Non lo so chi abbia cominciato per primo. A dubitare intendo. A insinuare il sospetto che le cose che accadono non sono come ce le raccontano. Ce le raccontano chi? Ecco un’altra bella domanda: appunto, ci sarà stato, oltre a chi ha dubitato per primo, anche chi ha dato per primo il nome alle cose, ad esempio albero, che è quella cosa con un tronco, i rami, e le foglie, e che tutti curiosamente sono stati d’accordo su quel nome, a parte gli inglesi, che già dal paleolitico erano isolazionisti, e lo hanno chiamato tree; oppure quell’animale con un naso penzolante e due corni all’insù al posto dei baffi, chi lo ha chiamato elefante? Come avranno fatto? Hanno indetto un referendum? E le parole al vaglio degli elettori quali saranno state: gervuz? Pinarattolo? Magerbo? Oppure si sono affidati allo “scemo del villaggio”, il quale sollecitato dava i nomi alle cose e agli animali? E tutti giù a ridere quando dalla sua bocca uscivano le parole pistacchio, frenulo, gargarismo, nebbia, solletico.
Il bello è che una volta fatto il referendum, o quando arrivava il responso dell’“Inventanomi”, poi tutti erano d’accordo fino all’eternità: l’elefante è sempre stato elefante da che mondo è mondo, il sasso non ha mai mutato nome nei millenni, aerofagia è sempre stata chiamata così fin dalla prima flatulenza che si ricordi e nessuno si è mai sognato di cambiargli il nome, primo perché fa ridere, secondo perché ci è voluto qualche secolo per pronunciare correttamente quella parola.
Forse una volta ci si fidava di più. Avveniva la stessa cosa anche per i sentimenti, la rabbia è sempre stata rabbia fin dal primo uomo che ha cercato di rubare il filetto di dinosauro al proprio vicino di grotta suscitando, appunto, una rabbia che arrivava fino a darsele di santa ragione: e quindi giù cazzotti, botte, schiaffoni. A proposito, ma sono arrivati prima gli schiaffoni o prima uno ha inventato il nome e poi ha piantato una manata sulla faccia del ladro di bistecche? L’amore è sempre stato quella roba lì che nessuno ci capiva niente ma quando ti capitava stavi ore a guardare la tua vicina di grotta, e quando la incontravi ti cadevano le clave sui piedi, diventavi rosso, non riuscivi a dire neanche una parola, anche perché all’epoca avevi un vocabolario di sette o otto parole al massimo, tutti gli amici ti prendevano in giro, stavi notti intere a guardare le stelle mentre il vicino ti rubava le bistecche e tu non ti arrabbiavi mai. Tu lo sapevi, tutto il villaggio lo sapeva, il tuo vicino lo sapeva che eri innamorato, e la parola amore per definire quello stato metteva tutti d’accordo. Tranne gli inglesi che lo chiamavano love.