Se ci fosse una lista d’attesa, si riempirebbe all’istante, se ci fossero nuovi biglietti in prevendita, andrebbero venduti in un soffio. Non è una nuova data del concerto di Taylor Swift, la regina del pop in grado di battere i suoi stessi record, ma un pellegrinaggio cattolico annuale, giunto alla quarantaduesima edizione: 100 chilometri da percorre a piedi in tre giorni, dalla cattedrale di Notre-Dame de Paris a quella di Chartres. Le iscrizioni al «pellegrinaggio di Pentecoste organizzato da Notre-Dame de Chrétienté, previsto per il fine settimana dal 18 al 20 maggio 2024», leggiamo sul sito di Infocatolica, infatti, «sono state chiuse un mese prima del suo inizio» – soprattutto per motivi di sicurezza e con grande dispiacere – «superando il record dell’anno precedente con più di 16.000 partecipanti».
A quanto riferiscono gli organizzatori dell’evento, si prevede che il numero dei pellegrini alla fine raggiungerà i 18000, ovvero un più che significativo 12% in più dello scorso anno. È prevista infatti la partecipazione di quanti si uniranno al pellegrinaggio solo l’ultimo giorno o parteciperanno alla messa finale, celebrata secondo il rito tridentino. Non si tratta, quindi, di residue sacche di nostalgici, anzi tra chi ha trovato ristoro per la propria fede o si è riavvicinato alla Chiesa proprio per amore del rito antico molti sono giovani e giovanissimi. Giudicando il fenomeno dal punto di vista numerico e secondo la tendenza che mostra potremmo definirlo un successo. Non è così che si misura la fede, certo, ma questi numeri sono un indicatore importante che conferma, una volta di più, come ciò che attrae e conquista della fede cattolica è niente meno che la fede cattolica integrale, senza “ismi”.
Sul sito di Notre-Dame de Chrétienté è illustrato il tema di quest’anno: «Voglio vedere Dio». La riflessione che sarà guidata dalla celebrazione di messe durante il tragitto, dalla preghiera liturgica e da meditazioni e favorita dal silenzio, è orientata «ai fini ultimi», i Novissimi, che sono stati abbandonati dopo gli anni Sessanta, dalla predicazione ordinaria e sono «incontestabilmente uno dei maggiori sintomi della crisi della Fede. Si tratta dunque di tornare alla missione del Vangelo: insegnare Gesù cristo, e tutto Gesù Cristo. È la più grande delle carità. Parlare delle cose ultime è praticare una pastorale della verità». Concentrarsi sui fini ultimi, prosegue la riflessione, non significa calare il sipario sulla vita e promuovere il disimpegno, anzi.
È il fine che dà senso a tutto, che dà alla vita umana tutta la sua bellezza e importanza. «Siamo pellegrini: la nostra patria si trova nei cieli. Solo il pensiero della vita eterna dona senso alle nostre battaglie terrene». Ultra, allora, è un prefisso più che accettabile per i cattolici, perché è esattamente all’oltre che siamo orientati ed è da quell’oltre che i credenti attingono speranza e la fonte di un amore che non può estinguersi.
Fonte: Paola Belletti | IlTimone.org