Non solo ambiente di affetti determinati dalla parentela: il nucleo familiare contribuisce a costruire la società
La connessione tra economia e famiglia ha origini antiche, già chiaramente espresse nell’etimologia della parola “economia”. Derivata dal greco oikonomia, il termine unisce oikos (casa) e nomos (regola, gestione), indicando letteralmente “la gestione della casa”. Questa radice storica riflette l’idea originaria che l’economia sia l’arte di organizzare le risorse all’interno della famiglia e di garantire il benessere domestico attraverso l’equilibrio tra produzione e consumo. Tuttavia, con l’avvento della scienza economica classica a partire da Adam Smith, il legame tra economia e famiglia si è progressivamente affievolito. L’economia classica ha infatti concentrato la propria attenzione sulle dinamiche di mercato e sulle decisioni individuali di consumo e produzione, relegando la famiglia a un ruolo marginale. La famiglia è stata a lungo ignorata come oggetto di analisi, si pensi che ancora oggi nelle prime lezioni dei corsi di economia si mostra agli studenti il famoso diagramma del flusso circolare di Cantillon, che rappresenta l’economia come uno scambio tra imprese produttrici e famiglie consumatrici e che vede la famiglia al più solo come un’entità che contribuisce attraverso il lavoro salariato e il risparmio, senza riconoscerle un ruolo attivo nella produzione di valore.
Inoltre, l’individualismo metodologico tipico dell’economia neoclassica ha accentuato questa tendenza. L’economia ha privilegiato l’analisi dei singoli individui come agenti razionali, portati a massimizzare la propria utilità e a fare scelte basate sul calcolo di costi e benefici. Questa impostazione ha finito per trattare le scelte familiari (come il matrimonio o la decisione di avere figli) come decisioni puramente individuali e funzionali all’interesse personale. Anche l’amore tra coniugi o tra genitori e figli è stato inquadrato in termini utilitaristici e competitivi.
Sebbene l’approccio standard abbia permesso di introdurre elementi importanti, come l’analisi del “surplus familiare” e la logica della “divisione del lavoro” in famiglia, ha anche evidenziato alcuni limiti profondi. La famiglia viene interpretata principalmente come un’unità di convenienza economica, con un focus sulla competizione tra i partner per l’accesso alle risorse e sull’interesse personale nella procreazione. Ciò ignora la complessità della dimensione affettiva e collettiva della famiglia, riducendo un fenomeno ricco di sfumature a una somma di scelte utilitaristiche individuali. L’economia civile, in netto contrasto con l’approccio neoclassico, considera la famiglia una comunità basata su valori di reciprocità, dono e generatività. Pierpaolo Donati individua questi concetti come chiavi di lettura fondamentali per comprendere la famiglia oltre il puro individualismo. Nella famiglia, infatti, non si opera solo per soddisfare interessi individuali, ma anche per costruire legami di sostegno e solidarietà che arricchiscono la comunità.
La generatività rappresenta la volontà di trasmettere vita e valori alle nuove generazioni. Essa va oltre la semplice procreazione: significa educare, formare e sostenere i figli in un percorso di crescita morale e sociale. La famiglia è quindi il luogo primario di coltivazione del capitale umano, contribuendo al futuro della società.
La reciprocità è il principio del mutuo sostegno tra i membri della famiglia, una forma di solidarietà che non si basa su scambi economici o calcoli, ma su un impegno reciproco che costruisce fiducia. Fraternità è l’altra parola della reciprocità. È questo spirito di reciprocità che rende la famiglia un luogo di sicurezza, dove ognuno può contare sul sostegno degli altri. Ed è la famiglia il luogo in cui si impara la fraternità per poterla estendere al mondo intero.
Infine il dono, che è l’essenza dell’amore familiare, un gesto gratuito che non si basa sul calcolo. È il tempo e la cura dedicati ai propri cari, senza aspettative di ritorno immediato. Questo atto di gratuità fonda la stabilità delle relazioni familiari e rafforza il senso di appartenenza e di comunità. E la carità è l’altra parola del dono, ed è solo imparando il dono nel contesto familiare che le comunità si rendono capaci di donare nei contesti più ampi.
La famiglia è il primo contesto in cui si apprende che la felicità personale è intrecciata a quella degli altri. Antonio Genovesi, uno dei padri dell’economia civile, sosteneva che «non si può far la nostra felicità senza far quella degli altri». Questo orizzonte di senso trova piena espressione nella famiglia, dove il benessere di ciascuno è legato a quello dell’intero nucleo ed in particolare dei figli
E proprio sui figli, l’economia civile offre uno sguardo originale: i figli rappresentano non solo un bene privato per i genitori, ma un bene comune per l’intera società. Essi incarnano il capitale umano futuro, indispensabile per la sostenibilità economica e sociale. L’educazione e la cura dei figli, responsabilità primaria della famiglia, generano benefici che si estendono a tutti: i figli di oggi diventeranno i cittadini, i lavoratori e gli innovatori di domani. La società intera guadagna da una generazione futura ben educata e capace di contribuire al bene comune. In quest’ottica, la famiglia si configura come luogo di produzione di un bene pubblico, giustificando interventi di supporto e politiche familiari volte a riconoscere l’impatto positivo che i figli e la loro formazione hanno sulla collettività.
La famiglia, quindi, non è solo un luogo privato di affetti, ma anche una scuola di umanità, capace di educare alla felicità condivisa e alla costruzione del bene comune, valori essenziali per una società civile.
La famiglia, in conclusione, è molto più di una semplice unità di consumo o un insieme di individui che fanno scelte di utilità. Essa rappresenta un ambiente di generatività, reciprocità e dono, un contesto di relazioni umane autentiche che trascendono il calcolo economico e arricchiscono la società. L’economia civile, con la sua attenzione ai valori relazionali, alla coesione sociale e al bene comune, offre una prospettiva preziosa e realistica per comprendere il ruolo unico della famiglia.
Fonte: Matteo Rizzoli | Avvenire.it