«Non posso nemmeno viaggiare liberamente sui mezzi pubblici», parla così in un’intervista Hillary Cass, autrice del poderoso rapporto che poche settimane fa ha mandato in frantumi vent’anni di “approccio affermativo” sul tema del cosiddetto cambiamento di genere. Pediatra britannica con una lunga carriera nel Nhs (il sistema sanitario inglese), la Cass per oltre 15 anni ha lavorato nel campo della disabilità con i bambini in cura al Great Ormond Street Ospital, tra il 2012 e il 2015 è ststa presidente della Royal Colege of Pediatrics and Child Health e dal 2017 al 2021 è stata presidente della British Academy of Childhood Disability. In pensione dalla pratica clinica, è stata nominata presidente della Revisione indipendente dei servizi di indentità di genere ed è in questa veste che ha pubblicato un lavoro di 388 pagine che smonta un tassello alla volta la narrazione unica del “modello affermativo” sui minori a disagio con il loro corpo sessuato.
Lo studio è stato commissionato dal Nhs ed aveva lo scopo di esaminare i servizi offerti nell’ambito dell’idenità di genere per i minori di 18 anni, il punto di partenza era l’aumento vertiginoso dei tassi di ragazzi che chiedevano di “cambiare sesso”. Nel 2009 il servizio di sviluppo dell’identità di genere (Gids) del Servizio sanitario inglese aveva in carico meno di 50 minori all’anno. Da allora, la domanda è centuplicata, con oltre 5.000 pazienti nel biennio 2021-2022. Ad aumentare in manira esponenizale è stato soprattutto il numero di ragazze che dicevano di non riconoscersi nel loro corpo femminile. Nel 2009, il Gids aveva in carico 15 ragazze. Nel 2016, quella cifra era salita a 1.071.
Ma ad essere significativo è anche il fatto che la Cass apra il suo studio, dopo un breve glossario, evidenziando la carenza di dibattito scientifico sul tema, la paura registrata tra i sanitari stessi nell’esprimere pensieri articolati e critici, la polarizzazione delle posizioni, sempre più aspre. Questione, questa, che viene messa al primo posto degli elementi inquinanti dei dati medico scientifici, poiché incatena la libertà di chi è chiamato a trattare una materia delicatissima. Il secondo punto che lascia sbigottiti è quello dedicato alla mancanza di linee guida “evidence based”, nonché di una sperimentazione che potrebbero essere definite semplicemente imprudente se non si avesse a che fare con la sacralità del corpo umano in formazione. Si legge infatti che: «Per la maggior parte dei giovani, un percorso medico non è il modo migliore per gestire il disagio legato al genere». Un sasso che fa venire giù una valanga intera, perché bloccanti della pubertà significa l’inizio di un processo che nella maggioranza dei casi conduce alla chirurgia e che non è reversibile.
Un ampio paragrafo è dedicato alle possibili cause concomitanti della crescita esponenziale di ragazzi che chiedono di cambiare sesso: la diffusione della transisione sociale, l’impatto dei media e dei social media, la possibilità concreta di accedere ai cosiddetti bloccanti della pubertà e agli ormoni cosiddetti crossgender con relativa facilità, ma anche patologie psichiatriche o condizioni psicologiche particolari concomitanti. Anche per questo Hillary Cass chiede che il disagio che questi ragazzi e spesso bambini provano venga affrontato in maniera più olistica focalizzando l’attenzione sulla salute mentale sempre più precaria delle giovani generazioni (ansia, depressioni, disturbi del comportamento alimentare, condizioni di neurotipicità comprese nello spettro dell’autismo).
«Penso che voi abbiate bisogno di molto più di un intervento medico – scrive nell’introduzione al suo report rivolgendosi direttamente ai bambini e rimarcando la necessità di preservare la fertilità e – e noi dobbiamo considerare tutti gli elementi necessari per offrirvi una pacchetto di cure che vi aiuterà a prosperare e a raggiungere i vostri obiettivi di vita più ampi». Un pacchetto che non include più i bloccanti della pubertà (che non dovrebbero mai essere prescritti, si legge, salvo rarissimi casi), che non comprende gl ormoni del sesso opposto prima dei 18 anni (ma devono essere prescritti con parsimonia anche fino ai 25), che non comprende la cosiddetta terapia affermativa applicata a tappeto.
Ce ne è abbastanza per non sorprendersi se la Cass è stata attaccata con virulenza, da anni ormai chiunque osi solo porsi in modo interlocutorio rispetto alla dittatura della fluidità arcobaleno finisce così. D’altra parte è proprio di questi giorni la notizia del convegno di Scienza e Vita interrotto a Catania dalle solite vestali della democrazia e dai paladini della libertà d’espressione. Perché viviamo in un mondo in cui tutto può essere messo in discussione, dall’universo che ci si para davanti fino al nostro stesso corpo sessuato. Ma guai a contraddire il pensiero unico, potreste ritrovarvi a non poter prendere i mezzi pubblici facilmente.
Grazie al cielo c’è la Cass, che per la verità è disposta a pagare un prezzo. E molti altri che come lei, magari nel silenzio, magari nell’anonimato, perché in gioco ci sono la vita e l’identità di questi ragazzi, che non ha prezzo, ma un valore infinito.
Fonte: Raffaella Frullone | IlTimone.org