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Un videogame per salvare i giovani hikikomori

Gabriola Chetta, mamma e biologa, Cooperativa Ippocampo, ha presentato un videogioco che sollecita gli adolescenti “ritirati” a uscire dalla propria stanza grazie alla sfida proposta da un avatar

La realtà lasciata fuori dalla porta può rientrare dalla finestra di uno schermo grazie a un videogioco. È il progetto “Avatar School” per agganciare i ragazzi hikikomori, giovani che si chiudono in camera senza uscire di casa e che in Italia sono ormai circa 60mila. L’intuizione si deve a Gabriola Chetta, biologa e responsabile della cooperativa sociale Ippocampo di Vimercate, che ha presentato l’iniziativa nei giorni scorsi a Bologna nel corso della convention del Gruppo cooperativo Cgm sulle direzioni dell’economia sociale.

 

«L’idea è nata durante il convegno Mal-Essere Digitale del gennaio scorso in cui si rifletteva su un sistema per limitare l’abbandono scolastico a seguito di malessere e reclusione sociale in casa – spiega Chetta -. Ascoltando gli interventi di Riccardo Scognamiglio, psicologo dell’ Associazione Dipendenze Tecnologiche Gap, Cyber bullismo e di Marco Crepaldi, psicologo e fondatore del progetto Hikikomori Italia, ho pensato che occorresse fare qualcosa e con il tempo ho pensato di partire proprio dai videogiochi. L’intento è quello di utilizzare un gioco con un avatar (alter ego, ndr) che proponga sfide a vari livelli fino ad arrivare ad alcune prove che si trasferiscono fuori dalle mura domestiche».

 

Ippocampo è una cooperativa nata dall’Associazione MamySostenibile, un gruppo di mamme e professioniste che hanno deciso di iniziare a cambiare qualcosa nel mondo in cui viviamo invece di lamentarsi. Uno dei progetti è DSApp, dedicato alle Diverse Strategie di Apprendimento, con una visione alternativa rispetto ai Disturbi Specifici di Apprendimento (Dsa). «Prendiamo la dislessia – chiarisce Chetta -. Essere dislessici comporta avere un modo di ragionare fuori dagli schemi, una mente visiva, senza per questo essere meno intelligenti. La persona con Dsa elabora le informazioni in maniera olistica, cioè riesce subito a vedere il quadro generale della situazione. Questo porta ad avere grandi potenzialità e grande creatività, ma grosse difficoltà a livello scolastico dove la didattica è tutta strutturata in maniera sequenziale e basata su parole scritte».

Dal suo osservatorio Chetta è convinta che una gran parte dei ragazzi ritirati abbia un disturbo dell’apprendimento (“se vado male a scuola mi rinchiudo” è il pensiero di molti) e racconta: «Tre anni fa abbiamo realizzato Ipposchooling, una didattica interattiva che prevede un percorso con il digitale e il cartaceo e in parallelo un percorso di crescita di intelligenza emotiva. I ragazzi di oggi stanno creando nuove connessioni cerebrali, tutte visive. Per questo pensiamo che ciò che va bene per chi ha disturbi dell’apprendimento oggi possa andare bene per tutti». Ippocampo propone strategie e tecnologie digitali per aiutare i ragazzi a scoprire le proprie potenzialità e diventare autonomi nello studio e nella vita, strategie che da ottobre si applicheranno anche agli hikikomori.

«Partiremo con un progetto pilota con dieci ragazzi vicini alla nostra sede – spiega -. I primi due mesi faremo conoscenza e, una volta che li avremo agganciati, proporremo delle uscite fuori dal perimetro della stanza. Il nostro compito è trovare un “pensiero felice” che spinga i giovani a esplorare il mondo. Stiamo cercando sponsor per costruire un metaverso ad hoc. In alternativa utilizzeremo “Minecraft”. Questo progetto sarà replicabile presso altre cooperative sociali, in modo che si riesca a coinvolgere il territorio, la scuola e gli assistenti sociali». Così, i tanto vituperati videogiochi possono diventare uno strumento per aprirsi al mondo.

Fonte: Giovanna Sciacchitano | Avvenire.it

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