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I Paesi dove essere cristiani è una questione di vita o di morte

Nel 2025 sono 380 milioni i cristiani perseguitati o discriminati, secondo i dati del nuovo rapporto dell’organizzazione internazionale Porte aperte/Open doors che stila la classifica dei 50 Paesi più rischiosi. A guidare la lista anche quest’anno è la Corea del Nord, seguita dalla Somalia

Dal Sudan all’Iran, dal Pakistan al Burkina Faso, dallo Yemen alla Libia, professare la fede cristiana in larga parte del pianeta è ancora un pericolo. Nel 2025 in tutto il mondo sono 380 milioni i cristiani che subiscono persecuzione e discriminazione a livelli elevati a causa della loro fede. In aumento rispetto ai 365 milioni di un anno fa. A dichiararlo sono i nuovi dati della World watch list, il report annuale sui cristiani perseguitati diffuso dall’organizzazione internazionale Porte aperte/Open doors, una rete globale con 25 sedi nazionali che dal 1995 lavora al servizio del cristiani perseguitati nel mondo fornendo loro sostegno materiale, aiuti di emergenza, letteratura, formazione e assistenza.

Il rapporto, fondato sui dati raccolti dal 1 ottobre del 2023 al 30 settembre del 2024, stila una classifica dei primi 50 Paesi dove la piaga è più vasta e profonda, suddivide gli Stati in base a tre categorie, persecuzione alta, molto alta ed estrema, presentando una scheda informativa per ogni singolo Paese in cui si spiega quali forme di persecuzione e discriminazione subiscono i cristiani, come queste vengono sperimentate dalle donne e dagli uomini, come si è evoluto il problema nel tempo, chi è più vulnerabile.

Nel 2024 il Paese più letale per i cristiani è stato la Nigeria, dove sono stati uccisi 3.100 cristiani su un totale di 4.476. Seguono altri due Paesi africani, la Repubblica centrafricana con 492 vittime e la Repubblica democratica del Congo dove sono morte 355 persone. La Nigeria si conferma anche lo Stato nel quale il maggior numero di cristiani sono stati rapiti lo scorso anno: ben 2.830 su un totale di 3.775. In questo Paese, dove il cristianesimo è la religione professata da circa la metà della popolazione (l’altra metà è di fede islamica), i cristiani sono concentrati negli Stati del sud, i musulmani nel Nord. L’estrema violenza nei confronti dei cristiani – spiega il rapporto – è legata agli attacchi mirati dei gruppi jihadisti, tra cui i combattenti Fulani, Boko Haram e ISWAP (Islamic State West Africa Province).  In realtà, l’elemento religioso è strettamente connesso allo scontro tra pastori Fulani e agricoltori, prevalentemente cristiani, per l’accaparramento dei terreni.

Mentre un tempo le persecuzioni si limitavano alle regioni settentrionali, dove vige la sharia ((la legge islamica) e i cristiani sono trattati come cittadini di serie B,  ora si sono diffuse anche nelle aree meridionali. Va sottolineato che la Costituzione nigeriana sancisce l’uguaglianza di tutte le religioni davanti allo Stato e la libertà religiosa. Ma il Governo non è capace di difendere i cristiani dagli attacchi e dalle violenze alimentando le azioni dei gruppi militanti.

Nella World watch list di Porte aperte, la Nigeria si colloca quest’anno nella settima posizione. A guidare la lista è, ancora una volta, la Corea del Nord, il Paese dove «se la tua fede cristiana viene scoperta, potresti essere ucciso immediatamente». Nella Repubblica popolare democratica di Corea, Paese schiacciato da una dittatura opprimente fondata sull’ateismo di Stato e sul culto della dinastia Kim, si stima che vivano circa 400mila cristiani – su una popolazione di circa 26 milioni di abitanti – costretti a nascondersi e professare in segreto la loro fede, correndo altissimi rischi. E’ vietato riunirsi per la preghiera o per il culto, la vita ecclesiale non esiste. Chi viene scoperto a professare la fede cristiana, se non viene ucciso viene deportato in un campo di lavoro e condannato ad anni di lavori forzati dove con molto probabilità non riuscirà a sopravvivere.

Al secondo posto della World watch list si piazza anche quest’anno la Somalia, dove il gruppo militante islamista al Shabab controlla vaste aree, «impone una forma rigorosa di sharia ed è impegnato a sradicare il cristianesimo dalla nazione», mantenendo un clima di paura e di intimidazione. Anche in questo Paese, sottolinea il rapporto, «seguire Gesù è una questione di vita o di morte». Nella lista dei 50 Paesi compaiono Afghanistan, Arabia Saudita, Myanmar, Mali, Cina. E ancora, Mozambico, Egitto, Qatar, Turchia. Non fa eccezione l’America latina: in particolare il Nicaragua, dove il Governo di Daniel Ortega sta cercando di sgretolare la Chiesa cattolica e numerosi sacerdoti e religiosi sono stati mandati via a forza dal Paese o hanno dovuto scegliere la strada dell’esilio. Va ricordato che lo scorso 13 novembre il presidente della Conferenza Episcopale del Nicaragua, monsignor Carlos Enrique Herrera Gutiérrez, è stato mandato in esilio in Guatemala, terzo vescovo ad essere esiliato dalle autorità nicaraguensi, dopo monsignor Rolando José Álvarez Lagos e monsignor Isidoro del Carmen Mora Ortega.

E poi la Colombia, dove l’accordo di pace siglato all’Avana nel 2016 da Governo e guerriglieri ribelli delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), per porre fine al lungo e sanguinoso conflitto civile, di fatto si è dimostrato molto fragile: nelle aree controllate dalle bande armate legate ai cartelli del traffico di droga, essere cristiani – e in particolare leader ecclesiatici – è spesso ancora un pericolo, se percepiti come figure che  contrastano le attività dei cartelli, affiancando ed educando i giovani per strapparli alle reti del narcotraffico e della malavita.

Fonte: Giulia Cerqueti | FamigliaCristiana.it

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