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Un mondo che nasce in un mondo che muore. L’Occidente e i suoi nemici

Aggredito dalla “cancel culture”, l’Occidente ha anche nemici esterni. E’ giusto difenderlo?

Durante un incontro per giovani formatori di Alleanza Cattolica mi è stata rivolta questa domanda: perché difendiamo l’Occidente, che oggi sta morendo, mentre sta nascendo in esso un mondo nuovo? La domanda è seria e fondata.

La morte della Cristianità occidentale è stata evocata tante volte da Giovanni Cantoni con l’immagine della “balena spiaggiata”, che voleva significare come quella civiltà, sorta attraverso la prima evangelizzazione, fosse ormai scomparsa, benché potesse restare in agonia per molto tempo. Ma, aggiungeva Cantoni, la sua agonia comporta la fine di una civiltà, non la fine del mondo, che continua anche se non più ispirato al Vangelo.

È in questo mondo contemporaneo, l’Occidente senza le sue radici, come potremmo definirlo, che nasce un mondo nuovo, piccolo seme chiamato a una “nuova evangelizzazione”, come insegna almeno da Pio XII il Magistero della Chiesa.

Ecco perché il mondo in cui viviamo, il mondo contemporaneo, non deve mai essere abbandonato, ma anzi, come scriveva san Paolo VI, deve essere oggetto di una simpatia particolare, come quella riservata ai gravemente ammalati, agli agonizzanti. Ciò che dobbiamo amare, con ogni evidenza, non è la malattia che lo sta uccidendo, ma ciò che rimane nonostante il morbo letale: la memoria delle origini, la presenza missionaria di un piccolo resto, cioè la Chiesa di Cristo, coloro che stanno cominciando a capire che dalla morte dell’Occidente può emergere un mondo ben peggiore, privo anche di quelle tracce sopravviventi di libertà e di rispetto della dignità della persona che, benché siano valori ereditati dalla prima evangelizzazione, rimangono in qualche modo ancora visibili nell’Occidente odierno.

Ecco perché, per rispondere alla domanda iniziale, l’Occidente va ancora difeso, come è stato nei secoli delle invasioni islamiche e, prima ancora, di quelle barbariche. Va difeso con la forza, se necessario, ma soprattutto con la missione volta alla conversione, come avvenne appunto con i barbari e, speriamo, possa avvenire con i musulmani di oggi, come avvenne con la Guerra fredda, che terminò felicemente con la sconfitta del comunismo nel 1989.

L’Occidente va difeso certamente da quel processo di autodemolizione oggi rappresentato dalla cultura woke o dalla cancel culture, ma va difeso anche dai suoi nuovi nemici esterni. La Chiesa certamente saprà far nascere nuove cristianità dall’evangelizzazione in Africa e in Asia, ma quanto nato e cresciuto all’ombra delle cattedrali romaniche e gotiche, e poi del barocco europeo, è un patrimonio per tutta l’umanità, come ha spiegato Benedetto XVI a Ratisbona. E di quel patrimonio, che dobbiamo amare se non altro perché ci ha permesso di ricevere la fede che professiamo, rimangono tracce ancora oggi che meritano di essere difese.

Il momento storico è drammatico. La guerra, e la guerra nucleare, non è mai stata così vicina, se non forse negli Anni ‘80 del secolo scorso. Allora venne scongiurata dalle preghiere e dal sangue dei martiri, compreso quello di san Giovanni Paolo II, come ci ha mostrato la terza parte del messaggio di Fatima. Ma proprio quel messaggio mariano, che continua a Medjugorje, ci ricorda che la stagione del martirio non è finita e che il trionfo del Cuore immacolato di Maria verrà, ma non è ancora presente.

E allora speriamo e preghiamo, auspicando la conversione di tutto il mondo, ma difendendo il nostro mondo occidentale da ogni ingiusta aggressione.

Fonte: Marco Invernizzi | AlleanzaCattolica.org

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