Si è sempre festeggiato il 25 dicembre, dalle feste pagane alla tradizione cristiana, con molte sorprese a cominciare da Babbo Natale
giorni non sono tutti uguali, basta ricordare con quale attenzione ricordiamo i nostri compleanni (almeno fino a una certa età) o gli anniversari affettivi cui siamo più legati. Ma ci sono giorni «speciali» per la grande maggioranza di noi. Se intendiamo con «noi» la nostra cultura e tradizione occidentale. Uno di questi è senz’altro il Natale.
Occasione di Festa. Il 25 dicembre di ogni anno si celebra la nascita di Gesù. È una delle feste più importanti della liturgia cristiana, preceduta dal periodo dell’avvento e centrale in un periodo festivo che normalmente culmina e si conclude con l’Epifania. La tradizione della nascita di Gesù viene fatta risalire al Nuovo Testamento e in particolare ai vangeli di Luca e Matteo. Ma non tutte le Chiese cristiane la festeggiano il 25 dicembre. Tutta colpa del calendario. Il 25 dicembre è senz’altro il giorno di Natale per quelle che seguono il calendario gregoriano. Altre Chiese cristiane, per esempio alcune di rito ortodosso, seguono il calendario Giuliano e quindi festeggiano la nascita di Gesù il 7 gennaio (con la differenza di 13 giorni che esiste fra i due calendari).
Quello che non sappiamo. Con precisione è impossibile stabilire la data di nascita di Gesù. I Vangeli di Matteo e Luca riferiscono solo che nacque «nei giorni del re Erode» senza dare indicazioni più precise. E mettendo comunque in crisi l’assunto che l’era moderna parta da quello che conosciamo come anno 1, visto che il regno di Erode (di cui non sappiamo molto) si sarebbe concluso nel 4 a.C. Discussione che non ha mai appassionato gli studiosi, come testimonia il sarcasmo di uno scrittore cristiano del terzo secolo, Tito Flavio Clemente, noto come Clemente Alessandrino, che tagliava corto: «Costoro non si contentano di sapere in che anno è nato il Signore, ma con troppa curiosità cercano anche il giorno!»
L’origine non solleva dubbi. Che Natale sia il giorno della nascita lo testimonia la parola stessa che ci arriva dal latino natale (m), «che riguarda la nascita», derivata del verbo născi «nascere». Alcuni dizionari segnalano l’eco di una radice indoeuropea *gen, da cui la famiglia del genere e del generare, presente nel latino e nel greco antico. Viene segnalata anche l’espressione diem natālem Christi, «giorno della nascita di Gesù» come origine, per ellissi (cioè, per omissione di una parte della frase) del nostro Natale.
L’importanza del luogo. Al di là della festa, l’aggettivo natale nella lingua italiana ha sempre avuto a che fare con la nascita e in particolare il luogo in cui si nasce, per questo si usa l’espressione città o terra natale. Con il plurale invece è il sostantivo che identifica, grazie ad un aggettivo che toglie tutti i dubbi, l’origine del soggetto di cui stiamo parlando. Che può avere «umili natali» se intendiamo la provenienza da una famiglia povera oppure «illustri natali» se vogliamo chiarire che è nato in una famiglia importante. Tornando al singolare e con l’iniziale maiuscola, si vuole sottolineare l’importanza di un preciso anniversario: il 21 Aprile per esempio è il Natale di Roma, per ricordare la ricorrenza della sua Fondazione che secondo la leggenda è avvenuta il 21 Aprile del 753 a.C.
Le riflessioni dell’Accademia Nel 2018 la linguista Luisa di Valvasone per l’Accademia della Crusca, si soffermò sulle tradizioni natalizie: «certamente una delle più amate è lo scambio dei regali, o dei doni, o dei presenti. Diversi infatti sono i modi per definire nella nostra lingua gli attesissimi pacchetti colorati che ogni 25 dicembre (o, a seconda delle tradizioni, il 24 dicembre sera) speriamo di trovare sotto l’albero. Nell’uso moderno ci scambiamo principalmente regali di Natale, siamo meno generosi con i doni, mentre i presenti di Natale sono davvero in pochi a farli. Le aziende preferiscono distribuire omaggi natalizi ai propri dipendenti, il più classico dei quali è certamente la strènna (o strénna)». La verità è che senza aspettare Natale, il dono più diffuso nel nostro paese è il condono (e non c’è neanche bisogno di infiocchettare il pacchetto).
Lettere, desideri e slitte. E a proposito di regali non si può non parlare di Babbo Natale. Da molti anni grazie alla preponderanza commerciale della festa è lui a ricevere le lettere con i desideri e a portare i doni ai bambini, spodestando Gesù bambino. L’immagine moderna di Babbo Natale (barba bianca, vestito rosso, renne volanti e così via) la dobbiamo tutta alla pubblicità e al personaggio testimonial di una nota bevanda. Il resto, da sempre, è marketing. D’altronde i primi a portare regali di Natale sono stati i Re Magi.
Un santo e un furto pugliese. Ma l’origine di Babbo Natale è molto più interessante e fa riferimento a un santo cattolico: San Nicola, vescovo di Myra (oggi Derme, in Turchia), vissuto nel VI secolo e considerato protettore dei bambini. San Nicola è anche patrono di Bari, perché proprio nel capoluogo pugliese le sue spoglie vennero portate nel 1087, secondo una leggenda da alcuni pescatori, secondo un’altra vennero proprio rubate. Comunque si trovano ancora lì e la Chiesa cattolica lo celebra il 6 dicembre. San Nicola, nei paesi del nord Europa è diventato Sint Nicolaas e Sinterklaas (in Olanda) per approdare nella tradizione anglofona nel Santa Claus che aveva vestiti e paramenti vescovili e volava già ma su un cavallo bianco. Fondamentale, prima della pubblicità, per trasformarlo nel Babbo Natale che conosciamo, fu lo scrittore americano Clement Clarke Moore che nel 1823 scrisse la poesia «Una visita di San Nicola» (anche se altre fonti la attribuiscono a Henry Livingston jr.). Chiunque l’abbia scritta per la prima volta lo descrive con una barba bianca, una pelliccia, guance rosse, impegnato a volare sui tetti con una slitta trainata da renne volanti e capace di scendere giù per il camino per consegnare i regali.
È sempre stata una festa. La lunga e ricca tradizione cristiana non può farci dimenticare che il 25 dicembre è sempre stata una data simbolica e cadeva intorno al solstizio d’inverno, cioè il giorno dell’anno in cui la notte è più lunga. Occasione da festeggiare degnamente perché da quel momento la luce è destinata ad aumentare fino ad accompagnarci all’estate. La pensavano così anche oltre 3000 anni fa quando veniva festeggiato Shamas, il Dio sole babilonese, o la tradizione della festa pagana celtica Yule (il cui albero sempre verde ricorda moltissimo il nostro albero di Natale). Nell’antica Roma il 25 dicembre veniva festeggiato il dio Mitra, per alcuni accostato al culto del sole invincibile, il Sol invictus introdotto da Eliogabalo e consacrato da Aureliano.
Da quando Natale è Natale. Impossibile non vedere nei festeggiamenti del 25 dicembre una delle sovrapposizioni con cui il cristianesimo si è appropriato di festeggiamenti Pagani precedenti. Troviamo le prime tracce del Natale cristiano quando l’imperatore Costantino si converte al cristianesimo e quindi dal 330 d.C. si comincia a festeggiare non più il Natale del sole ma la nascita di Gesù. Fu probabilmente Papa Giulio I a fissare entro il 352 la festa di Natale come celebrazione liturgica della nascita di Cristo. Ricordando sempre che in quel momento, a Roma, il cristianesimo era legale solo da pochi decenni.
La straordinaria invenzione dell’arte. Oggi non riusciremo a pensare a Natale senza avere davanti agli occhi l’immagine di una capannina di Betlemme, con la Sacra Famiglia e il bambinello riscaldato dal fiato del bue e dell’asinello. Sopra di loro il cielo è illuminato da una grande stella cometa. Come per moltissimi aspetti della tradizione tendiamo a dimenticare che questa immagine del presepe (che viene dal latino praesaepe, mangiatoia) la dobbiamo a poche frasi dei Vangeli e molto alla rievocazione voluta da San Francesco d’Assisi 1223 a Greccio, nel reatino. Nei vangeli non si parla mai di stella cometa, solo alcuni testi antichi e non i maggiori, citano «una stella grandissima che brillava tra le altre e le oscurava cosi ché le stelle non si vedeva». Dobbiamo la stella cometa a Giotto che la dipinse nella Cappella degli Scrovegni a Padova tra il 1303 e il 1305. Cambiando per sempre la nostra immagine del Natale.
Fonte: Paolo Fallai | Corriere.it