arma essenziale nella lotta alla fame e malnutrizione, la crescente competizione geopolitica sta producendo una maggior cautela nell’aprire i mercati agricoli interni da parte dei maggiori produttori di cibo ed un maggiore protezionismo volto a garantire la sicurezza alimentare nazionale. Ciò si traduce in politiche commerciali più restrittive e barriere tariffarie più alte, come dimostrato dal fallimentare esito delle negoziazioni tenutesi a febbraio in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio (MC13). Il summit si prefiggeva tra gli altri l’obiettivo di trovare una soluzione permanente alla questione degli stock pubblici per la sicurezza alimentare (PSH) – strumenti pubblici comunemente utilizzati per limitare la volatilità dei prezzi e garantire la fornitura interna di alimenti. Il contrasto tra le posizioni di chi – come India e Indonesia – proponeva di aumentare l’esenzione dei PSH dagli obblighi dell’OMC e chi – come gli Stati Uniti e l’Unione Europea – avrebbero al contrario voluto una riduzione delle sovvenzioni pubbliche all’agricoltura nazionale, ha portato ad un nulla di fatto che continua a lasciare ampio spazio discrezionale ai grandi produttori globali in materia di esportazione di derrate di prima necessità.
Cina contro Stati Uniti: duello agricolo in corso
Il trend geopolitico che vede una competizione crescente tre la potenza cinese in rapida ascesa e quella americana in declino strutturale trova un riscontro nelle parabole diverse che i due Paesi stanno attraversando nell’arena della produzione agro-industriale.
La crescente attenzione di Pechino alla sicurezza alimentare sta ridefinendo il panorama agricolo cinese, ponendo le basi per una nuova era nell’industria sementiera del Paese. Dopo aver completato all’inizio degli anni 2020 il percorso che l’ha portata a diventare il più grande produttore mondiale di grano e riso, la Cina sta ora accelerando la commercializzazione di colture geneticamente modificate (GM) ad alto rendimento, come parte degli sforzi per migliorare l’efficienza agricola coerentemente con gli obiettivi di autosufficienza alimentare stabiliti del presidente Xi Jinping per una maggiore autosufficienza nel nutrire i suoi 1,4 miliardi di abitanti. Tale mossa rappresenta una svolta significativa, dopo decenni di dibattiti, poiché il Paese cerca di ridurre la dipendenza dai fornitori esteri per alimentare il suo vasto mercato interno investendo nella promozione dell’innovazione tecnologica e l’ottimizzazione dell’efficienza agricola. La Cina dipende pesantemente dai fornitori esteri per il cotone e la soia. Le spedizioni dei semi ricchi di olio che rappresentano oltre il 60 per cento dei suoi 160 milioni di tonnellate di importazioni alimentari dello scorso anno e gli Stati Uniti ottemperano a oltre il 30% del fabbisogno nazionale cinese. La svolta riguardo le GM riflette la crescente consapevolezza della necessità di bilanciare la sicurezza alimentare con la promozione dell’innovazione tecnologica e l’ottimizzazione dell’efficienza agricola.
Dall’altra parte del Pacifico, negli Stati Uniti, la situazione agricola sembra essere entrata in una fase di declino e sfide. I dati di marzo mostrano una diminuzione storica delle esportazioni di grano, con un calo delle vendite effettive sui livelli del 1971-72. Questa tendenza è un riflesso del deterioramento del settore agricolo, evidenziato dalla perdita di oltre 141.000 fattorie negli ultimi cinque anni, con un impatto particolarmente forte sui piccoli contadini e le fattorie gestite da cittadini afroamericani. La carenza di manodopera agricola è uno dei principali problemi affrontati dal settore agricolo americano, che affronta comefattori critici le difficoltà nel contrattualizzare i lavoratori migranti causati da politiche restrittive e l’invecchiamento della forza lavoro. Nonostante le grandi aziende che promuovono l’allevamento intensivo e le colture agro-industriali continuino a prosperare, l’indebolimento del tessuto agricolo nazionale mette in discussione la resilienza del sistema a nuovi, potenziali shock esterni.
Nel contesto della crescente competizione agro-industriale tra Stati Uniti e Cina, l’Unione Europea gioca un ruolo significativo e complesso, con politiche volte a mantenere la competitività economica e la protezione dell’ambiente, garantendo al contempo la sicurezza alimentare dei suoi consumatori e produttori. Con le elezioni del Parlamento Europeo alle porte in giugno, l’Unione Europea deve anche affrontare sfide interne, come la necessità di riformare la Politica Agricola Comune per renderla più equa ed efficace; i preparativi per l’integrazione strutturale dell’Ucraina nel proprio Mercato Unico agricolo attraverso la nuova “Ukraine facility”; e la necessità di prendere una decisione definitiva sulle nuove tecniche genomiche (NGT), i cui fautori sostengono trattarsi di una forma più sicura e potenzialmente rivoluzionaria dei GM cinesi.
L’emergere dell’agricoltura come asset strategico nel panorama geopolitico globale è innegabile. Le dinamiche complesse e interconnesse che influenzano questo settore stanno riscrivendo gli equilibri di potere tra le nazioni. Il leverage di potenze quali Cina, India e Russia sui mercati internazionali dei cereali, accentuato dalla militarizzazione delle pratiche commerciali che hanno seguito l’invasione russa dell’Ucraina, evidenzia come il contributo dei vari Paesi alla sicurezza alimentare non sia più unicamente una questione di stabilità interna, ma anche una leva di soft power fondamentale per indirizzare nuovi vassallaggi ed alleanze. L’incertezza sul futuro degli accordi commerciali e delle politiche agricole dei vari Paesi riflette una realtà in cui il protezionismo e la competizione geopolitica rischiano di ostacolare gli sforzi per garantire la sicurezza alimentare globale. In questo contesto, il successo dell’Unione Europea dipenderà non solo dalla capacità aumentare la produttività agricola attraverso la tecnologia e l’innovazione preservando la degradazione dell’ambiente, ma anche dalle sue capacità di mediazione nei consessi internazionali, al fine di promuovere la collaborazione per affrontare le sfide comuni legate alla sicurezza alimentare.
Fonte: Tommaso Emiliani | Ispionline.it