L’evento culturale dell’estate non è innanzitutto la visita turistica a città d’arte, mostre o musei, ma il ritrovamento fisico della natura per uomini che vivono prevalentemente in ambienti urbani o comunque costruiti dall’uomo.
Si può giustamente obiettare che anche il cosiddetto paesaggio è in parte una realtà culturale, cioè plasmata dall’uomo (la Val d’Orcia, per esempio, è un capolavoro collettivo di molte generazioni di nostri padri) e spesso, per tanti motivi, è ancora più bella della cosiddetta “natura incontaminata”.
Tuttavia ci sembra che in estate una natura originaria e non antropizzata arrivi ai nostri sensi in maniera diretta e imponente: è il caso del cielo stellato e del mare.
STUPORE MILLENARIO
Ma, anche in questi due casi, siamo proprio sicuri che sia così? Natura pura? Quando stiamo in silenzio davanti al cielo stellato o al mare, pieni di meraviglia, non guardiamo e non sentiamo con Leopardi e Baudelaire?
Non è necessario averli letti. Com’è stato detto, dopo che Van Gogh ha dipinto le sue famose scarpe, nessuno vede più solo una scarpa. Dopo che ha dipinto il suo cielo stellato, nessuno vede più solo il cielo stellato fisico. Egualmente per le “vaghe stelle dell’Orsa” e il leopardiano “ragionar con voi dalle finestre” sul “mio stato mortal”.
Del resto queste suggestioni che ci portiamo dentro sono molto antiche: già in Omero e nella Bibbia c’è il cielo stellato e lo stupore dell’uomo.
Non è affatto necessario aver fatto studi classici o biblici, non è necessario aver letto Leopardi o aver visto le opere di Van Gogh: anche il più illetterato si porta dentro quello stesso stupore e quelle domande. Sia perché la cultura in cui siamo nati e in cui siamo stati immersi tutta la vita ha plasmato il nostro cuore e la nostra mente in tantissimi modi (non necessariamente attraverso gli studi liceali) anche molto banali (perfino attraverso le canzonette, con i relativi ricordi proustiani). Sia perché quello stupore e quelle domande sono originarie, fanno parte della nostra natura. Sono nella nostra anima da sempre.
Padre Giuseppe Barzaghi op (nella foto) scrive nel suo libro, L’originario(ESD): “il bene che si presenta come assente è l’oggetto del desiderio. Si presenta nel modo con il quale si lascia intravedere: un vedo non vedo. Scintilla. Desiderare, de-siderare: sidus è la stella, che è ciò che splende. Le stelle: Scintillano Taciturne Evocando Liete L’Eterno. Le stelle sono affascinanti: si resta imbambolati a guardarle. Il desiderio profondo deve avere a che fare con le stelle: per questo la parola che lo indica le comprende. Desiderare vuol dire avere a che fare con le stelle. La Sacra Scrittura dice che i saggi splenderanno come le stelle del firmamento (cf. Dn 12,3). Oh, quando ti metti a contemplare le stelle (…) non puoi non avere la memoria nostalgicamente fissa su chi per te è stato saggio: ti metti lì e vedi tuo papà, tuo nonno”.
STELLE VIVENTI
Saggezza, sapienza e santità. In effetti poco prima Barzaghi aveva ricordato che le stelle (con i gigli e le aquile) rappresentano, per Tommaso d’Aquino, i santi. Ci sono persone il cui volto davvero brilla e che lasciano nel mondo una scia di luce. Molti, forse tutti, hanno incontrato persone così.
Nell’Andrej Rublëv di Tarkovskij si dice: “Tu lo sai bene: non ti riesce qualcosa, sei stanco e non ce la fai più. E d’un tratto incontri nella folla lo sguardo di qualcuno – uno sguardo umano – ed è come se ti fossi accostato a un divino nascosto. E tutto diventa improvvisamente più semplice”.
Fonte: AntonioSocciBlog.com