La cancel culture avanza nelle università americane. Arriverà anche in Europa? E come sapremo rispondere?
Secondo quanto ha scritto Federico Rampini sul Corriere della Sera del 24 aprile, negli USA potrebbe manifestarsi un nuovo Sessantotto. Allora come oggi tutto cominciò nelle università americane. Allora come oggi i giovani “figli di papà” si scontrarono con i figli dei più poveri, come sottolineò uno scrittore comunista come Pierpaolo Pasolini. Allora come oggi fu una guerra a essere l’occasione del contagio rivoluzionario: il Vietnam dei vietcong e del Nord comunista allora, ai giorni nostri Gaza.
Lo scrittore italiano, che vive a New York, da anni ha cominciato un percorso critico anche verso le sue simpatie giovanili per il socialcomunismo e sta denunciando sistematicamente l’odio contro di sé che corrode l’Occidente, quella cancel culture già molto operativa in Usa, meno (fino a quando?) da noi in Europa. Non è una novità: decenni or sono Joseph Ratzinger denunciava l’odio di sé che distrugge l’Occidente.
Aggiungo qualche altra analogia. Allora il nemico erano i fascisti, oggi sono gli israeliani. I fascisti veri erano pochissimi, ma erano una scusa per colpire chiunque si opponesse alla contestazione. Così oggi gli israeliani sono pochi milioni in un oceano islamico, e soprattutto non c’entrano nulla con le università americane. Che senso può avere cessare ogni collaborazione accademica con università israeliane? Perché intimidire i pochi studenti ebrei presenti?
Ma si sa che lo scopo delle rivoluzioni non è mai preciso: l’importante è fare circolare l’odio nel corpo sociale, mettere in moto quella volontà di sovvertire, per quanto confusa, che garantisce il conflitto, di classe o di generazione (fu così nel ‘68), così come oggi contro gli ebrei e contro il “Grande Satana” occidentale.
Nel 1968 nelle scuole e università venne diffuso l’odio contro il “fascista”, aggettivo che poteva identificare chiunque si opponesse o criticasse l’avanguardia rivoluzionaria. Ne fecero le spese soprattutto poliziotti e carabinieri, magistrati e uomini politici, intellettuali, anche un sindacalista iscritto al PCI come Guido Rossa, tanti giovani di destra e cattolici non di sinistra. L’importante era seminare odio, qualcosa poi sarebbe accaduto. L’altro polo di attrazione della contestazione era la liberazione da ogni valore morale e la trasformazione del desiderio in diritto. Lo sviluppo e l’esito di questa Rivoluzione antropologica vengono descritti nel bel libro di Enzo Peserico sul Sessantotto (Gli anni del desiderio e del piombo, Sugarco editore, 2008)
Anche oggi siamo incamminati su questa strada? Ce lo diranno i tempi futuri. Quel che è certo è che allora sia il mondo cattolico sia il mondo conservatore capirono poco o nulla di quanto stava accadendo e si lasciarono dividere dalla contestazione, impiegando decenni prima di elaborare una risposta adeguata. Sarebbe bene non ripetere lo stesso errore.
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