Una guida semiseria scritta da due giovani padri per affrontare una condizione che cambia la vita per sempre. Dall’aptonomia alla catenella porta ciuccio, tutto viene spiegato sul filo dell’ironia
La vita di un neopapà è infarcita di imprevisti. In pochi mesi cambia tutto. Da quando lei si è presentata con il test di gravidanza e ti ha detto: “Tesoro, ti devo dare una bella notizia”, fino al giorno in cui l’hai accompagnata di corsa in ospedale – “in fretta, in fretta…penso che sia arrivato il momento” – gli sconvolgimenti si sono susseguiti a ritmo folle. Il povero neopapà non solo è stato costretto ad apprendere tutti i passaggi della routine di controlli necessari in gravidanza. Non solo è stato catapultato nel mondo dei controlli ecografici, con quel mouse che vaga lungo la pancia della moglie e rivela una presenza pulsante che sembra cambiare aspetto, posizione, perfino umore ad ogni istante. E poi sorride o almeno sembra. E poi fa le smorfie. Non solo, accanto alla moglie che si lamenta per il fiato che manca, per le gambe pesanti, per la schiena indolenzita, il futuro neopapà è stato costretto a cambiare abitudini e ritmi di vita.
Adesso poi che il piccolo tiranno ha preso possesso del suo nuovo regno spodestando il papà dagli spazi e dalle attenzioni di quella che prima era soltanto moglie e adesso è soprattutto – e per i primi mesi quasi esclusivamente – mamma, c’è anche la necessità di apprendere un nuovo vocabolario. E si tratta forse della fatica più grande. Per entrare con qualche diritto di presenza nell’universo madre-bambino servono le parole giuste. Cosa vuol dire post-partum? Come si scalda un biberon? A cosa serve una catenella porta-ciuccio? E l’amennorea? E il dad-blessing? E il fasciatoio?
Per i neopapà che non vogliono impazzire con un lessico tutto da apprendere, e in tempi brevissimi, due simpatici “esperti” hanno inventato un divertente vademecum. Si intitola L’abc del neopapà debuttante. 100 parole per i primi 100 giorni di vita del neopapà (Paoline, pagg.140, euro 18). Ed è stato scritto da Alexandre Marcel e Yannick Vicente. Il primo, meglio conosciuto come Papa Plume, padre di due figli, scrive sul suo blog gioie ordinarie e problemi straordinari della paternità. Il secondo, a sua volta padre di due bambini, disegna la vita quotidiana dei genitori con pennellate cariche di ironia e di verità. «Diventare papà è uno sconvolgimento. Uno scombussolamento. Un capovolgimento. Un sacco di cose che finiscono in “mento”. All’improvviso – scrivono nell’introduzione – tutto cambia. Nella credenza le scatole di latte in polvere rimpiazzano le lattine di birra, fare una serata cinema richiede un’organizzazione degna di una missione nello spazio e ogni notte ti sorprendi che esista l’espressione “dormire come un bambino”. È bello, intenso e difficile».
Il loro “lessico del neopapà” viaggia sullo stesso registro. Definizioni corrette offerte con un sorriso disincantato, senza quei toni impegnati e seriosi che troppo spesso vengono attribuiti al ruolo paterno. Certo, a noi padri toccano i compiti della custodia e della responsabilità, dell’accompagnamento e del realismo. Ma, per favore – ci dicono Alexandre e Yannick – senza quei musi lunghi e quello sguardo che vorrebbe essere austero ed è soltanto impacciato di fronte ai compiti che ci attendono. Si parte con la “A”, anzi con la Aaaaah… Arriva, cioè «uno tsunami di emozioni che ti strappa dalla realtà e ti trascina in un’altra dimensione. Non è una maratona, è un Ultra Trail. Su percorsi tortuosi e scoscesi…». E, in assenza della “Z” (qualcosa si poteva comunque trovare), si finisce con la “V” di vita: «La vita che si rovescia, che si capovolge, che cambia all’improvviso. Una virata a 90 gradi, e che tu ti aggrappi al volante per non sterzare… È una vita spossante ma ricca. Ricca di insegnamenti, di senso, di istanti fantastici che fanno pensare: “Ok, so perché sono qui”. Sei qui per educare, trasmettere, amare».
In mezzo tante altre parole. Alcune scontate, ma solo apparentemente, altre che richiedono un pizzico di impegno in più. Come aptonomia, che è la «disciplina del tocco affettivo». O come carico mentale, da intendere, secondo gli autori, come «pensare a prenotare la visita dal pediatra, pensare a comprare i pannolini, pensare al menù della settimana», e mille altre incombenze.
Poi si parla anche di congedo di paternità e di contrazioni, di fasciatoio e di fontanelle, di omogeneizzati e di ossitocina. Ma si parla anche di sesso: «Sei settimane d’astinenza, minimo. Prima del parto ti chiedevi come avresti fatto. I tuoi amici, papà, però di avevano avvertito. “È l’ultima cosa a cui penserai”». E avevano ragione. Prima di tornare a quella parola, i neopapà imparano che ce ne sono altre novantanove da apprendere e da mettere in pratica. Per vivere, ridere e, qualche volta, piangere insieme sulla nuova vita che cambia. E non sarà mai più la stessa. Per fortuna.
Fonte: Luciano Moia | Avvenire.it