Ora la loro avvocata argentina dice alla Rai che non c’è stato alcun scambio di denaro, che la madre surrogata voleva imbarcarsi con quella coppia, conosciuta grazie a sua sorella, per visitare Venezia, ma che tutti sono al momento impossibilitati a tornare in Italia perché in quanto vittime stanno collaborando all’inchiesta sulla tratta dei bambini che vede coinvolta la loro agenzia di intermediazione.
La farsa della maternità surrogata continua, questa volta con due omosessuali italiani bloccati in Argentina dopo aver commissionato a una ragazza poverissima una neonata. Per l’irrisoria cifra di 5.500 dollari, assicuravano tutti i giornali che lo scorso 30 ottobre si sono occupati della notizia con un’unica missione: confondere le acque tra la “legge Varchi” (che introduce il reato universale per la maternità surrogata) e il caso di questi “papà eroi”.
Gli italiani sono «vittime di un raggiro» (e della Meloni, ovviamente)
Il solito Riccardo Magi si è affrettato a colpevolizzare l’assenza di una “Gpa solidale” legale, come se la criminalità organizzata argentina fosse un destino inevitabile per chi “desidera” un figlio a tutti i costi. E ha accusato il governo Meloni di non offrire soluzioni “sicure”, solo moralismo e giustizialismo.
Nulla a che vedere con i desideri di Fabio e Gaetano, rispettivamente oncologo e infermiere, «vittime di un raggiro di chi specula sui sentimenti, di un’incomprensione o, peggio, di un inganno da parte di chi avrebbe dovuto aiutarli e fornire garanzie», ha scritto la Stampa. Che per bocca di “chi li conosce bene” li ha descritti come vittime di un complotto internazionale: «Persone serissime, stimate, che per amore si sono ritrovate in una truffa più grande di loro, vittime di un terribile raggiro. In questa faccenda non c’entrano nulla. Due medici con un gran curriculum alle spalle».
Affittare un utero in un paese sotto indagine per traffico di esseri umani
Come se l’ignoranza o la decisione di affidarsi a un’organizzazione opaca in un paese noto da un anno per le indagini in corso sullo sfruttamento della surrogata e il traffico di esseri umani, potesse essere spazzata via da un curriculum impeccabile («in alcuni casi i bambini vengono “acquistati” con una procedura “chiavi in mano” – si stupisce ora il Corriere – ci sono agenzie che permettono il pagamento di donne che vendono i loro neonati a persone che non conoscono e che non hanno apportato alcun contributo genetico al nascituro»).
La narrazione è diventata ancora più grottesca quando l’immancabile avvocato Alexander Schuster ci ha avvertiti che con la “legge Varchi”, perfino giudici della Corte Suprema americana come Samuel Alito potrebbero finire incriminati, «persone che veramente desiderano la genitorialità lasceranno l’Italia», «rinunciando magari anche alla cittadinanza italiana».
La surrogata: disoccupata, una figlia a carico, in condizioni di estrema fragilità
Sono passati pochi giorni e la notizia non è che gli stimatissimi Fabio e Gaetano hanno scelto deliberatamente il paese più economico per la loro operazione evitando nazioni dove la pratica è regolamentata. Non è che abbiano volutamente partecipato a quel turismo procreativo che gli stessi difensori della Gpa trovano esecrabile (Fabio, con un solo viaggio in Argentina nel 2023 e nessun rapporto con la madre, è il padre biologico della bambina). Non è – come attestano le fonti della Nacion diversamente dalla versione dell’avvocata – che i due hanno mentito alle autorità e coinvolto una ragazza disoccupata, con una figlia a carico e in una condizione di estrema fragilità sociale a fare lo stesso (qui la dinamica del fermo e la confessione della donna reclutata su un social network). No, la notizia è che sarebbero vittime della criminalità, del vuoto normativo argentino e del governo Meloni.
«Senza nostra figlia non ce ne andiamo», ha promesso la coppia tenace ai giornali. Per loro è un momento «magico», ha scritto Repubblica. E giuridicamente, secondo l’avvocato Paniz, non rischiano nulla: la bambina è nata prima che la legge Varchi potesse toccarli. Adriano Sofri sul Foglio ci ha ammonito che non tutto merita un’opinione: occupare i corpi di 200 mila donne per risolvere i problemi di sterilità di 70 mila coppie etero e 40 mila coppie omogenitoriali per risolvere la denatalità in Italia, questa sì che sarebbe una cosa a cui pensare.
La maxi inchiesta sulla maternità surrogata in Argentina
In Argentina è in atto da un anno una mega stretta sulla surrogata. L’indagine è iniziata a gennaio quando una donna tedesca di 58 anni ha portato un neonato di tre mesi in «pessima salute» al pronto soccorso di un ospedale di Bonn. Se lo era procurato affittando un utero in Argentina. È il “caso uno”, un team di procuratori scopre e incrimina, con l’accusa di tratta di esseri umani e compravendita di bambini, una organizzazione internazionale: reclutavano «donne vulnerabili in condizioni di deprivazione economica» sui social media. 147 fascicoli esaminati, perquisite decine di strutture, tra cliniche per la fertilità, studi notarili e legali.
L’inchiesta si allarga poi da Buenos Aires a Rosario a Cordoba. Non solo. Il 22 ottobre, la Corte Suprema di Giustizia respinge la legittimazione di un contratto di maternità surrogata analogo a quello di Fabio e Gaetano. E chiarisce, dopo 20 anni di dibattito, che non c’è alcun vuoto giuridico dato da una mancata regolamentazione: madre è colei che partorisce. E non è possibile regolare le modalità di determinazione della paternità e della filiazione con accordi e provvedimenti di giustizia civile (come accadeva fino ad oggi: a Buenos Aires bastava sottoscrivere un contratto in uno studio notarile perché la madre biologica cedesse a terzi la proprietà del bambino).
L’osceno mercato dell’utero in affitto. E la farsa della surrogata solidale
Chiarito cosa è la surrogata in Argentina e perché gli stimati professionisti del settore sanitario dovrebbero pensarci due volte prima di andarci a fare shopping di figli, ricordiamo anche cos’è diventata nei paesi civili che la regolamentano: l’incubazione e l’acquisto effettivo di bambini dopo un’attenta selezione dei loro componenti. Questa definizione di Julie Bindel piacerebbe alla direttrice della Growing Generation di Los Angeles, Kim Bergman («Ci vogliono quattro elementi per fare un figlio: ovulo, sperma, utero e una casa») e alle sue civili surrogate («io faccio il forno»). In California, dove la maternità surrogata a scopo di lucro è pienamente sdoganata non ci sono “poveri” e “sfruttamenti” bensì “adulti consenzienti” e “banchetti d’amore”. I giornali dicono lo stesso anche dell’Ucraina, dove si stoccano i bambini negli hotel o nei bunker in attesa di pagamento e consegna.
Altrove ci si può procacciare un figlio a chilometro zero, grazie a un’amica altruista, o ordinare il bambino dei sogni, grazie a un intermediario che lautamente pagato propone i migliori spermatozoi, ovuli e uteri presenti sul mercato. Si può scegliere il sesso, la razza, le caratteristiche biologiche e come abbiamo raccontato nel pezzo di copertina di Tempi di novembre (sfogliabile qui), anche il quoziente intellettivo. Si può anche produrre nipoti con lo sperma del figlio morto. C’è chi offre garanzie legali per i feti difettosi che devono essere abortiti. Tutto questo piacerebbe anche ai nostri alfieri della Gpa solidale: la vera differenza tra surrogata altruistica o commerciale è che il “pagamento” viene chiamato “rimborso spese” e la compravendita “atto d’amore”. Se Ana Obregón ha commissionato sua nipote a una surrogata americana, Cecile Eledge ha partorito molto altruisticamente la sua, concepita in vitro con i gameti di suo figlio, omosessuale, e della sorella del suo compagno, mentre Hollie Summers ha partorito sua sorella.
Cosa significa “donare” un figlio. Un essere umano, cioè uno schiavo
Regolato o meno, il mercato dei bambini non conosce confini: dall’Ucraina alla California, dalle “fattorie” nigeriane (alla New Life Conceptual Limited, con sede a Lagos, si parla come a Los Angeles: «Per creare un bambino servono quattro ingredienti: un ovulo, uno spermatozoo, un utero in cui crescere e una famiglia in cui tornare a casa. Hai l’ultimo ingrediente, ma hai bisogno di un posto in cui far crescere il tuo bambino, ed è per questo che sei qui») al Canada, dove la surrogata solidale ha trasformato le donne in vere e proprie “operaie della gravidanza, si moltiplicano domande e offerte.
Perché donare il “dono della genitorialità” a chi non riesce ad avere figli come vorrebbero i Magi, i Sofri, i giornali e i professionisti con grandi curricula alle spalle significa molto grettamente “donare” un figlio. Un essere umano. E gli esseri umani non si donano, non si scambiano, non si comprano e non si vendono. A meno che siano schiavi. Siamo stufi marci di scrivere che quella che viene inseminata e partorisce è una madre e che quello che esce dal forno assemblato come un lego è un figlio. Che esiste una vita prenatale e strapparla non è un atto di amore ma un atto di forza. È questo a fare del caso argentino non un’eccezione, bensì la regola nel disumano mercato di esseri umani.
Fonte: Caterina Giojelli | Tempi.it