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La “leggerezza” di Sara e dei suoi amici

Come “spettatrice” del crimine, avvenuto ai Murazzi di Torino, è stata condannata a 16 anni. Colpisce la banalità con cui un reato di questo tipo può essere compiuto. Cosa rende incapaci di prevedere le conseguenze delle proprie azioni per sé e per gli altri?

Al di là  dell’entità della pena inflitta a Sara e del fatto che sconterà una condanna maggiore (almeno per ora) di chi ha computo materialmente il reato, quello che mi sconcerta, come educatrice e genitore, è la “leggerezza” con cui un crimine di questo tipo può essere compiuto da cinque ragazzi che si ritrovano per passare una serata insieme. Cosa rende incapaci di prevedere le conseguenze delle proprie azioni per sé e per gli altri?

L’empatia, qualità tanto citata, è la capacità di comprendere i sentimenti degli altri, una funzione fondamentale per sviluppare buone relazioni. Più in generale è la competenza che ci permette di vivere in contatto emotivo con il mondo che ci circonda e di agire in modo adeguato con esso. Per attivarsi però, ha bisogno di ricevere imput dal fuori, altrimenti resta inattiva. È come se tenessimo spenta una meravigliosa macchina fotografica. Non avremmo  foto, non ci consentirebbe di raccogliere ricordi, generare emozioni e raccontare storie.

Quello che osservo in molti ragazzi e ragazze è l’abitudine a stare l’uno accanto all’altro senza sentirsi e vedersi davvero. Si viaggia ascoltando la musica con le proprie cuffiette e puntano gli occhi su oggetti diversi. Ci sono troppe distrazioni che rendono più superficiale il guardarsi e il sentirsi. Stare in relazione richiede molte energie, serve pazienza, affrontare l’imbarazzo del silenzio, trovare le parole per raccontarsi, inventare modi per divertirsi, etc. Fare esperienze che obbligano alla condivisione, all’agire con, al guardarsi negli occhi, impone uno sforzo attivo che costruisce la capacità di sentire l’altro.

Oggi la vita di tutti va così veloce e offre così tanti percorsi “on demand” che gli obblighi a “cooperare” si sono ridotti drasticamente. Ci sono ragazzi/e che vivono nella stessa classe per anni senza quasi conoscersi. Questa condizione è il terreno di cultura perfetto per spegnere l’empatia e la capacità di agire consapevolmente.

Sara non ha fatto niente per fermare un’azione che ha avuto conseguenze gravissime per un ragazzo poco più grande di lei, un perfetto sconosciuto per il quale non ha sentito l’impulso di fermare i suoi amici mentre lanciavano una bicicletta, nè per denunciare in seguito il gruppo. Lei, come gli altri quattro, racconta il dramma di crescere schiacciati in un presente che non vede e non sente altro fuori di sè.

Fonte: Barbara Taborini | FamigliaCristiana.it

 

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