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Latino e studio della Bibbia, da Valditara una scuola oltre l’ideologia

Si è fatto e si fa un gran parlare, in una ridda di commenti, ora favorevoli, ora contrari, in merito alle dichiarazioni del Ministro dell’Istruzione e del Merito, prof. Giuseppe Valditara, circa la reintroduzione dello studio della lingua latina alla scuola secondaria di primo grado, l’approfondimento dello studio della storia italiana, l’apprezzamento dell’utilità e del valore dello studio mnemonico e, infine, la lettura del testo biblico, del pari alla poesia epica. Mi sia consentito di affermare che il Ministro, con le sue dichiarazioni di intenti, non vuole fare altro che riportare all’attenzione della scuola italiana contenuti e temi che l’hanno resa un’eccellenza in termini di contenuti oggetto di studio. Poi, certamente, i problemi della nostra scuola provengono da altri fronti, non certo dai contenuti. La scuola deve formare l’uomo, il futuro cittadino in grado di agire responsabilmente all’interno della società, e lo deve e lo può fare solo attraverso la cultura, quella vera, quella che si attacca alla vita.

Cosa sta succedendo alla nostra scuola? In tutta onestà temo che si stia ponendo un’attenzione eccessiva alla metodologia, più che al contenuto, alla competenza piuttosto che alla conoscenza. Tinkering, making, coding, inquiry based learning sono termini che oggi sono usatissimi e alludono a metodologie didattiche innovative che godono di ampio successo nel mondo della scuola. Questo è altamente rischioso, in quanto si crea, come si è creata, una ignoranza diffusa su contenuti cardine della nostra storia, della nostra letteratura, del sapere in generale. Lo studio della lingua latina consente una riflessione linguistica sulle strutture delle lingue moderne, un esercizio mentale di riflessione nella traduzione, una conoscenza di un mondo che è all’origine della nostra cultura e che può diventare uno dei settori trainanti della nostra economia.

Parimenti, sul versante dello studio mnemonico che, oltre ad essere un importante esercizio per la nostra mente, in realtà consente di interiorizzare profondamente le emozioni e gli insegnamenti tratti dai testi più belli della nostra letteratura, ricordandoseli poi in età adulta, quando la vita ci pone davanti a situazioni difficili. Ciò che la mente apprende rimane nel cuore. Allora il Pater noster dei Superbi o la Preghiera di San Bernardo alla Vergine, il Cinque maggio o il secondo coro dell’Adelchi, l’Addio ai monti o l’episodio della Madre di Cecilia, piuttosto che Il passero solitario, ma potrei andare avanti ancora, diventano ancore sicure cui fare assegnamento. Accanto alla trasmissione delle competenze, la scuola deve trasmettere dei valori che rendano l’uomo più uomo, in grado di abitare consapevolmente il mondo della possibilità. Questa è la sfida del mondo dell’istruzione, dall’Infanzia all’Università.

Anche in merito alla proposta di introdurre la lettura della Bibbia nella scuola occorre fare chiarezza. È chiaro che la Bibbia ha per il credente un significato proprio, ossia quello di un libro, scritto direttamente da Dio che ha ispirato gli uomini, nel quale viene raccontata la storia della salvezza. Tuttavia la lettura che già oggi se ne fa a scuola non è orientata in senso religioso, ossia non si tratta di una lettura volta a interpretare la presenza di Dio nella vicenda dell’uomo. Detto questo, è innegabile che il contenuto biblico si presta ad una serie di approfondimenti che hanno uno straordinario valore didattico: si pensi solamente all’analisi dei diversi generi letterari presenti. Inoltre è innegabile che le vicende raccontate si prestano ad una straordinaria lettura per temi e per narrazioni, una lettura che affascina in quanto avvincente, ricca di colpi di scena.

Si pensi al racconto della creazione, piuttosto che a quello del diluvio oppure al grande racconto dell’Esodo; ancora, affascinante è conoscere le vicende dei singoli personaggi: pensiamo alla storia di Giuseppe o a quella di re Davide, in tutti i suoi aspetti tipicamente umani…! La lettura della Bibbia consente, pertanto, di accedere ad un patrimonio di conoscenze che è alla base della civiltà occidentale. Senza conoscenze bibliche non si comprenderebbe la storia dell’arte o la storia della letteratura, in quanto tutte le letterature pullulano di riferimenti, diretti o indiretti, al testo biblico. Non ritengo dunque che leggere la Bibbia, come si leggono i testi epici, sia uno svilirne il contenuto, tutt’altro, è un modo per conoscere più e meglio quanto vi è narrato. Perché adesso, se chiediamo ad un ragazzo chi è Achille, tutti sanno rispondere, se chiediamo, invece, chi è Mosè, non tutti sono in grado di dare una risposta?

Questa non conoscenza è grave, perché la Bibbia è la base della cultura occidentale. Non posso, dunque, che essere d’accordo con il Ministro e complimentarmi con lui: per fare simili affermazioni, occorre avere molto coraggio e infrangere quel muro di ideologia costruito da chi, forse, da studente, non aveva molta voglia di studiare le declinazioni o Davanti San Guido…! Teniamo sempre assieme tutto, contenuto e metodo, diversamente priveremo i nostri giovani di una grande opportunità: fare del sapere un’esperienza così forte da diventare guida e riferimento nelle diverse occasioni della vita

Fonte: Anna Monia Alfieri | IlTimone.org

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