Merciful love that tantalises not
John Keats
“…ci sono due vie per affrontare la vita: la via della natura e la via della grazia. Tu devi scegliere quale delle due seguire. La grazia non mira a compiacere se stessa. Accetta di essere disprezzata, dimenticata, sgradita. Accetta insulti e oltraggi. La natura vuole solo compiacere se stessa e spinge gli altri a compiacerla. Le piace dominare, le piace fare a modo suo. Trova ragione di infelicità quando tutto il mondo risplende intorno a lei e l’amore sorride in ogni cosa. Ci hanno insegnato che chi ama la via della grazia non ha ragione di temere. Io ti sarò fedele, qualsiasi cosa accada.”
The Tree Of Life di Terrence Malick
La Tigre Assenza
pro patre et matre
Ahi che la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
ha tutto divorato
di questo volto rivolto
a voi! La bocca sola
pura
prega ancora
voi: di pregare ancora
perché la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
non divori la bocca
e la preghiera…
Cristina Campo
L’universo: buio fondo, freddo mortale, distanze cosmiche, vuoti siderali, enormi corpi incandescenti immersi nel buio, nel freddo, gas mortali e nessun calore. Una bellezza solitaria, lontana, buia e fredda.
Una bellezza.
Una bellezza creata per l’occhio di Dio e l’occhio dell’uomo. Galassie ordinate, immerse nel buio, nel freddo, nel vuoto.
Da quanti millenni abbiamo iniziato a scrutare il cielo, a vedere l’ordine creato per l’occhio di Dio, per la sua gioia, e per la nostra?
Quando abbiamo iniziato a raccontare storie attorno a fuochi notturni, con le stelle, e il buio e il freddo sempre in agguato? Quando abbiamo iniziato a incidere segni nella pietra?
Quando abbiamo iniziato a raccontare storie che nutrono il cuore umano, rischiarano il buio, riscaldano la notte?
Quando abbiamo iniziato a riconoscere le stelle? In quale notte di buio e di freddo?
Abbiamo raccontato storie che addestrano i cuori, li rendono strumenti accordati, spiriti gentili. E nella notte solitaria appaiono i primi segni di civiltà, attorno a un fuoco. Immersi nel buio e nel freddo.
Vaticinio, aruspicina, astri e segni: dove Dio ha scritto la sua volontà, se non nella bellezza di un universo immerso nel buio e nel freddo?
Chi sa coglierne i segni? Chi racconta storie che nascondono origini, fratricidi, linee di sangue e popoli di pastori, con i fuochi accesi nel freddo del deserto di notte, e il buio, e le storie. Chi ricorda storie di altre generazioni, addestrando il cuore umano a resistere al buio, al freddo? Chi ha pietà per i morti e li compone, li profuma, li veste, per consegnarli a una sepoltura, chi dice parole di dolore e speranza, grandezza e strazio?
Ma questa bellezza, queste stelle che sono state posate per la nostra gioia, e quella di Dio, si faranno guardare per sempre indifferenti?
E tutte le altre bellezze che conseguono, non sono segnali che indicano una via?
In quale buio e freddo giaci, amore, un corpo in una bara, un silenzio per mancanza d’aria.
Come far durare per sempre quel che abbiamo avuto, quel che siamo stati, un amore misericordioso, messo lì come un cielo stellato sul nostro cammino, per la gioia di Dio e per la nostra?
Le storie che ci siamo raccontati promettono che non è finita qui, che quel che è stato durerà per sempre, che i nostri cuori selvatici avevano bisogno di essere ammaestrati, dovevamo diventare creature cortesi, fatte di amore e gioia, stelle incandescenti a combattere il buio, il freddo, il silenzio e la distanza.
Abbiamo avuto la bellezza, a tratti persino lo splendore: come spiegarlo a chi non l’ha vissuto? Dovremmo accendere un fuoco, guardare un attimo le stelle, poi iniziare a raccontare una storia, la nostra. Io so quel che ho visto, so cosa c’è stato, e c’è ancora.
Ho visto lo splendore di chi sceglie la via della grazia.
Ora vedo il mondo che splende, gli alberi e le distese di ghiacci, ampie praterie e popoli nomadi, un deserto da attraversare. È passato un angelo a segnare le porte, siamo stati liberati. Ora vaghiamo nel deserto, ma arriveremo a vedere la terra della gioia.
Il mondo risplende di bellezza, ricordi una mattina piena di luce e l’odore dei fichi quando percorrevamo la strada nel buio della notte d’estate? Ricordi i film che abbiamo amato, i rosari viaggiando, i pranzi con il pane e l’olio? Ricordi quando sentivamo una canzone che amavamo e io canticchiavo stonata, mentre tu tenevi il ritmo con la mano? Ricordi le gite in montagna, i tuffi dal veliero, le telefonate quando eri lontano? Io ricordo tutto lo splendore, era più tuo che mio in realtà, ma l’abbiamo vissuto e ora rimane, come la luce di una stella morta da milioni di anni, che continua a viaggiare e a inoltrarsi nel buio dell’universo, nel freddo. Questa luce l’abbiamo prodotta noi, con tutto il suo – il tuo – splendore. È l’ora del dolore atroce, ma anche questa tigre, la tigre assenza, va domata.
Ora potrei vivere arrabbiata, perché il dono che non meritavo è stato tolto, oppure continuare ad ascoltare storie che sono balsami per il cuore, guardare cieli stellati, cercare segni, e vivere ciò che eravamo, che siamo stati, che ancora siamo. Ci sono ancora i nostri libri, i film, la musica, i monaci, i posti che ci sono sempre piaciuti, i quadri, le chiese romaniche, le cose buone da mangiare, la lavanda, gli amici, i figli. Le storie, le stelle, i figli.
Vieni quando vuoi nello splendore, tengo tutto aperto, aspetto, prego. Prometto di vederlo, cercherò di ringraziare.
Vieni quando vuoi nello splendore, anche di questo buio e freddo non rimarrà che bellezza e canto. Perché il mondo è già redento, una volta per tutte. Ogni storia è ricapitolata sulla croce, una biblioteca universale, il catalogo generale di ogni aedo, non abbiamo neppure sforzi da fare, fini a cui tendere, basta lasciar plasmare il cuore da questo canto, e lo splendore che abbiamo conosciuto rimarrà per sempre.
Vieni quando vuoi nello splendore.
Fonte: Daniela Bovolenta | AlleanzaCattolica.org