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Genitori, fiori e bollicine: la novità di questa maturità che non ci convince

C’è davvero bisogno della presenza di mamme e papà all’esame? È giusto anticipare i riti di festeggiamento che hanno sempre accompagnato la festa di laurea all’esame di maturità?

Il dibattito si è acceso e sta dividendo il mondo adulto. Accade che  per i genitori è diventata tradizione (e in questi giorni il tema è virale in tutti i social)  accompagnare i figli all’esame di maturità, consegnare loro fiori, stappando bottiglie di spumante. Ci sono poi le foto di rito e spesso c’è anche la condivisione online delle fotografie che testimoniano l’avvenuta conclusione degli esami e i festeggiamenti con i genitori.

Tale nuovo rito oggi non è più derubricato a semplice fatto di costume. In molti si chiedono se i genitori non stiano esagerando. C’è davvero bisogno della presenza di mamme e papà all’esame di maturità? È giusto anticipare i riti di festeggiamento che hanno sempre accompagnato la festa di laurea all’esame di maturità?

Credo che questo fenomeno ci colpisca per due motivi. Da una parte, ci dice che noi genitori non capiamo più qual è la nostra posizione nel territorio di crescita dei nostri figli. Siamo onnipresenti. A volte francamente esondanti e straripanti. Diciamo che l’esame di maturità dovrebbe essere una questione tra soggetti di pari età. Tu arrivi a scuola al mattino dell’orale e lì ci sono i tuoi compagni che stanno affrontando la stessa sfida. Ci si sostiene, ci si dà forza. Un momento come questo è cosa loro, non cosa nostra, di noi adulti. Noi dovremmo essere a casa, pazienti e un po’ agitati. Anche emozionati, perché sappiamo benissimo che quella prova segna l’ingresso nell’adultità. Non per niente si chiama maturità. E quindi: perché accompagnarli, perché festeggiarli lì, fuori da scuola, in un territorio che appartiene totalmente a loro? Perché obbligarli a subire l’ingombrante presenza adulta, in un momento che dovrebbe essere loro e totalmente loro? Pensiamoci bene: avremmo voluto i nostri genitori a guardarci durante la nostra prova? Ci saremmo sentiti tranquilli a saperli lì, mescolati ai nostri compagni e compagne, magari attivamente coinvolti a fare domande e scambiare commenti? Ci sono posti che non ci appartengono. Luoghi dove i nostri figli compiono i loro riti, affrontano i loro passaggi di crescita. E l’esame di maturità non ha bisogno della presenza dei genitori. Non è cosa nostra. È cosa loro.

Il secondo aspetto su cui vi invito a riflettere è che questo genere di celebrazione – fiori e spumante – ha accompagnato sempre il rito della discussione di tesi, alla conclusione del proprio percorso di studi universitari. Lì i genitori ci sono sempre stati. E lì è giusto che ci siano. Perché quel momento, la laurea, segna il passaggio definitivo del testimone, in cui un adulto vede il proprio figlio diventare a sua volta e in modo definitivo l’adulto della sua propria vita. E di fronte a un figlio che si laurea, il genitore può davvero celebrare il traguardo, essere lì. Perché quel traguardo riguarda non solo il figlio che ha compiuto il suo percorso evolutivo fino alla tappa più importante. Ma riguarda anche l’adulto che può dire a se stesso: ecco è fatta! Ora la tua vita è tua. E’ bello vederti alzare in volo.

Anticipare tutto è il vero problema di questa società. Oggi i nostri figli fanno feste di 18 anni che sono più sfarzose delle feste di matrimonio di 20 anni fa. E noi siamo sempre lì, a supervisionare, gestire, controllare, supportare. Togliamo lo spazio proprio nel momento in cui la vita ci chiede di fare loro spazio. Anzi di darglielo e consegnarglielo. Chiavi in mano. Invece le chiavi continuiamo a tenerle in mano noi.

Quando i nostri primi due figli (due ancora la devono fare) hanno sostenuto l’esame di maturità avevano le idee ben chiare: non ci volevano lì. Hanno voluto i fratelli presenti, gli amici e i compagni. Ma noi adulti, no. Ci sarebbe piaciuto essere lì presenti? Non ve lo so dire. Ma anche se ci fosse piaciuto, è troppo importante che noi adulti impariamo a capire qual è la cosa giusta da fare. Non quella che ci piace di più. O che ci aiuta a tenere sotto controllo la nostra ansia.

Nessuno si senta giudicato da queste parole. So benissimo che mi torneranno indietro, accompagnate da critiche e commenti aspri. Però, fermatevi un momento. Pensateci su: forse oggi noi genitori siamo troppo presenti, invadiamo così tanto il loro territorio da renderli incapaci di capire qual è il loro posto nel mondo. Così accade che ci sono migliaia di genitori presenti in università il giorno in cui si fanno i test di ammissione. Capita che oggi gli open day delle università siano frequentati da figli maggiorenni accompagnati da mamma e papà. Capita che i genitori scortino i figli quando devono sostenere gli esami universitari. E capita anche che li geo-localizzino di continuo, quando vanno a centinaia di chilometri di distanza, per studiare. E purtroppo capita anche che quegli stessi figli si sentano sempre più fragili, sempre più in difficoltà a sopravvivere nelle nuove città in cui la vita li conduce, sempre più bisognosi di essere accompagnati, supervisionati, guidati. Insomma, capita spesso di rendersi conto che questo eccesso di presenza e di protezione li ha reso fragili. Molti dipendenti. Poco autonomi.

Ecco perché consiglio di stare un passo indietro. E di avere la pazienza di aspettare che un figlio, il giorno dell’orale della maturità, vada a scuola, sostenga l’esame, celebri e festeggi con i suoi amici e poi torni a casa da noi, a raccontarci come è andata. Quello è il momento giusto per stappare una bottiglia di spumante e festeggiare con lui.

Fonte: Alberto Pellai | FamigliaCristina.it

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