«Non sarò mai incinta, perché diventerò un uomo», aveva dichiarato poco prima di iniziare la cosiddetta “transizione di genere”, all’età di 18 anni. E invece, poche settimane fa, Daisy Strongin ha avuto addirittura il suo secondo figlio. La notizia ha un che di sorprendente, considerati i diversi interventi finalizzati alla “transizione” che ha subito dall’età di 17 anni e che rendevano la maternità se non qualcosa di impossibile, perlomeno di improbabile. Daisy, cresciuta in Illinois, fin dall’infanzia, ha sempre patito gravi crisi riguardo la sua identità femminile, accompagnate da una forte depressione e un uso eccessivo dei social.
Tutto questo l’avrebbe portata a costruire, nella sua mente, la convinzione radicata che diventando un uomo avrebbe risolto tutti i suoi problemi. E non ci ha messo molto a realizzare i suoi piani. Già all’età di 17 anni ha ottenuto il testosterone attraverso un centro al servizio della lobby LGBT di Chicago e a 20 anni si è sottoposta a una doppia mastectomia: «Ora mi chiamo Ollie, perché sono una donna transgender. È così che mi identifico» è quello che aveva affermato, poco dopo l’operazione, euforica, in un video su YouTube, rivolgendosi ai suoi followers.
Ma in quel periodo nessuno degli operatori sanitari l’aveva messa in guardia dagli effetti collaterali a cui rischiava di andare incontro: malattie cardiache, sbalzi d’umore, peggioramento permanente della voce o infertilità, ma a Daisy sembrava importare poco perché era preoccupata solo di trasformarsi nell’uomo che la sua fantasia aveva accarezzato da molto tempo. Una vera e propria ossessione, al punto da costringere i suoi genitori che non approvavano il suo cambiamento, a chiamarla con pronomi maschili e col suo nome “d’elezione”. Tutto questo dietro stretta raccomandazione degli “specialisti” che li redarguivano, qualora non si fossero adeguati, riguardo la possibilità che la loro figlia avrebbe potuto addirittura arrivare al suicidio.
Oggi Daisy definisce tutto questo una «egregia tattica di manipolazione», ma sta di fatto che la sua famiglia dovette cominciare a trattarla come un maschio e, paradossalmente, questo non le fu affatto d’aiuto. Consapevole della forzatura a cui i suoi stavano cedendo cominciò a provare forti sensi di colpa. «Mio padre cominciò a chiamarmi suo figlio. Ho sempre pensato che fosse quello che voleva, ma quando ha iniziato a farlo, mi sono sentita molto in colpa, perché sapevo che stavo tradendo me stessa e che non mi vedeva davvero come suo figlio. Come potrei vedermi come suo figlio quando non lo sono? Ha cresciuto una bambina. Sapevo che stavo mentendo… Che tutti stavano mentendo», ha dichiarato.
Passata una prima fase di euforia, in seguito al suo cambiamento, iniziò la depressione accompagnata da un crescente senso di incompletezza e cominciò a farsi spazio sempre di più in lei, il desiderio di maternità che aveva schivato convintamente fino a quel momento. Non potendo ricorrere alla maternità surrogata, troppo cara per le sue tasche, decise di recuperare il suo corpo da donna, abbandonando le terapie ormonali, mentre alcuni degli effetti collaterali persistevano e continuano ancora oggi.
Oggi, dopo cinque anni di rifiuto della femminilità, dice di aver capito che la sua militanza transgender era un atto di odio per se stessa, non di amore: «Questo è il mio corpo femminile. Indipendentemente dalla profondità della mia voce, posso ancora portare la vita nel mondo. Questa capacità delle donne mi mette in ginocchio». Tuttavia la possibilità di trovare qualcuno che la amasse per sempre, nonostante la sua voce maschile, e i peli sul viso sembrava ardua. Finché arrivò Jason che avrebbe sposato e con cui ha avuto due figli: Gabriel, nato nell’agosto 2022, e Lila, nel febbraio 2024.
Tutta la famiglia iniziò a studiare il cristianesimo, frequentando, inizialmente, le chiese protestanti. Dopo un po’ di ricerche e studi, Daisy e Jason hanno varcato le porte della chiesa cattolica, dove sono stati ufficialmente accolti l’anno scorso, col battesimo, durante la veglia pasquale. Daisy oggi descrive la sua esperienza come “il più grande errore” della sua vita, e continua a pentirsene anche perché è costretta a pagarne le conseguenze come donna e come madre: a causa della mastectomia non ha potuto allattare i suoi bambini e confessa di provare una vergogna terribile a parlare con gli estranei a causa della sua voce maschile.
«Mio marito e i miei figli sono stati puniti per i miei peccati. Ma la grazia di Dio va oltre la comprensione. E, oggi, Lui continua a perdonarmi», ha commentato sui suoi social, dove ha anche mostrato la foto del biberon da 40 minuti che è stata costretta a dare ai suoi bambini, non avendo potuti allattarli al seno. Oggi confessa che se avesse saputo che avrebbe messo a repentaglio la sua felicità futura o la possibilità di avere una famiglia, non l’avrebbe fatto. Un percorso tortuoso verso la verità e la Grazia, che, tuttavia, si è concluso nel migliore dei modi:
«Dopo mesi di studio, preghiera, adorazione e contemplazione, sono viva in Cristo. Questo è solo l’inizio di un viaggio lungo tutta la vita con il mio Salvatore, Gesù Cristo. Vedendo mio figlio e mio marito battezzati, ricevendo l’Eucaristia per la prima volta, la mia anima si è rinnovata, letteralmente. Sono stata purificata», ha detto Daisy sul suo profilo Instagram, commentando la foto del suo matrimonio, celebrato subito dopo dopo il battesimo.
Fonte: Manuela Antonacci | IlTimone.org