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Da Lenin a Putin. Politica e religione. Dalla persecuzione alla connivenza

Pubblichiamo la recensione di Pietro Galignani del libro di Giovanni Codevilla, Da Lenin a Putin. Politica e religione. Dalla persecuzione alla connivenza, con un testo di Stefano Caprio (Jaca Book, 2024). Per il tema trattato, che riguarda uno degli avvenimenti più drammatici del nostro tempo, tuttora in corso.

Ancora una volta l’accurata e precisa ricerca storica di Giovanni Codevilla aiuta il lettore ad orientarsi  negli eventi che caratterizzano il mondo russo che  mostra con orgoglio un soprabito di taglia europea, ma sotto mantiene l’abito della steppa asiatica.
Questa volta l’ingresso dei carri armati russi nel territorio dell’Ucraìna ha preso alla sprovvista e inquietato l’opinione pubblica.  L’Autore rilegge con pazienza e con metodo gli ultimi cento anni della storia russa per mostrare le radici e i motivi  di questa guerra, che ha tolto all’Europa l’illusione di essere un’oasi felice immune dai contrasti e dalle catastrofi degli altri  continenti.

Offrendo una narrazione piana e attraente, più semplice e più scorrevole della sua monumentale opera storica sulla storia russa in quattro volumi (Jaca Book 2016 e successive edizioni), mostra in modo chiaro come si intrecciano anche in questo ultimo secolo  le forze politiche e religiose che mettono in movimento una società estremamente complessa, la quale pretende di essere migliore della civiltà europea, che imita ma non condivide.
In brevi capitoli precisi e puntuali, l’Autore documenta lo scontro drammatico  tra politica e religione, tra Stato e Chiesa, due poteri che non possono eliminarsi a vicenda perché sempre, anche se in modi diversi, sono due facce di un’unica  autorità. Nell’epoca dell’impero sovietico il potere comunista, fin dall’inizio, cercò di soffocare ed annientare nel sangue la Chiesa russa, che durante la Rivoluzione si era liberata dal dominio dei procuratori imperiali e aveva restaurato il Patriarcato, rimasto vacante dall’anno 1700.

Il Concilio della Chiesa russa, inaugurato durante il governo Kerenskij, il 28 ottobre 1917, aveva decretato la restaurazione del Patriarcato. In seguito, il 5 novembre venne eletto il Patriarca Tichon, che  si era opposto coraggiosamente in tutti i modi agli sforzi di Lenin e dei suoi commissari per sradicare la religione e l’organizzazione ecclesiastica.

Alla morte di Tichon (1925), venne rimandata sine die l’elezione del successore. Stalin si accorse che era più vantaggioso politicamente permettere l’elezione di un nuovo Patriarca (venne eletto il 2 febbraio 1945 il Patriarca Alessio I) e instaurare rapporti nuovi con la Chiesa, che supportava l’estremo sforzo della “Grande guerra patriottica” contro il nazismo.  E così «in cambio della riapertura di edifici di culto e di monasteri e di un allentamento della repressione, (la Chiesa) si pone al servizio sia nella politica interna (invitando i fedeli a votare per il blocco comunista, poiché in nessun Paese la Chiesa gode), sia nella politica estera, dedicandosi anch’essa al culto spudorato della personalità di Stalin» (Da Lenin a Putin, pag.231).

Come risulta evidente dal prosieguo degli eventi, anche se in una forma drammaticamente conflittuale ed aderente alla situazione instaurata dallo Stato sovietico, si ripresenta qui il principio della sinfonia. Tale principio mostrò il suo volto maturo nel 1589 con l’istituzione del Patriarcato di Mosca, avvenuta in palese violazione delle norme canoniche. Esso consiste nel fatto che nella società cristiana russa una sola è l’autorità, che ha due volti: lo Zar’ e il Patriarca. Al primo compete ogni autorità di organizzazione di tutti gli aspetti della compagine sociale e politica, compreso il compito di sostenere lo sforzo missionario di estendere il cristianesimo  secondo la tradizione russa.  Al Patriarca, invece, è conferito il compito di educare alla fede la società e avviarla a testimoniare la vita cristiana.

E’ proprio facendo leva su questo principio, presente in tutta la storia della Russia e che si rinnova in qualche modo all’epoca di Stalin, che Codevilla legge gli eventi dell’età putiniana.

Dopo lo scioglimento dell’URSS, due personaggi emersero dalla confusa situazione che si era formata in Russia dopo il governo di El’cin. Putin riuscì ad affermare e consolidare il proprio potere personale sostenuto dal nuovo Patriarca Kirill. Secondo la acuta e documentata analisi di Codevilla, le due colombe (golubčiki), attraverso l’esercizio della sinfonia, si ripropongono di attuare l’ideale russo di “Mosca Terza  Roma”.

La Chiesa russa promuove la diffusione del cristianesimo attraverso l’attuazione e la diffusione dell’impero russo, che oggi dinamicamente aspira a tutti i territori che appartenevano all’URSS e a rinnovare ed incrementare la sua influenza sui territori confinanti o ad esso legati tradizionalmente.

Si spiegano in questo modo le aspirazioni e i programmi di Kirill e di Putin. Si è naturalmente portati a pensare che Putin,ex-militare russo, già funzionario del KGBprimo ministro e attuale presidente della Russia, sia l’uomo forte che progetta e promuove l’evoluzione del nuovo Stato.

Risulta, invece, che è proprio Kirill ad avere dato a Putin una motivazione, un ideale che prima neanche sospettava, per perseguire una politica di potenza.
Ci troviamo di fronte ad una narrazione vivace e appassionante, non fantapolitica: una ricostruzione attenta e documentata che merita sicuramente attenzione e interesse.

Il lavoro è impreziosito da una solida nota introduttiva di Stefano Caprio, studioso autorevole e appassionato della storia della Chiesa russa, dedicata alle varie figure dei Patriarchi russi a partire dal 1917.

Fonte: Pietro Gagliani | AlleanzaCattolica.org

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