Perché siamo così irrazionali? Meglio: perché siamo così prevedibilmente irrazionali? E’ la domanda che si pone (e ci pone) Dan Ariely, professore di psicologia e di economia comportamentale alla Duke University e membro fondatore del Center for Advanced Hindsight. Intervenuto nei giorni scorsi a Milano al Leadership Forum – evento dedicato ai temi della leadership e del management – Ariely evidenzia a L’Economia civile che molto, quando si parla di irrazionalità, ha a che fare con la nostra stessa evoluzione, ma non solo. “La mente umana si è evoluta in ere molto diverse da quella attuale – sottolinea -. Per migliaia di anni ci siamo sviluppati trovandoci di fronte a situazioni che non sono certo quelle davanti a cui ci troviamo oggi, come, per fare qualche esempio, il funzionamento delle criptovalute o il bilanciamento vita-lavoro. Semplicemente, non abbiamo quindi in molti casi i giusti strumenti per prendere sempre buone decisioni”.
Secondo Ariely, “una delle situazioni in cui i nostri comportamenti si rivelano maggiormente irrazionali è quando sono in gioco le emozioni: in quei contesti, molto più facilmente non teniamo conto delle conseguenze, puntando magari a soddisfazioni di breve termine, con una complessità di scelte che si rivelano non razionali”. Non è un caso, insomma, se marketing e pubblicità puntino proprio sulle emozioni nel momento in cui provano a far crescere il nostro impulso verso acquisti anche non razionali. Per l’esperto, uno dei momenti in cui noi tutti ci comportiamo in maniera totalmente irrazionale è davanti alla parola “gratis”: se tutto nella nostra vita è contrassegnato da un equilibrio tra costi e opportunità, l’opportunità di avere qualcosa gratuitamente elimina per il nostro cervello ogni aspetto negativo di una certa esperienza. “Che cos’ha di tanto irresistibile il costo zero? – si chiede l’autore – Perché la parola gratis ci rende tanto felici? Dopotutto quello che è gratis può farci finire nei guai: oggetti che non avremmo mai pensato di acquistare diventano incredibilmente affascinanti non appena diventano gratuiti! Per esempio, non avete mai raccattato penne, portachiavi e blocchetti per appunti alle conferenze e ve li siete portati a casa pur sapendo che sarebbero finiti quasi tutti nel cestino della carta straccia? Non siete mai stati in coda tanto tempo (troppo) per accaparrarvi, gratis, un cono gelato? Non avete mai acquistato due prodotti che non avevate in programma di prendere, solo per avere gratis il terzo?”.
Ariely ha di recente pubblicato una nuova edizione del suo libro Prevedibilmente Irrazionale (ROI Edizioni), rivista e ampliata dopo la sua prima pubblicazione negli Stati Uniti della crisi finanziaria del 2008. Nel capitolo conclusivo, Ariely raccoglie una serie di riflessioni e aneddoti e le proprie opinioni riguardo i mercati finanziari per comprendere le cause delle crisi e trovare soluzioni razionali per gestirle e uscirne. Il saggio, tra i classici dell’economia comportamentale, pone l’accento sull’irrazionalità umana e sulla distanza tra le nostre decisioni e un modello di comportamento “perfetto”, rivelandosi come un viaggio nei molteplici modi in cui manifestiamo la nostra irrazionalità e un aiuto per comprendere e spiegare razionalmente il nostro processo decisionale. Il libro di Ariely dimostra però che, nonostante la nostra irrazionalità, c’è una logica anche dietro i comportamenti più insensati.
Secondo l’esperto, per quanto riguarda nello specifico i leader, “essi sono ovviamente persone come le altre, ma maggiori e più importanti sono le questioni con cui ci si confronta, e maggiormente le scelte dovrebbero essere razionali: evitare di fare errori nel loro caso è certamente più sfidante”. Per Ariely, tra le scelte irrazionali di molte aziende c’è quella di considerare gli investimenti nelle persone che vi lavorano come un costo e non come un’opportunità, a differenza di quanto accade per gli investimenti negli impianti produttivi. Eppure, conclude l’esperto, “le aziende che trattano meglio i propri dipendenti sono quelle che hanno anche risultati maggiori sul mercato”. Provare, per credere.
Fonte: Paolo M. Alfieri | Avvenire.it