Un’opportunità dimenticata per migliorare l’apprendimento
Negli ultimi anni, la didattica a distanza (DAD), nata dall’urgenza pandemica, è stata criticata e abbandonata, quasi condannata all’oblio. Seppure ne siano stati evidenziati i limiti, soprattutto per il senso di isolamento e la difficoltà di coinvolgimento degli studenti, essa ha mantenuto viva in quel contesto drammatico la relazione didattica e umana tra insegnanti e alunni, in un momento di estrema difficoltà.
La DDI è un supporto complementare
Oggi, la didattica digitale per i docenti e per gli studenti sembra quasi un tabù, proprio perché il suo richiamo porta con sé il peso di quel periodo difficile. Eppure tutte le scuole italiane dispongono ancora di un Piano per la Didattica Digitale Integrata (DDI) predisposto e votato collegialmente e integrato al PTOF allo scopo di garantire la prosecuzione delle attività didattiche anche a distanza in situazioni emergenziali. Le Linee guida ministeriali del 2020[1], pubblicate a valle dell’emergenza pandemica, delineavano già le modalità operative e i criteri specifici per organizzare la DDI come supporto complementare alla didattica in presenza. Ma perché allora non si attiva questa risorsa in caso di chiusure per emergenze, come quelle climatiche, che fanno perdere numerosi giorni di scuola? Un esempio recente è quello di Bologna, dove a causa del maltempo si sono perse quattro giornate ravvicinate di lezione su un mese e mezzo di scuola.
Non è un’alternativa alla scuola in presenza
A livello istituzionale, la DDI viene considerata, dunque, come una possibilità complementare e non sostitutiva della didattica in presenza. Secondo le linee guida, la DDI è pensata per essere integrata al de visu prevedendo che le scuole siano in grado di attivarla all’occorrenza per garantire continuità in situazioni eccezionali, assicurando la mediazione didattica quotidiana. È assodato che garantire la scuola anche attraverso modalità online non significhi necessariamente proporre video lezioni frontali in maniera trasmissiva per l’intero orario scolastico. Significa, invece, prevedere attività asincrone e percorsi autonomi per gli studenti, stimolare la creatività e la collaborazione a distanza, promuovere occasioni per favorire la lettura profonda, percorsi di indagine e ricerca o attività di problem solving. Sono queste le attività possibili, ma devono essere predisposte in maniera accurata. Possono essere, per esempio, accompagnate da “sportelli” a distanza, possono essere sviluppate e valorizzate mediante piattaforme didattiche condivise; naturalmente tutte devono essere monitorate. È necessario cioè proporre attività a distanza che non ricalchino le modalità della presenza, ma che permettano di valorizzare e rendere prezioso quel breve tempo di distacco fisico, approfondendo magari temi di carattere trasversale, di educazione civica, ambientale, storico, scientifico… Si possono realizzare occasioni di ripasso e approfondimento, favorire la creazione di testi, immagini, video, elaborati digitali, proporre anche attività sfidanti come le Escape room didattiche[2] o Game based learning (GBL)[3].
Nello specifico, il documento ministeriale suggeriva (e suggerisce), infatti, alle scuole di organizzare le attività digitali con equilibrio tra lezioni sincrone e asincrone, in modo da preservare un contesto formativo inclusivo e personalizzato, adeguato alle esigenze degli studenti e, in particolare, degli studenti con fragilità. Per altro, la possibilità di seguire le attività didattiche anche dal proprio domicilio, è una strategia che tutte le scuole utilizzano nei confronti degli studenti costretti a rimanere a casa per condizioni di salute compromesse. Non a caso, uno degli obiettivi fondamentali della DDI è proprio l’inclusione: le scuole devono operare per rispondere ai bisogni educativi speciali degli studenti, anche garantendo la didattica in periodi di chiusure emergenziali.
È una opportunità per l’apprendimento significativo e la collaborazione
Nel modello italiano la DDI però rischia ancora di restare un rifugio sicuro, ma statico, che ripropone schemi didattici frontali, sebbene il digitale offra una vasta gamma di applicazioni per creare elaborati di qualità, come podcast, blog, video o presentazioni. La DDI dovrebbe offrire uno spazio di sperimentazione e co-creazione, in cui gli studenti possano lavorare in gruppo anche a distanza, condividendo documenti e materiali. Un insegnamento interattivo e dinamico, per esempio, potrebbe basarsi su un mix di attività sincrone e asincrone: videolezioni per introdurre i temi da trattare, esercitazioni di gruppo, laboratori a distanza, momenti di peer learning e project-based learning. In questo modo, le ore di lezione diventano parte di un percorso più ampio in cui quello che si fa in presenza può serenamente essere integrato con quello che si fa a casa in autonomia o a piccoli gruppi. Non è quindi, come spesso accade, un mero computo di ore da far corrispondere a quelle che si passa a scuola.
Le Linee guida stabilivano (e stabiliscono) che ogni scuola deve individuare piattaforme digitali e spazi di archiviazione sicuri, dove i materiali didattici e le attività proposte possano essere facilmente reperibili da parte di studenti e docenti. Suggeriscono anche l’utilizzo di repository per salvare le lezioni registrate, fornendo agli studenti uno strumento prezioso per riprendere o approfondire autonomamente le tematiche trattate in classe. Tale sistema garantisce un’accessibilità didattica che favorisce anche l’autonomia e la responsabilità dello studente nella gestione dell’apprendimento, permettendo anche lo sviluppo delle competenze digitali necessarie afferenti a tutte le aree del Digcomp 2.2[4] e riconducibili agli obiettivi di cittadinanza digitale descritti anche nelle nuove Linee guida per l’insegnamento dell’Educazione civica[5].
È uno strumento di continuità
In un contesto culturale dove il rinvio di una partita di calcio mobilita più dibattiti e titoli sui giornali rispetto ai giorni persi di scuola, emerge la necessità di una riflessione profonda. Come mai in Italia la scuola e la continuità didattica non sono considerate mai una priorità in caso di eventi emergenziali o di elezioni? Questa domanda, più che costituire una critica, evidenzia la visione che spesso si ha dell’istruzione: un bene che può essere interrotto senza conseguenze significative. Invece la continuità didattica, oltre ad essere un diritto e un dovere, è ancora più preziosa proprio per quegli studenti maggiormente in difficoltà, con bisogni educativi e necessità maggiori. Ecco perché la DDI dovrebbe rappresentare una naturale risorsa integrativa, una possibilità pronta all’uso, organizzata preventivamente e responsabilmente dalle scuole, proprio per preservare e garantire i tempi di apprendimento a tutti gli studenti. Per le autorità dovrebbe costituire una risorsa da attivare con consapevolezza ed immediatezza nei momenti critici in cui si rende necessario prendere decisioni per la sicurezza dei cittadini e per la salute pubblica.
Certamente, l’integrazione digitale nelle scuole deve avere un approccio flessibile, deve essere ben pianificata utilizzando modalità innovative di apprendimento cooperativo, flipped classroom e altre strategie che puntino a stimolare il protagonismo degli alunni e ad evitare che il tempo di chiusura scolastica si trasformi in tempo perso.
Ma è anche una risorsa sottovalutata
La pandemia ci ha insegnato l’importanza della flessibilità e della resilienza nel sistema educativo. Se si ignorano le possibilità offerte dalla DDI, oggi, si rischia di trascurare un’eredità preziosa e di lasciare irrisolti molti problemi, quando invece la scuola italiana ha ancora la possibilità di affrontarli con strumenti moderni e accessibili. Il nostro sistema scolastico ha fatto un grande passo avanti con l’introduzione della didattica digitale integrata: è ora tempo di considerarla non come una minaccia, ma come un’opportunità, anche per fronteggiare le possibili situazioni critiche in modo costruttivo e proattivo. Oggi la stragrande maggioranza delle nostre scuole è assolutamente in grado di garantire in modo strutturato ed efficace la didattica digitale integrata in caso di sospensione delle attività in presenza. Tutte le scuole dispongono delle piattaforme necessarie e delle competenze didattiche e tecniche adeguate, tali da assicurare la continuità dell’apprendimento. Occorre che i sindaci ed i prefetti ne siano consapevoli e non sospendano le attività didattiche in caso di calamità, ma dispongano la chiusura delle scuole. In tal modo sarà possibile, anche sul piano normativo, attivare percorsi a distanza e considerare i giorni in cui fisicamente non si va a scuola come giorni in cui si lavora, si apprende e si dà continuità al lavoro in presenza.
[1] Allegato A: Linee guida per la Didattica digitale integrata.
[2] È un gioco virtuale o reale il cui obiettivo principale è riuscire ad evadere da una stanza entro un tempo massimo, risolvendo enigmi di vario genere. Nella didattica può essere utilizzato per coinvolgere gli studenti in un percorso immersivo. Con le Escape Room è possibile sviluppare diverse competenze, sia di carattere disciplinare (identificare un luogo su una mappa dopo aver decifrato le coordinate geografiche), sia trasversali (soft skill come: lavorare in gruppo, risolvere problemi, prestare attenzione ai dettagli, saper comunicare, resistere nelle situazioni stressanti).
[3] Con Game-Based Learning si intende l’apprendimento realizzato attraverso l’uso di giochi o videogiochi che, nati come strumenti di intrattenimento, possono diventare preziosi per raggiungere obiettivi educativi.
[4] DigComp 2.2. Il Quadro delle Competenze Digitali per i Cittadini con nuovi esempi di conoscenze, abilità e attitudini.
[5] L’Educazione Civica. Un percorso per formare cittadini responsabili.
Fonte: Gabriele Benassi | Scuola7.it