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Una «chiesa giubilare» tra le onde. «Che regalo per i marinai della Vespucci»
— 28 Gennaio 2025— pubblicato da Redazione. —
Comincia l’Anno Santo anche sulla nave scuola della Marina Militare visitata dalla Meloni a Gedda. Intervista al cappellano militare don Medaglini
A pochi mesi dalla fine del giro del mondo in cui è impegnata dal primo luglio 2023, per la nave scuola della Marina Militare Amerigo Vespucci arriva un «regalo inaspettato», come racconta a Tempi il cappellano militare a bordo del veliero, don Mauro Medaglini. L’eccellenza italiana, da molti definita «la nave più bella del mondo», è stata insignita per l’Anno Santo appena cominciato del titolo di «chiesa giubilare» dell’Ordinariato militare, la diocesi che riunisce i sacerdoti impegnati nell’assistenza spirituale degli appartenenti alle Forze Armate.
Il cappellano di origine toscana ci risponde da Gedda, dove la nave è da poco attraccata per la sua 33esima tappa. In Arabia Saudita anche Giorgia Meloni sabato ha voluto rendere onore all’equipaggio. Proprio questo fine settimana la premier è stata infatti impegnata in un bilaterale economico con il principe saudita Mohammed bin Salman. Nel breve discorso tenuto sul ponte del vascello ha definito «una delle esperienze più belle e straordinarie» del suo mandato la visita agli spazi della nave e l’incontro con i militari, che ha ringraziato per il loro esempio «di perseveranza e dedizione reso a tutto il paese».
Manca poco alla conclusione del viaggio, prevista per febbraio 2025, quando l’Amerigo Vespucci attraccando a La Spezia porterà a termine il secondo giro del mondo della sua storia ormai quasi centenaria (94 anni quest’anno). Dall’estate 2023 il vascello ha percorso oltre 43 mila miglia nautiche toccando tutti i continenti. Non solo nave scuola, ma anche «ambasciatrice d’Italia», come ha ricordato la Meloni grazie al Villaggio Italia che l’accompagna in numerose tappe, un’esposizione itinerante sull’eccellenza del nostro paese che ha accolto fino ad ora quasi 400 mila visitatori.
L’8 gennaio il vescovo ordinario militare monsignor Santo Marcianò ha celebrato la Messa di apertura dell’Anno giubilare per la diocesi castrense. Tra le «chiese giubilari»itineranti è inclusa anche la nave Vespucci. Don Medaglini, come avete appreso la notizia?
Da mesi mi chiedevo come far vivere il Giubileo sulla nave ai militari, lontanissimi dalla possibilità di partecipare agli eventi sulla terraferma. Già pensavo di proporre qualche sosta o la visita a un santuario lungo l’itinerario. Quando è arrivata la notizia, tramite un decreto di monsignor Marcianò, è stata per me una gioia. È stato grande anche l’entusiasmo dei marinai, che così potranno godere dell’indulgenza plenaria sulla nave, altrimenti per molti impossibile.
Come avete in previsione di trascorrere questo tempo giubilare?
Non sono previsti grandi eventi o celebrazioni. Lo vivremo nella semplicità, come abbiamo sempre fatto, coscienti tuttavia che il segno che ci è stato offerto porta con sé un significato profondo di cui siamo molto grati.
Come celebrate la Messa in mezzo al mare, senza una cappella e con spazi ridotti?
L’ambiente delle imbarcazioni è spartano ed estremamente funzionale. Nello spazio antistante al mio alloggio c’è un’area molto limitata di 1,5 metri quadrati, qui abbiamo ricavato un piccolo altare dove celebro la Messa quotidiana. La domenica, invece, per consentire la maggiore partecipazione, la celebrazione viene officiata sul cassero, la parte posteriore del ponte, o nella mensa. Dovete immaginarvela come una vera e propria Messa da campo.
Come vive il suo ruolo all’interno della nave?
I militari svolgono un ruolo fondamentale per difendere e proteggere i loro concittadini, trascorrendo spesso periodi prolungati lontani da casa e dagli affetti. Qui sono in tanti, circa 240 marinai, ognuno con le proprie idee ed esigenze. Per molti è importante un accompagnamento spirituale, ma lo è anche per chi è lontano dalla fede, anzi spesso il viaggio permette di instaurare un dialogo con chi non crede e parte da posizioni distanti. Anche solo la presenza di un sacerdote per alcuni è occasione di domanda per il proprio cuore.
Nella sua attività pastorale, che svolge per lunghi periodi isolato, non si sente mai solo?
Nel periodo di formazione presso il seminario maggiore dell’Ordinariato militare veniamo educati come dei veri e propri missionari. I sacerdoti impegnati nelle basi o sulle navi si trovano spesso a centinaia di chilometri dai confratelli, ma sono preparati per questo. Nel nostro servizio siamo chiamati ad essere anche certosini se serve, ma sempre pronti a ritrovare la nostra missione nella consapevolezza di essere vicini al Signore nel dialogo con le persone e nella preghiera anche solitaria. Nel tempo da questo ho ricevuto innumerevoli frutti e doni spirituali.
Come è arrivato sulla Vespucci?
La mia vocazione è stata tardiva, sono entrato in seminario a 35 anni, dopo aver riscoperto la fede all’università, a Trieste, anche grazie al movimento di Comunione e liberazione e alla scuola di comunità. Quando ho capito che volevo mettermi totalmente al servizio di Dio ho sentito il forte richiamo a dedicarmi a una realtà di missione. Da poco era stato aperto il seminario militare da monsignor Giuseppe Mani, ho unito i punti della mia vita e ho sentito che era il luogo giusto per me. Qui potevo dare il mio contributo, seguendo anche l’insegnamento di san Giovanni XXIII, che non si stancava di ricordare quanta importanza avesse avuto per lui l’esperienza di cappellano militare durante la Grande Guerra.
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