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“Speranza” e “verità” contro la logica del mondo

Due parole desuete nel mondo contemporaneo, ma indispensabili per uscire dalla crisi

Come ogni anno, il 9 gennaio Papa Francesco ha tenuto un discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, che costituisce un ampio panorama sui principali problemi che l’umanità ha avuto di fronte nel corso dell’anno trascorso e che la Chiesa, di conseguenza, desidera affrontare, fornendo delle indicazioni per cercare di superarli.

Non affronterò tutti i temi toccati dal Papa, che sono stati numerosi, ma mi limiterò a due parole che ricorrono soprattutto nella prima parte e che, a mio avviso, sono decisive per il futuro degli uomini contemporanei. Le parole sono speranza e verità, e di entrambe gli uomini oggi sono radicalmente privi. Non è un modo di dire.

Vi è stata un’epoca della storia in cui l’evangelizzazione dell’Europa aveva riempito il modo di vivere delle persone di una speranza oltre la vita terrena e della certezza dell’esistenza di alcune verità comuni a tutti gli uomini. Non che allora gli uomini si comportassero necessariamente meglio o peggio di quelli di oggi, ma credevano nell’Inferno e nel Paradiso dopo la morte (questo aveva delle conseguenze) e credevano nei valori comuni della fede cristiana, anche se spesso si comportavano in modo contraddittorio. Poi è venuta l’epoca delle rivoluzioni, con le rispettive ideologie, «che dividono, che calpestano i valori e la fede dei popoli», come ha detto il Pontefice. Infine, oggi, è arrivata la cancel culture, che il Papa nomina espressamente: essa «non tollera differenze e si concentra sui diritti degli individui, trascurando i doveri nei riguardi degli altri, in particolare dei più deboli e fragili», fino ad arrivare a pretendere il “diritto d’aborto”, come Francesco ricorda espressamente, che è stato introdotto come fosse un modello nella Costituzione francese.

In questa situazione di disastro antropologico sono aumentati i conflitti fra gli Stati, anche perché le persone, e quindi anche le diplomazie, non riescono a trovare un linguaggio comune, non avendo più valori comuni a cui fare riferimento. Il Papa sembra quasi “gridare” le due parole speranza e verità, senza le quali non si potrà uscire dalla situazione di degrado umano e di guerra nella quale si trova il mondo contemporaneo. Anche in questo caso vi invito a rileggere le parole del Pontefice: «Risulta quindi particolarmente preoccupante il tentativo di strumentalizzare i documenti multilaterali – cambiando il significato dei termini o reinterpretando unilateralmente il contenuto dei trattati sui diritti umani». Come dire, se cambiamo il significato delle parole, se nei diritti umani facciamo rientrare quello di uccidere, non possiamo più capirci, ma non potremo neanche evitare le guerre, perché non daremo alle parole pace e giustizia, per fare due esempi, lo stesso significato.

Le parole di Papa Francesco sono molto precise e bisogna ascoltarle: «Una diplomazia della speranza è perciò anzitutto una diplomazia della verità. Laddove viene a mancare il legame fra realtà, verità e conoscenza, l’umanità non è più in grado di parlarsi e di comprendersi, poiché vengono a mancare le fondamenta di un linguaggio comune, ancorato alla realtà delle cose e dunque universalmente comprensibile».

Che fare, allora? Prima di tutto educare alla ricerca della verità. La verità esiste e va ricercata fin dai primi anni della vita. Sono gli educatori, anzitutto i genitori, che hanno questa grande responsabilità, incitando i giovani e i figli, anzitutto con l’esempio, a ricordarsi che la verità è più importante del successo, della carriera, dei soldi, del benessere. Mi fermo perché chi legge ha capito: la verità viene prima del “desiderio di mondo”, della mondanizzazione, e prima che un problema delle diplomazie è una questione che riguarda ciascuno di noi.

Se la verità esiste, se Cristo, che è la Verità con la maiuscola, è il Signore della storia, allora c’è speranza. Diamoci da fare per fornire il nostro piccolo contributo. E cominciamo dall’ascoltare e proporre il Magistero dei Papi: se diciamo di amare Cristo dobbiamo anche amare la Chiesa, quella esistente, non quella che vorremmo, e se diciamo di amare la Chiesa dobbiamo leggere e diffondere il suo insegnamento, anzitutto quello dei Pontefici.

Fonte: Marco Invernizzi | AlleanzaCattolica.org

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