Sopra La Notizia

Giovani impegnati nei centri estivi. Il fai da te non basta, aiutiamoli a crescere

L’estate, per bambini e ragazzi, è sempre più il tempo dei centri estivi. Una soluzione che le famiglie apprezzano nonostante i costi non sempre favorevoli, soprattutto per chi ha più di un figlio, perché rappresentano un’occasione di gioco e anche di apprendimento. A maggior ragione considerando che le vacanze estive, nel calendario scolastico italiano, sono fra le più lunghe d’Europa: tre mesi, se non di più, come quest’anno in Emilia-Romagna. I miei due nipotini, di sei e dieci anni, ne sono da sempre assidui frequentatori. Quest’anno ho osservato una fortissima presenza, fra gli animatori, di ragazzi e ragazze davvero giovani, fra i quindici e i diciassette anni, che affrontano questa esperienza di volontariato, o in alcuni casi lavorativa, con interesse ed entusiasmo.

Fa piacere vedere adolescenti, che troppo spesso l’opinione pubblica immagina semplicemente davanti a un videogioco o in balìa dei social, dedicarsi per otto ore consecutive a far giocare bambini e ragazzini appena più piccoli di loro. Mi ricorda i momenti migliori degli anni Settanta e Ottanta quando, all’apice del boom demografico, era tutto un proliferare di colonie, campeggi estivi e quant’altro a favore dei più piccoli. Anch’io a quell’età, con altri ragazzi e ragazze della mia parrocchia, avevo contribuito a ristrutturare una vecchia canonica sull’Appennino. Insieme al nostro curato realizzavamo dei meravigliosi campi estivi per i bambini. Proprio per l’importanza di questa esperienza, vale la pena metterci qualcosa in più che non sia un semplice accontentarsi di un entusiasmo o di un fai-da-te necessari, ma non sufficienti. Occorre una formazione per chi, anche se giovane, avrà a tutti gli effetti una titolarità educativa nei confronti dei più piccoli. I genitori affidano a ragazzi di sedici, diciassette, diciotto anni i loro bambini e bambine, ed è legittima la pretesa di avere personale preparato e formato. In tal senso, gli oratori rappresentano un modello, per la cura dedicata alla formazione degli animatori. E sarebbe auspicabile, prendendo ad esempio la convenzione appena firmata dalla Fondazione oratori milanesi con il Comune di Milano, che il prossimo anno ci possa essere un investimento di altre istituzioni pubbliche, se non direttamente del governo, per formare adeguatamente tutti i giovani volontari e non. Sotto il profilo pedagogico, di cui mi occupo, i temi sono scontati.

Anzitutto, disporre di un buon repertorio di tecniche animative, di quei giochi che appartengono a una tradizione ludica fortissima in Italia, e non solo. Giochi prevalentemente di squadra come possono essere quelli cooperativi ampiamente diffusi anche da noi già dagli anni Novanta. Ma anche il recupero dei giochi popolari della tradizione che hanno sempre rappresentato un background simbolico di straordinaria potenza psico-evolutiva. Sto pensando al gioco della campana, o Mondo, dove, con un sassolino, occorre fare un percorso numerato per raggiungerne la cima. Il significato simbolico è indubbio e favorisce nei più piccoli una capacità di elaborazione rituale davvero unica. Repertori che una volta si trasmettevano di generazione in generazione e che oggi, purtroppo, è necessario apprestare in setting formativi veri e propri. Un punto inderogabile è la gestione del gruppo.

Occorre considerare le dinamiche età per età. Fare gruppo a cinque anni non è la stessa cosa che farlo a dieci. Una gestione che deve aver presente anche gli irrimediabili conflitti e litigi su cui ormai abbiamo – anche grazie al mio metodo Litigare Bene – una indubbia tradizione e competenze. È buona cosa che questi animatori lo conoscano, invece di utilizzare le pure e semplici categorie del colpevole e dell’innocente. La capacità di gestire le dinamiche di gruppo dei bambini necessita anche di una buona capacità di collaborazione fra gli animatori stessi. Conoscere e imparare le tecniche di decisionalità comune, di conduzione di una riunione e di comunicazione efficace dentro l’équipe risultano assolutamente necessari. Non va dimenticato l’elemento emotivo. Sono ragazzi giovani che possono avere difficoltà su questo piano. Occorre aiutarli con una formazione alla conoscenza della propria aggressività nella logica della gestione della rabbia, della capacità di contenimento emotivo, di prendere tempo, di tenere la giusta distanza educativa rispetto a bambini e bambine. Infine, sono esperienze che hanno bisogno di un coordinamento pedagogico che rappresenti un vero punto di riferimento. I giovani animatori devono poter contare su figure professionali all’altezza, che sappiano guidarli e aiutarli nei momenti di difficoltà e di incertezza. Ogni giornata ha sempre bisogno di un debriefing pedagogico per puntualizzare e riformulare il tracciato educativo. Fatto questo, ritengo che risulti davvero meraviglioso, come capita a me quando porto i nipotini al Grest o al Centro estivo, vedere questi adolescenti alle prese con una responsabilità reale e non semplicemente persi in qualche mondo virtuale. Sosteniamoli offrendo loro uno spazio di formazione che sia il volano per vivere con consapevolezza questo importantissimo momento di crescita e di servizio.

Fonte: Daniele Novara* | Avvenire.it

*Pedagogista Centro psicopedagogico – Piacenza

Newsletter

Ogni giorno riceverai i nuovi articoli del nostro sito comodamente sulla tua posta elettronica.

Contatti

Sopra la Notizia

Tele Liguria Sud

Piazzale Giovanni XXIII
19121 La Spezia
info@sopralanotizia.it

Powered by


EL Informatica & Multimedia