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Ripensare il rapporto tra pubblico e privato

La separazione netta tra pubblico e privato va ripensata. Il privato non è mai solo privato, non è mai solo individuale, piuttosto è personale, ma la persona è sempre e contemporaneamente privata e pubblica, un io e un noi.

La questione dei guai in cui si è cacciato il ministro Gennaro Sangiuliano e di cui si stanno occupando prime pagine di giornale e talk show televisivi ripropone il problema dei rapporti tra il privato e il pubblico. Quanti esprimono una opinione al riguardo sono d’accordo sulla distinzione netta tra i due ambiti: sull’aspetto privato della questione non si può dire niente, perché ognuno nel privato è libero di fare ciò che vuole, semmai si può sollevare una questione sull’aspetto pubblico, ossia se sono stati provocati danni allo Stato.

Qui le fazioni si dividono in due: chi dice di no, perché non sarebbero stati spesi soldi pubblici e perché nessuna notizia sensibile e riservata sarebbe stata divulgata; e c’è chi dice di sì per i motivi contrari. Però ambedue le scuole di pensiero concordano nella divisione netta tra pubblico e privato: il primo è l’ambito della assoluta libertà in cui l’individuo è lasciato solo con se stesso e di cui è arbitra solo la sua coscienza, il secondo è l’ambito dello Stato, nel quale si identificano gli interessi degli individui come cittadini, ossia come soggetti pubblici.

Le nostre società occidentali moderne condividono questa logica. Però poi si dà sistematicamente vita ad intrusioni del privato nel pubblico e del pubblico nel privato. Le relazioni sessuali vengono ostentate e pubblicizzate apposta dagli stessi interessati, come accade nel mondo dello spettacolo e non solo. I privati pensano erroneamente di essere liberi nelle loro relazioni ma in realtà sono molto condizionati dal pubblico che impone una propria visione, per esempio una visione ludica e deresponsabilizzante.

Gli Stati spesso impostano una educazione sessuale nella scuola pubblica o cercano di programmare in un senso o nell’altro la procreazione e la natalità. La visione del proprio corpo che dovrebbe essere privata viene invece resa pubblica, anche con la nuova moda dei tatuaggi. Il pudore, che dovrebbe essere a protezione del privato, si trova in difficoltà. Quando si vuole che lo Stato contempli giuridicamente una relazione privata, come il caso delle unioni civili, gli si chiede di invadere un campo non suo. Per estensione, quando lo Stato pretende di profilare i nostri comportamenti privati con scopi di controllo sociale attua una evidente invadenza. Nella nostra società privato e pubblico non si distinguono mai nettamente anche se l’ideologia politica insiste nel volerli separati.

Nel caso Sangiuliano, mentre tutti concordano sulla netta separazione dei due ambiti, la cronaca quotidianamente dimostra invece la loro porosità, sicché quanto avrebbe dovuto rimanere nel privato è poi diventato pubblico e viceversa.

Il punto allora è che quella separazione netta va ripensata. Il privato non è mai solo privato, non è mai solo individuale, piuttosto è personale, ma la persona è sempre e contemporaneamente privata e pubblica, un io e un noi. L’idea della privacy come del luogo in cui ognuno è lasciato solo con se stesso non tiene perché il giudizio morale della sua coscienza sui propri atti non può prescindere dall’insieme delle sue relazioni, per esempio da quelle familiari.

Nei tradimenti il coniuge è sempre presente, anche se fisicamente assente. L’identificazione dello Stato con il pubblico contrapposto al privato pure lascia a desiderare, perché spesso lo Stato si comporta da individuo privato, da persona civitatis come diceva Hobbes e fa prevalere i propri interessi privati, chiamandoli pubblici, sui veri interessi del bene comune.

Fonte: Stefano Fontana | LaNuovaBQ.it

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