Ci sono due battaglie contemporanee, entrambe necessarie da combattere: una dentro la nostra civiltà, contro chi la vuole distruggere dall’interno, e una contro i suoi nemici esterni. Non è del resto una novità, perché durante la Guerra fredda accadde la stessa cosa. Ha fatto molto bene la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni a difendere ed esaltare i valori della cultura occidentale nel recente discorso a New York, quando ha ritirato il Global Citizen Award 2024 dell’Atlantic Council. Il suo richiamo ha infuso coraggio ed entusiasmo in chi, come noi, combatte da sempre questa battaglia che, sia nel mondo cattolico sia negli ambienti della destra, spesso viene evitata se non disprezzata.
Che cosa si intenda per cultura e civiltà occidentali lo ha ricordato sinteticamente Meloni nel suo intervento, richiamandosi alla filosofia greca, al diritto romano e alla Rivelazione cristiana: Atene, Roma e Gerusalemme sono le grandi città che meglio esprimono la sintesi felice di una fede diventata cultura e quindi civiltà, come ricorda, fra gli altri, il grande studioso del conservatorismo Russell Kirk (1918-1994).
È questo l’Occidente che viene aggredito dalla cancel culture e dalla cultura woke? Si, senz’altro, ma non soltanto. C’è anche un Occidente più ampio, che nasce dai viaggi di Cristoforo Colombo e dalla poco compresa diversità fra la Rivoluzione americana e quella francese: si tratta della Magna Europa, come ha insegnato a chiamarla Giovanni Cantoni.
Ebbene, questo Occidente non si è macchiato soltanto di colpe, come vorrebbero i suoi detrattori. E neppure negli ultimi secoli, quelli della modernità, pur avendo colpevolmente voltato le spalle alle sue radici, l’Occidente ha la responsabilità di tutti i mali del mondo. E non è peggiore dei suoi nemici, se non altro perché garantisce al suo interno una certa libertà e un benessere sconosciuti altrove. Non c’è nessuno che, da Roma o dalla Florida, sceglie di andare a vivere a Mosca o a Pechino, tanto meno in Corea del Nord o in Iran!
Qualche intellettuale ha cominciato già anni fa ad accorgersi di questa stortura storica, così che oggi non siamo soli, come quando da Genova, nel 2022, lanciavamo, per primi in Italia, l’allarme sulla cancel culture, che nelle città americane chiedeva di rimuovere le statue di Cristoforo Colombo.
Recentemente Federico Rampini ha scritto un libro provocatorio e coraggioso nel titolostesso: Grazie, Occidente! (Mondadori, 2024). Certo, l’Occidente ringraziato è soltanto quello degli ultimi tre secoli, che non esisterebbe senza la precedente evangelizzazione e la Cristianità medioevale. Ma è comunque un gesto importante, dal quale partire per ampliare il discorso e tirarne tutte le conseguenze.
Rampini non è solo nella sua denuncia: prima di lui Rodney Stark scrisse un libro, La vittoria dell’Occidente (Lindau, 2017), che difende la verità storica e che dovrebbe essere letto nelle nostre università per aiutare a fare crescere una generazione che non sia in balia della cultura woke, ma almeno conosca, presupposto per poterle amare, le proprie radici. E altri studiosi e giornalisti stanno prendendo coscienza della necessità di una battaglia culturale per la sopravvivenza della nostra cultura. Lo fanno come possono, con la loro formazione e con i limiti che ha ciascun uomo: ma perché lasciarli soli e non contribuire a fare conoscere le loro posizioni?
L’Occidente non è il Paradiso terrestre. Bene ha fatto Meloni a ricordare anche questo. La civiltà occidentale non è l’unica possibile incarnazione della fede cristiana. Ce ne sono state altre e altre ci saranno, a Dio piacendo, se proseguirà la prima evangelizzazione dell’Africa e dell’Asia, così come diversa è stata la cristianità bizantina. Ma se dobbiamo rifiutare l’arroganza di chi ha creduto di essere l’unico interprete del Verbo, confondendo per esempio la fede cristiana con una sua realizzazione culturale e politica, altrettanto fermamente oggi non dobbiamo avere timore di dire Grazie, Occidente e, contemporaneamente, di pregare e operare perché rinunci agli errori accumulati nei secoli recenti, quelli della Rivoluzione anticristiana e, quindi, antioccidentale.