L’odio farà del dopoguerra una situazione peggiore della guerra stessa. La pace? Non è neanche pensabile oggi, puntiamo al cessate il fuoco. La formula dei due Stati non è realistica. Ci vuole un ricambio di leader per trovare una soluzione per il futuro. Il Patriarca di Gerusalemme sfida i luoghi comuni sulla situazione mediorientale.
La soluzione dei due Stati, uno palestinese e l’altro israeliano, «oggi non è realistica». Parola del Patriarca di Gerusalemme dei Latini, cardinale Pierbattista Pizzaballa. Lo ha affermato in una intervista alla televisione cattolica americana EWTN,. È il giudizio ovviamente che più ha fatto titolo nei giornali, ma Pizzaballa ha detto nell’intervista diverse altre cose interessanti sul conflitto mediorientale, che andrebbero molto ben meditate.
Cominciamo proprio da queste. Anzitutto la constatazione che questo è il peggior periodo vissuto in 35 anni di presenza in Medio Oriente. Non tanto per la violenza della guerra in sé, visto che non è certo una novità, «ma per l’impatto emotivo sulla popolazione israeliana, palestinese e ora anche in Libano; per la potenza della violenza, il linguaggio d’odio che si respira e si trova ovunque. Questo è terribile». Non è la prima volta che il Patriarca mette in evidenza questo fattore, lo aveva fatto anche nella lettera alla sua diocesi lo scorso 26 settembre constatando l’esistenza di «un vortice di violenza e di odio mai visto e sperimentato prima». Si tratta di un odio profondo che sta distruggendo ogni possibilità di relazione sociale tra israeliani e palestinesi che prima del 7 ottobre 2023, pur tra mille tensioni, resisteva.
E infatti il cardinale Pizzaballa nell’intervista si mostra preoccupato «non tanto per la guerra – finirà presto o tardi come tutte le guerre – ma per il dopo, per le conseguenze che saranno terribili».
È un fattore, questo dell’odio tra le persone, che viene sempre sottovalutato ma che costituisce un elemento decisivo che taglia alla radice qualsiasi illusione di pace. E infatti Pizzaballa spazza via qualsiasi retorica: «Oggi non è realistico parlare di pace», perché «la pace è un atteggiamento, non semplicemente un accordo». E se i cuori di tutti sono pieni di odio non c’è spazio per la pace.
Cosa ci si deve augurare allora? Oggi «dobbiamo parlare prima di tutto di cessate il fuoco per fermare ogni tipo di violenza, per trovare anche una nuova leadership con una visione politica, anche nuovi leader religiosi. Allora puoi cominciare a pensare una nuova prospettiva per il Medio Oriente», risponde Pizzaballa.
Ecco dunque un altro passaggio importante che vale come strada per qualsiasi soluzione a lungo termine. È necessario almeno un cessate il fuoco che apra la strada a un ricambio ai vertici della politica e anche dei gruppi religiosi. Oggi si deve constatare l’assenza di un qualsiasi leader che «abbia una visione», vale a dire che abbia davvero una prospettiva politica e religiosa che possa portare a una stabilità nella regione. È facile trovare conferma a questa affermazione del Patriarca: se si guarda ai vari leader della regione, ma anche internazionali, è evidente che si oscilla tra il desiderio di annientamento del nemico e la riproposizione di vecchie formule che sono vuota retorica, prive di qualsiasi significato reale. Pizzaballa parla della necessità «di un nuovo linguaggio», ma questo sarà possibile soltanto se «ci saranno nuove persone, nuovi nomi, nuove facce».
Un nuovo linguaggio e anche nuove soluzioni: «C’è bisogno di qualcosa di nuovo, di creativo, non so cosa. Ma tutti i precedenti accordi, idee, prospettive, la soluzione dei due Stati non sono realistici oggi».
E anche qui il cardinale Pizzaballa ha il merito di smontare quelle formule trite e ritrite che più vengono ripetute più dimostrano il distacco dalla realtà di chi le pronuncia. Segretario di Stato vaticano compreso: ancora recentemente il cardinale Pietro Parolin, intervenendo all’Assemblea generale dell’ONU, ha rilanciato come «unica soluzione possibile» la creazione di «due Stati con uno status speciale per Gerusalemme».
Non solo andrebbe sempre ricordato che ben difficilmente quello che è stato all’origine della guerra (ovvero la risoluzione 181 dell’ONU del 29 novembre 1947 che stabiliva la creazione di due Stati) può essere anche la sua soluzione, soprattutto nelle condizioni che sono maturate da allora; ma c’è anche il fatto che oggi si è creata sul terreno una situazione che la rende impraticabile. Come è possibile definire i confini quando in Cisgiordania ci sono centinaia di insediamenti di coloni ebrei disposti a macchia di leopardo? E mentre ci sono altri gruppi di coloni, spalleggiati da membri del governo israeliano, che hanno in mente di occupare anche Gaza?
Il Patriarca di Gerusalemme indica un criterio chiave: «La violenza nel linguaggio, nel comportamento, il rifiuto dell’altro non sono una soluzione. Palestinesi e israeliani sono chiamati da Dio a vivere uno vicino all’altro, non uno contro l’altro». È un criterio che pare accordarsi meglio con la soluzione di un unico Stato per ebrei e arabi, che i vescovi cattolici di Terra Santa (incluso Pizzaballa) avevano peraltro già evocato in una dichiarazione del 2019, e che altri studiosi cattolici hanno riproposto di recente, come ha segnalato nel suo blog Sandro Magister.
Pizzaballa in ogni caso non entra nelle possibili soluzioni politiche, lo dice a chiare lettere che non è questo il compito della Chiesa e che, anzi, la Chiesa deve stare ben lontana dalla tentazione di entrare in qualche modo nei negoziati tra le parti politiche: «Non credo che la Chiesa debba entrare in queste cose», le soluzioni politiche spettano ai politici, la Chiesa deve sostenere la speranza del popolo. Deve indicare la strada della conversione dei cuori, che è l’unica che porta alla pace. E ricordare che «la risposta alla violenza e al male è la Croce», come il Patriarca ha detto ai suoi fedeli in Terrasanta.
Fonte: Riccardo Cascioli | LaNuovaBQ.it