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Le campane e la cultura italiana

Premiata l’arte campanaria ma l’Italia rimane un Paese da evangelizzare. E servono ambienti sani dove trasmettere la fede

 

Comincio leggendo un dato di cronaca:

“Il 5 dicembre 2024 il Comitato Intergovernativo per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, nell’ambito della sua 19ma sessione tuttora in corso ad Asunción (Paraguay), ha proclamato l’estensione all’Italia del riconoscimento UNESCO dell’ ”Arte Campanaria tradizionale” come elemento del Patrimonio Culturale Immateriale”.

Una notizia del genere può fare sorridere qualcuno, per esempio quelli che raccolgono le firme per chiedere di sospendere o almeno attenuare un suono che dà loro fastidio. Però è indubbio che l’Italia è il Paese dei mille campanili, perché sono stati i campanili, e i relativi parroci, con i comuni spesso situati nella stessa piazza centrale dove si trovano le parrocchie del paese, a conservare le caratteristiche del Bel Paese e a segnarne l’identità. In Italia ci sono 7.896 Comuni, il 70% dei quali con meno di 5mila abitanti, che rappresentano dieci milioni di italiani, il 16,5% della popolazione. Forse anche questo dato rappresenta un baluardo contro l’individualismo.

Oggi l’Italia è una società plurale. Vi sono quelli che non apprezzano il suono delle campane perché hanno perso il legame con il “suono della domenica”, come intitola una canzone di Zucchero, vi sono quelli che professano altre religioni, ma vi sono anche quelli che continuano a fare suonare le campane e non sono soltanto le diverse associazioni di campanari, oggi particolarmente felici per il riconoscimento dell’Unesco. Insomma, di cristiani ce ne sono, una minoranza certo, ma proprio per questo bisognosa di essere educata a una identità forte, condivisa, che spesso manca perché non viene adeguatamente proposta dai Pastori.

Se è vero che l’Italia di oggi è un paese plurale, è altrettanto vero che la sua storia è profondamente intrisa di cristianesimo e di una cultura ispirata alla fede che la ha generata. Bene hanno fatto i parlamentari (prima firmataria sen. Lavinia Mennuni) a proporre un disegno di legge per tutelare il patrimonio culturale dell’identità italiana, che si manifesta (oltre che nel suono delle campane) nei presepi, nei crocifissi, nelle tante opere d’arte disseminate nella penisola, dove attirano la grande maggioranza dei turisti che attenuano la crisi economica con la loro presenza.

Infatti, il principio della libertà religiosa, a cui è bene che siano orientate le società plurali, non nega l’identità storica di un Paese, ma vuole soltanto permettere la libera espressione privata e pubblica da parte di tutte le minoranze religiose.

E noi, minoranza cattolica in un paese di tradizione cristiana, dove tutto il patrimonio artistico (oltre ai campanili) rimanda a una fede che non è più praticata dalla maggioranza della popolazione, che cosa dobbiamo fare?

È questo l’invito a una nuova o seconda evangelizzazione al quale siamo chiamati almeno dal pontificato di Pio XII. Non serve lamentarsi, scandalizzarsi, come qualcuno fa convinto di essere ancora in un Paese cristiano. E non basta nemmeno proteggersi con delle leggi apposite, come quella citata, anche se possono servire. Quel che serve è cambiare mentalità, diventare missionari a casa nostra, in ufficio, a scuola, nelle università e con la testimonianza della vita e l’inculturazione della fede diventare capaci di costruire ambienti, dove non ci sono più, o di rinnovare appunto in senso missionario quelli che già esistono.

Gli ambienti sono delle specie di corpi intermedi basati su un giudizio culturale condiviso e su una autentica e profonda amicizia. Sono frutto di buone relazioni tra famiglie e persone. Non ne esistono quasi più né nelle parrocchie, né nei partiti, spesso neppure fra amici ci si incontra spesso e volentieri. Una atmosfera di pessimismo e di depressione sembra diffondersi sempre più e toccare persone e famiglie, sempre più tristi e isolate. Di ambienti basati su relazioni sane e vitali c’è bisogno come dell’aria per respirare, perché è in essi che può essere trasmessa la fede, ai giovani soprattutto.

Ci vogliamo provare?

Fonte: Marco Invernizzi | AlleanzaCattolica.org

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