Islam. Mimesis propone uno studio che ha coinvolto il Gotha dell’islamistica europea e delle discipline collegate: è il primo volume di una ampia tetralogia
Erano 1.610 volumi manoscritti miscellanei arabi yemeniti che contenevano circa 5.600 opere diverse e giunsero alla milanese Biblioteca Ambrosiana nel 1909 quando a reggerla era mons. Achille Ratti, il futuro Pio XI. Con una straordinaria operazione promozionale, che aveva coinvolto varie istituzioni milanesi, egli era riuscito ad acquistare per 30mila lire dal mercante Giuseppe Caprotti – che aveva trascorso la maggior parte della sua vita attiva nei Paesi arabi – un fondo codicologico unico, da allegare a quello, strepitoso per qualità, raccolto dal fondatore della Biblioteca, il cardinale manzoniano Federico Borromeo.
Questo vero e proprio tesoro arabo mi fece compagnia – col celebre Codice Atlantico di Leonardo e tanti altri documenti preziosi – negli anni trascorsi come Prefetto in quella Biblioteca, all’ombra del mio illustre predecessore e di una legione di studiosi che nei secoli si dedicarono alla ricerca scientifica in quella sorta di hortus deliciarum letterario, storico e artistico. Non per nulla, proprio sulla parete laterale d’ingresso alla Sala di Lettura della Biblioteca era stato inciso in arabo un hadith (un detto extracoranico) tramandato da Sufyan Ibn ‘Unyayna (725-811): «Se entri in una Sala del tesoro, vedi di non uscirne finché non ne abbia compreso il contenuto».
Gli stessi sentimenti potranno essere condivisi da chi vorrà ora inoltrarsi in un volume che ha coinvolto il Gotha dell’islamistica europea e delle discipline collegate, curato nell’edizione italiana da Silvano Facioni. Il cuore dell’opera è il libro sacro per eccellenza, il Corano, ed è significativo osservare che il migliaio e più di pagine che lo compongono è solo il primo e fondamentale tomo di una tetralogia a più largo raggio apparsa nel 2019 in Francia e votata a un inatteso successo editoriale, nonostante la sua imponenza.
Si comprenderà quanto sia arduo, se non impossibile, delinearne la trama, basata su una messe enorme di dati offerti da grandi specialisti della materia. Eppure, la lettura di queste pagine è veramente come un pellegrinaggio all’interno di un mondo di meraviglie, che servono innanzitutto a smentire tanti stereotipi sull’islam, purtroppo favoriti da fondamentalisti musulmani e da certi sedicenti cristiani altrettanto esclusivisti. Il fascino del percorso, guidato dalla mappa introduttoria dei due curatori – Mohammad Ali Amir-Moezzi, docente a Parigi e Londra e grande esperto dello shi’ismo oltre che della storia della redazione (Redaktionsgeschichte) del Corano, e Guillaume Dye dell’università di Bruxelles – permette di procedere nella lettura anche secondo un approccio enciclopedico.
Infatti, si può essere conquistati subito dalla figura di Muhammad, il Profeta, del quale vengono identificate e descritte le molteplici e differenti biografie che ne producono un ritratto spesso mobile. Oppure si può correre al corpus coranico vero e proprio, partendo dalla galassia di manoscritti che lo ha trasmesso, con un vero e proprio esercizio di lettura paleografico-filologica, puntando poi al cuore stesso del Libro sacro, «un testo disarticolato, disordinato, disorientante e oscuro». Per questo è decisivo inseguire la tradizione derivante e la relativa canonizzazione, con vari colpi di scena, con la deriva dello shi’ismo e con la necessaria (ma spesso rigettata) ermeneutica che scombina la consueta prassi letteralista dell’islam.
Affascinante è il capitolo, steso da uno dei massimi esperti in materia, Pierre Larcher, sulla lingua del Corano che è, certo, l’arabo, ma quale tipologia? Chi ha la pazienza del discepolo potrà impegnarsi in una serie di esercizi linguistici capaci di creare vertigini, mentre gli studiosi potranno trovare un paesaggio policromo da perlustrare. Certo, il profano lungo questo sentiero d’altura potrà fermarsi stremato, ma comprenderà quanto complesso sia leggere uno scritto nella sua matrice originaria.
Altri lettori saranno attirati, invece, da un fenomeno che ai nostri giorni è deviato verso orizzonti oscuri di dialettica non solo verbale ma persino criminale. Intendiamo riferirci ai crocevia storicoculturali e religiosi nei quali le tre religioni monoteistiche si sono trovate a incontrarsi e a scontrarsi. Da un lato, l’ebraismo che al Corano, ad esempio, offre molteplici narrazioni e una folla di personaggi, da Adamo a Mosè, da Noè ad Abramo e Ismaele, fino a Satana (Shaytan), ma anche precetti giuridici e collegamenti con testi giudaici apocrifi, naturalmente il tutto sottoposto a rielaborazioni. D’altro lato, a quell’incrocio si presentano anche i cristiani e non solo con la figura di Gesù e Maria, sua madre, alla quale è intitolata un’intera sura, la XIX, ma anche con una serie di contatti col variegato mondo cristiano.
È così che si ricompone un vasto affresco – contestuale alla genesi dell’islam – delle comunità religiose cristiane, da quelle poste sotto l’egida bizantina fino alle Chiese operanti nell’Iran sassanide o collocate in Etiopia. Fortemente incisivo, anche in questo caso, è il patrimonio degli scritti apocrifi cristiani, soprattutto apocalittici, che esercitarono una forte attrazione nel sorgente islam, per non parlare poi delle degenerazioni “ereticali” come il manicheismo. Un’osmosi molto ramificata che nei secoli successivi avrà esiti storici conflittuali e risultati socio-culturali positivi ben noti. Non si dimentichi, ad esempio, che la prima incursione musulmana in Sicilia è del 704 (Muhammad muore nel 632) e quella in Spagna inizia nel 711. Ma questa è un’altra vicenda.
Fonte: Gianfranco Ravasi | “Il Sole 24 Ore” del 21 aprile 2024 – FrancescoMacrìblog.com
Mohammad Ali Amir-Moezzi e Guillaume Dye (a cura di), Storia del Corano, Mimesis, pagg. 1.050, € 48