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«The tree of life», voglia di visionarietà

L’ambiziosa pellicola del regista Terrence Malick

Qual è il regista più ambizioso della storia del cinema? Morto Kubrick, la palma spetta di diritto a Terrence Malick: cinque film in trentasette anni (ma si sa che sta già lavorando a una sesta opera), fama di maestro indiscusso e indiscutibile (le star di Hollywood fanno la fila per apparire in un suo film, anche per pochissime inquadrature), talmente divorato dalle fobie da evitare ogni occasione di incontro pubblico (anche se i suoi collaboratori parlano di un uomo affabile e dolcissimo sul set), traduttore di Heidegger e professore di filosofia (a Harvard ma anche a Parigi), e soprattutto artista visionario, capace di dedicare più attenzione (e ciak) alla ripresa di un fiore o di una nuvola piuttosto che a un dialogo tra star (e infatti Sean Penn non ha apprezzato molto i tagli a cui è stata sottoposta la sua parte).

OPERA-MONDO– Arrivato all’ultimo festival di Cannes con l’aureola del capolavoro preventivo, The Tree of Life (L’albero della vita) se ne è ripartito con la Palma d’oro e gli applausi pressoché unanimi del pubblico e della critica. L’ambizione non gli manca di certo: raccontando la vita quotidiana di una famigliola piccolo borghese nella provincia texana degli anni Cinquanta (padre, madre e tre figli) il film si allarga fino a confrontarsi con le due forze che muovono il mondo, la Grazia (cioè la fede in un ordine superiore) e la Natura (cioè l’eterna dialettica tra vita e morte). Finendo per inglobare addirittura tutta la storia dell’universo, dalla creazione delle primissime cellule alla nascita dei dinosauri fino all’ordine e alla razionalità che l’uomo ha portato sulla terra. E oltre ancora, visto che diventato adulto, uno dei fratelli finisce addirittura per camminare dentro il Paradiso. Lo spettatore deve essere avvertito soprattutto di una cosa: che la linearità narrativa non è il punto forte di Malick. Il film scompone la cronologia andando avanti e indietro nel tempo e così scopriamo subito che uno dei figli è morto in Vietnam, poi torniamo indietro alla nascita sua e degli altri fratelli, saltiamo nel futuro professionale di uno di loro (interpretato da Sean Penn), torniamo indietro all’adolescenza, agli anni di formazione, ai rapporti con un padre molto esigente (Brad Pitt) e una madre molto affettuosa (Jessica Chastain). Ma a un certo momento torniamo anche indietro alle origini dell’universo e della vita animale, come se il film smettesse di progredire lungo una linea (più o meno) retta e si allargasse, includendo altre storie, altri punti di vista, tra eruzioni primordiali e universi che si incontrano.

UNA SCOMMESSA ONIRICA – Certo, il rischio che lo spettatore resti frastornato da tutte quelle suggestioni esiste, soprattutto perché diversamente da altre opere altrettanto ambiziose (un titolo per tutti: 2001 Odissea nello spazio) a guidare la mano di Malick non è tanto l’ambizione di rendere chiaro e comprensibile quella materia ma la voglia della visionarietà, della scommessa onirica. Per questo può essere molto utile come «introduzione» al film, la visione del documentario (quasi 30 minuti) che viene offerto come extra: escluso il regista, tutti gli altri collaboratori – dal produttore al montatore al direttore della fotografia ai due protagonisti – parlano abbondantemente del loro ruolo, del modo di girare che ha Malick e soprattutto del senso dell’operazione.

Fonte: Paolo Mereghetti | Corriere.it/spettacoli

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