Il Male esiste e si fa notare. Tuttavia si è persa nozione di bene e c’è chi addirittura vorrebbe distruggere la cultura sorta in Occidente. Ma la cancel culture può essere sconfitta
A volte la cronaca è più istruttiva della storia. Indubbiamente i recenti avvenimenti che hanno accompagnato la fine dell’estate ci aiutano a riflettere sulla decadenza profonda del mondo contemporaneo. Non che episodi come quelli degli ultimi giorni non ci siano mai stati, anzi: delitti efferati, stragi familiari, tutti apparentemente privi di senso, crisi di governo per debolezze degli uomini e per sconsiderata ambizione di potere di amanti e di avversari politici non sono certo una novità. Tuttavia, aiutano a capire che il male esiste, opera e vince se non viene denunciato e combattuto.
Questa è la caratteristica della nostra epoca, non tanto l’esistenza del male ma il fatto che sia ritenuto irrilevante, se non quando farisaicamente fa comodo a qualcuno contro qualcun altro. La Chiesa nel suo Magistero, da Pio XII a Papa Francesco, lo ha sempre insegnato: “il peccato più grande del nostro tempo è la perdita del senso del peccato”.
Il male esiste ma la società occidentale ne ha dimenticata l’esistenza e non riesce ad accettare che esista, vada individuato e combattuto, fino al limite della guerra. Anche di quest’ultima non vogliamo sentire parlare, soprattutto in Europa, e abbiamo confuso la pace con il pacifismo.
Ma che cos’è il Male?
Il Male è anzitutto una creatura angelica che si è ribellata a Dio e all’ordine divino. Quando un uomo uccide apparentemente senza motivo, o un figlio stermina la famiglia appena dopo avere festeggiato con i suoi genitori e con suo fratello, non dobbiamo soltanto chiamare lo psichiatra, ma renderci conto che il demonio ha usato la sua influenza. Questa creatura ribelle opera nella storia attraverso gli uomini: le guerre scoppiano, così come i delitti nelle famiglie e nelle relazioni sociali, perché qualcuno le inizia, certo sotto l’influenza del diavolo, il quale però sfrutta la ricerca del potere, la sete di apparire, l’arroganza e la vanità così come, in alcuni casi, le debolezze degli uomini.
Il mondo occidentale è gravemente ammalato perché non riesce neppure a individuare, nemmeno a pensare, a un possibile rimedio. E tuttavia il mondo occidentale non merita di morire, come invece vorrebbero i suoi nemici, interni ed esterni.
Per i nemici esterni riusciamo a comprendere. Cina, Russia, Corea del Nord, Iran, hanno capito che alleandosi possono sconfiggere più facilmente l’egemonia occidentale e cambiare gli equilibri internazionali. Ma sono i nemici interni che preoccupano di più perché è più difficile comprenderne l’origine e le motivazioni.
Soprattutto è difficile comprendere perché ci sia una così evidente sottovalutazione del pericolo del suicidio dell’Occidente da parte di molti che pure conoscono l’esistenza della cancel culture che mina dall’interno le radici della cultura e della civiltà occidentali.
Provo a spiegarmi. I liberal che negli Usa abbattono le statue di Cristoforo Colombo o nelle università proibiscono le materie che trattano delle origini culturali degli Stati Uniti, fanno il loro mestiere e stanno arrivando anche in Europa. Ma che chi non è liberal o progressista non si avveda di questo e preferisca pensare che sarebbe meglio se il mondo occidentale perisse, secondo un giro mentale sovversivo per cui bisogna distruggere per poi costruire il “mondo nuovo”, ecco questo fa male e risulta incomprensibile. Questo è il modo di ragionare e di operare degli gnostici, dei “rivoluzionari di professione”, avrebbero detto Luciano Pellicani (1939-2020) ed Eric Voegelin (1901-1985).
Nulla di ciò che esiste merita di morire, ma va salvato e ricostruito. Soprattutto le radici, che sono il fondamento della nostra identità. Qualcuno vorrebbe distruggerle, fare tabula rasa, sfruttare la corruzione delle classi dirigenti per distruggere la stessa memoria, come avvenne ai tempi della Rivoluzione francese o di quella bolscevica. Noi preferiamo coltivare la speranza, anche in un “mondo migliore”, come insegna Benedetto XVI nel l’enciclica Spe salvi.
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