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Riflessioni sull’autorità

Note a margine della voce “Autorità” di Augusto del Noce (voce dell’Enciclopedia del Novecento della Treccani).

Nell’ambito del panorama culturale della destra italiana, alla ricerca di solidi punti di riferimento per costruire una propria identità liberal-conservatrice, la figura di Augusto Del Noce, filosofo, intellettuale e politico di matrice cattolica del ‘900, dovrebbe assumere un ruolo di primissimo piano stante la sua indiscussa levatura culturale. Tuttavia, tanto è prestigiosa la sua figura quanto è poco conosciuta fuori dal circuito accademico, e questo non solo nell’ambito culturale della sinistra italiana, che ha sempre considerato Del Noce sostanzialmente un reazionario in linea di continuità con De Maistre, ma anche all’interno degli ambienti della destra, dove è stato per lo più ignorato, in quest’ultimo caso, forse, perché del tutto estraneo a qualsivoglia legame con il fascismo o il post-fascismo, che, inevitabilmente, ha inciso sulla cultura della destra italiana del ‘900.

Quest’anno, tuttavia, è possibile notare un rinnovato interesse alla divulgazione  del pensiero e delle opere di Augusto Del Noce. Infatti, è uscito nelle librerie da qualche settimana l’opera di Luciano Lanna “Attraversare la modernità. Il pensiero inattuale di Augusto Del Noce” (con prefazione di G. Marramao), che contiene in appendice, tra l’altro, un testo inedito di Del Noce del 1961, in cui il filosofo torinese è riuscito a riassumere in una sintesi unitaria la direttrice della sua ricerca accademica.

Qualche mese prima, inoltre, è stato pubblicato dall’istituto Treccani la voce “Autorità” dell’Enciclopedia del Novecento, opera prestigiosissima edita tra il 1975 e il 1990, alla quale collaborarono studiosi da ogni parte d’Europa, tra cui 21 premi Nobel, e attraverso la quale l’istituto Treccani volle impegnarsi “..nell’impresa di sistematizzare il cosiddetto secolo breve – secondo la ben nota formula di Eric Hobsbawm – così denso di cambiamenti, tragedie, speranze, idee e ideologie[1].  Si tratta di un pamphlet di circa 80 pagine, che, malgrado il linguaggio a sfondo filosofico non sempre facile per chi ha una conoscenza scolastica della filosofia, è tuttavia molto chiaro nel nucleo centrale del pensiero espresso, ossia evidenziare, con un anticipo di 50 anni, l’essenza della nostra società post-moderna, caratterizzata drammaticamente dal dissolvimento del concetto di autorità, che riguarda indistintamente lo Stato, la famiglia, la scuola, nonché anche la Chiesa cattolica. Addirittura, nell’incipit del testo, che risale al 1975, è già sintetizzato il concetto base del pensiero di Del Noce, che scrive: “ L’eclissi dell’idea di autorità e tra i tratti essenziali del mondo contemporaneo: ne è anzi, certamente, il tratto più immediatamente percepibile ….”, e ancora in altro passaggio sostiene che: “… la scomparsa dell’autorità deve essere vista come il termine ultimo del pensiero progressista, che si presenta, appunto, come processo di liberazione dall’autorità teologica o umana, trascendente o empirica…..Appare chiaro quale sia l’avversario ideale e ultimo della rivoluzione che vuole portare alla scomparsa dell’autorità. È l’unità greco-romano-cristiana, quale ha trovato la sua espressione nella Chiesa cattolica tradizionale”. Parole chiare e inequivoche, che oggi appaiono profetiche, anche se, forse, già nel 1975, nel pieno della rivoluzione cd. sessantottina, non era poi così difficile immaginare il futuro declinante della società occidentale, almeno per quanto riguarda il concetto di autorità[2]. Anche in queste poche frasi emerge che la grandezza di Del Noce sta già solo nella sua provocatoria “inattualità”, come sottolineato nel citato testo di Luciano Lanna, senza  deflettere  per il  timore, tipico degli intellettuali di modesto spessore, di essere emarginati dal pensiero dominante del proprio tempo.

Come si è arrivati a questo risultato, ossia l’eclissi dell’idea di autorità nella società occidentale? Per Del Noce ciò è avvenuto attraverso il maggiore tra i rovesciamenti che siano stati operati nella storia, che parte dal ribaltamento del significato lessicale del termine, dato che l’etimologia della parola Auctoritas deriva da augere, “far crescere, accrescere”. Così il genitore usa la sua autorità per aiutare il figlio a crescere moralmente, trasmettendogli i valori della società tradizionale che gli consegna nell’unità di generazione e di educazione; secondo l’Autore «…padre e madre sono veramente autori in senso fisico, attraverso la generazione fisica, nonchè “auttori” – nel significato che Vico dà a questo termine – attraverso l’educazione intesa come processo di elevazione dalle esperienze immediate dello spirito, all’apprendimento dell’ordine dei valori…..L’idea di famiglia è, infatti, inseparabile dall’idea di tradizione, da un patrimonio di verità da tradere, da consegnare». Al pari nella scuola «… la presa di coscienza, cui il maestro deve condurre, consiste sia nel far emergere quelle verità-valori che sono eterne e dal riconoscimento delle quali – anche in senso trascendentale – ha tratto significato la civiltà…  La riduzione della tradizione a mero passato, a quel che non è più, spiega la frequente critica di nozionismo (trasmissioni di nozioni morte) rivolta all’insegnamento tradizionale; anche questa polemica e la contestazione nella scuola ad essa legata non si spiegano che in rapporto all’eclissi dell’idea di autorità». Ed infine descrive la crisi dell’autorità della Chiesa cattolica, che secondo del Noce «… trova la sua radice nella ricerca della riformulazione del cristianesimo in una concezione filosofica, in cui non c’è posto per l’idea di autorità….la centralità del tema dell’autorità si trova pure confermata negli esiti più sconcertanti del nuovo modernismo religioso, nella cosiddetta teologia della “morte di Dio”, punto di arrivo della rivoluzione nella teologia”.

Il ribaltamento del significato più vero e profondo del termine Auctoritas consiste nell’attribuirgli il significato di potere, che però, i classici definivano con altro termine potestas. Del Noce afferma senza mezzi termini che: «Le conseguenze filosofiche della confusione tra autorità e potere sono incalcolabili». Richiama a tal proposito il pensiero di Renè Guénon[3], sintetizzando così il suo pensiero: «Per Guénon la crisi del mondo moderno è essenzialmente crisi metafisica. La negazione dell’autorità non è un momento o una conseguenza del razionalismo; è, invece, una sua condizione, come rifiuto di un ordine sovrumano e di una facoltà di conoscenza superiore alla ragione individuale. Per cui il termine “potere” evoca nell’uomo moderno soprattutto l’idea di una forza materiale, che lo sovrasta e lo opprime; «…al contrario l’autorità spirituale interiore per essenza, non si afferma che di per se stessa, indipendentemente da ogni appoggio sensibile». Di questa definizione di autorità, che Del Noce giudicava tra le più efficaci, egli accoglieva in particolare la differenza di piano tra i due concetti: il potere afferisce al mondo materiale ed è esemplificato dal rapporto tra servo e padrone, mentre l’autorità è legata alla sfera dell’interiorità e quindi «il problema delle autorità e di fatto rapporto tra l’uomo e l’invisibile»[4].

Da questa sovrapposizione di concetti, in verità, assai distanti, come visto anche dal punto di vista etimologico, nasce la “lotta” della rivoluzione, che parte dell’illuminismo, contro ogni forma di autorità, volta a negare, inevitabilmente, ogni forma di verità di ordine sovraumano, fatta salva la fede assoluta nei riguardi della scienza, di cui l’Autore mette in guardia il lettore di fronte al rischio incombente della concezione totalitaria della scienza, denominata dal Del Noce come “scientismo”, pensiero che «…. si presenta come l’unica conoscenza vera, ogni altro tipo di conoscenza non esprimendo, secondo tale veduta, che delle reazioni soggettive…. ».

La conclusione del ragionamento di Del Noce può apparire quasi paradossale, dato che egli afferma che l’eclissi dell’autorità porta con sé i germi del totalitarismo. Scrive l’Autore che: «….fondamento dei totalitarismi e la negazione dell’universalità della ragione, per cui ogni opposizione non esprimerebbe istanze razionali, ma nasconderebbe interessi di classe o di razza. Se si riflette sul rapporto tra autorità ed evidenza, si vede che la negazione delle due nozioni non può portare che alla persecuzione di chi dissente. Il totalitarismo è il risultato, quindi della negazione dell’autorità, prima ancora che della libertà».

Tra le tante citazioni, soprattutto di grandi pensatori e filosofi del ‘800 e ‘900, manca, a mio modestissimo avviso, il richiamo all’opera di Platone, anche lui annoverato tra i massimi esponenti del pensiero, che ai giorni nostri, verrebbe definito “antimoderno”. Mi permetto, quindi, di fare una personale citazione di un brano molto conosciuto di Platone (tratto dalla Repubblica, libro VIII) che conclude (incredibilmente) nel medesimo modo del pamphlet di Del Noce, svolgendo considerazione, apparentemente del tutto analoghe, anche se, ovviamente, mancanti dell’approdo religioso proprio della filosofia delnociana. Il filosofo greco scriveva: «Quando un popolo, divorato dalla sete di libertà, si trova ad avere dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino ad ubriacarsi, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati tiranni. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato; che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui; che i giovani pretendano gli stessi diritti, la stessa considerazione dei vecchi, e questi per non parere troppo severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo né rispetto per nessuno. In mezzo a tanta licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia». La tesi del totalitarismo (Del Noce) e/o della tirannia (Platone) come conseguenza dell’eclissi dell’autorità o dell’eccesso di libertà, è una tesi suggestiva, che meriterebbe un approfondimento storico (che ovviamente non è possibile svolgere in questa sede) per verificare in quali contesti socio-culturali si sono affermati nella storia dell’umanità i regimi totalitari di destra e di sinistra.

Di certo, gli spunti che possono essere tratti dallo scritto di Del Noce appaiono di grande spessore per riflettere sulla moderna società occidentale, destrutturata in sostanziale rifiuto di ogni autorità, e per interrogarci se essa rappresenti una reale prospettiva di liberazione degli esseri umani da ogni forma di coercizione e oppressione, oppure solo un’illusione a cui siamo abituati a convivere.

Fonte: Giuseppe Marra | CentroStudiLivatino.it


[1] Così nella prefazione del citato testo “Autorità” a cura di Massimo Bray.

[2] Per approfondire l’analisi delnociana del cd. Sessantotto si veda il testo d L. Del Pozzo, Filosofia cristiana e politica in Augusto Del Noce, Roma, 2019, in parte riportato nell’articolo di L. Del Pozzo, In memoria di Augusto Del Noce (che aveva capito tutto già trent’anni fa),edito su Tempi il 30 dicembre 2019.

[3] R. Guenon in Autorità spirituale e potere temporale, Milano, 1973.

[4] Così nella prefazione del testo, pag.18.

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