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La formidabile pulzella – Le innumerevoli versioni cinematografiche di Giovanna d’Arco

La figura di Giovanna d’Arco, detta la pulzella d’Orléans, attrae «raccontastorie» di ogni genere: romanzieri, teatranti e cineasti si avvicinano affascinati al mistero della sua vita. La santa presenta tratti straordinari: una ricca umanità animata da una fede incrollabile la spingono a compiere azioni fuori dal comune, inimmaginabili per una teen-ager del xv secolo, figlia di contadini e analfabeta. É una delle eroine della Storia più ritratte sul grande schermo. I capolavori vanno dagli albori del cinema – memorabile è Domremy: La maison de Jeanne d’Arc (1899) dei fratelli Lumière – al recente e meraviglioso Jeanne (2019) di Bruno Dumont.

Nata intorno al 1412 in Lorena, a 13 anni Giovanna afferma di sentire voci misteriose. San Michele, santa Caterina e santa Margherita le chiedono di liberare la Francia dagli occupanti inglesi e di far incoronare il delfino Carlo vii . A 16 anni, ottenuto un esercito pur senza alcuna esperienza militare, libera in soli otto giorni Orléans, assediata da sette mesi. Quindi, ottiene l’incoronazione di Carlo vii a Reims. Poi però, abbandonata dal re di Francia, viene fatta prigioniera e consegnata agli inglesi. Dopo un anno di prigionia, nel 1431, è condannata come eretica e bruciata viva a Rouen a soli 19 anni. Beatificata nel 1909, è canonizzata nel 1920 da Benedetto xv . Nel 1922, Pio xi la proclama patrona di Francia.

Perché Giovanna d’Arco è ancora capace – in Francia, ma non solo – di appassionare e stupire, non solo nel mondo cattolico?

I motivi sono soprattutto due, evocati nei numerosi film dedicati alla Pulzella d’Orleans.

Innanzitutto, la santa è il simbolo di una donna coraggiosa e incolta, capace di affrancarsi dalla sua condizione e dai rispettivi doveri. É impensabile per una donna dell’epoca, per di più figlia di un contadino, accedere a posizioni militari di comando. Giovanna monta a cavallo, grida ordini e indossa una spada: la sua ostinazione nel portare abiti maschili le viene fatta pesare per tutto il processo come una grave eresia contraria alla legge naturale.

In secondo luogo, la posizione della giovane donna – analfabeta e portatrice di una Parola divina – mette a repentaglio la posizione di potere della gerarchia ecclesiastica, nonostante il desiderio fervente di comunione della donna con la Chiesa, espresso più volte nell’ambito del processo.

Queste due dimensioni – la portata socio-rivoluzionaria di Giovanna e la dura opposizione alla gerarchia ecclesiastica – sono onnipresenti nei numerosi film dedicati alla Pulzella d’Orleans. La diversità di approcci filmici offre una grande ricchezza di prospettive, capaci di parlare a spettatori di ogni genere.

Alcuni film hanno colto la difficile sfida di raccontare la sua vita, dalla gioventù alla morte sul rogo. Tra questi vale la pena citare tre grandi kolossal.

Giovanna d’Arco di Victor Fleming (1948) è un biopic hollywoodiano classico, edificante, con «atmosfere manieristiche» da peplum biblico al servizio dell’attrice protagonista, una radiosa Ingrid Bergman, all’apice della sua carriera. I cieli rosso-incandescenti e la composizione delle inquadrature ricordano il suo precedente Via col vento (1939). Giovanna-Bergman si distingue per umiltà e fragilità, nonostante i suoi gloriosi successi.

Sempre di matrice hollywoodiana è Santa Giovanna di Otto Preminger (1957), tratto da un soggetto teatrale di George Bernard Shaw e sceneggiato da Graham Green. Alcune soluzioni del testo teatrale conferiscono originalità e freschezza al film. Giovanna (una brava e bella Jean Seberg) torna dal cielo per confortare Carlo vii . É l’occasione per ripercorre le sue avventure insieme ad alcuni suoi vecchi compagni, morti e vivi. Non privo di alcuni accenti miracolistici, presenza una giovane ragazza, abile nell’incoraggiare il Delfino di Francia ad assumere le proprie responsabilità. Inizialmente sicura di sè, il processo metterà a dura prova le sue certezze.

La stessa ambizione di seguire le gesta della Santa dall’infanzia al martirio distingue anche il Giovanna d’Arco di Luc Besson (1999). Di produzione francese, ma con un cast hollywoodiano da John Malkovich a Dustin Hoffman, raffigura una Giovanna (interpretata da Milla Jovovich) super-eroina e combattente feroce. Il misticismo della santa è «violentemente» esplicitato attraverso la raffigurazione di alcune sue visioni: vi domina un’estetica da videogioco.

Di tutt’altro genere sono due film, due pietre miliari nella storia del grande schermo e imprescindibili quando si parla della rappresentazione cinematografica della Pulzella d’Orleans: La passione di Giovanna d’Arco, film muto di Carl Theodor Dreyer (1928) e Processo a Giovanna d’Arco di Robert Bresson (1962). I due film sono accomunati dall’intenzione di limitare la narrazione agli atti del processo e alla morte sul rogo di Giovanna. L’opera di Dreyer evoca la progressiva conformazione della santa a Cristo, volontà resa evidente dalla scelta del titolo e dalle numerose croci, inquadrate con insistenza nelle sequenza precedenti il martirio. La materialità dei corpi e dei volti (veementi i primi piani del viso non truccato dell’attrice Renée Falconetti) e l’utilizzo della luce illuminano il film di misticismo e sacralità. É un cinema essenziale e intenso, la forza espressiva delle immagini è esaltata dall’assenza del sonoro.

Ugualmente efficace, pur nella radicale differenza dello stile, è il capolavoro di Bresson.

Giovanna è interpretata da Florence Delay, attrice non professionista. É uno dei suoi «modelli» termine utilizzato dal regista per riferirsi ai suoi attori e attrici : il rifiuto di una recitazione espressiva, suggerisce la verità dei gesti e degli sguardi. Spoglio di ogni dimensione spettacolare, aderente alla realtà storica delle minute del processo, il suo cinema «per sottrazione» mette l’uomo dinanzi alla realtà nuda, al dato più povero. La sua «essenzialità interrogante» suggerisce la presenza di un mondo altro, percepibile nella più semplice materialità. É, forse, il modo migliore per suggerire il mistero della vita della Santa e della sua relazione con Dio.

Una menzione merita inoltre il poetico Giovanna d’Arco al rogo di Roberto Rossellini (1954) tratto da un testo di Paul Claudel. Nel ruolo della santa vi ritroviamo una Ingrid Bergman più matura. Una volta in cielo, Giovanna incontra san Domenico: è l’occasione per evocare – con stile teatrale – i fatti principali della sua vita e l’ingiustizia di cui è stata vittima.

Infine, vale la pena accennare a due film recenti – strepitosi per freschezza del linguaggio e forza espressiva – del francese Bruno Dumont, vincitore quest’anno con l’Empire del premio della Giuria al festival di Berlino. Il primo, Jeannette (2017) è un’opera rock sull’infanzia di Giovanna d’Arco, un musical dotato di un lirismo capace di evocare, oggi, per il grande pubblico, il mondo interiore della Santa. Il secondo, Jeanne (2019), segue Giovanna dalle battaglie fino alla morte sul rogo. Protagonista di entrambi è Lise Leplat Prudhomme, dieci anni all’epoca del secondo film: è una bambina in armatura, fuori dal tempo e possente bagliore di luce e mistero.

In conclusione di questa (incompleta) rassegna, sottolineiamo come il cinema di Bresson e Dumont presentano due maniere opposte ed efficaci per suggerire l’inafferrabile grandezza di Giovanna d’Arco: da una parte la più pura essenzialità; dall’altra un linguaggio originale, contemporaneo e lontano da una ripresa storico-realistica.

Fonte: Piero Lorendan* | OsservatoreRomano.Va

*Sacerdote, Studente di teologia presso il Centre Sèvres di Parigi – Rivista del Cinematografo

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