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Don Patriciello: «Calunniati per anni, ora nessuno potrà negare lo scempio. Qui si continua a morire»

Il sacerdote, da anni in prima linea nella lotta per la tutela del territorio del Casertano inquinato dai rifiuti tossici, commenta la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha condannato l’Italia per non aver tutelato la salute dei cittadini interessati: «La giustizia è arrivata e questa sentenza rappresenta uno spartiacque importantissimo. Avrei preferito avere torto perché significa che mio nipote, mia cognata e tante altre persone adesso sarebbero ancora qui. Il cancro sta falcidiando la popolazione»

«A livello personale provo due sensazioni contrastanti: la prima è di grande soddisfazione perché la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ci dà ragione dopo anni di battaglie, amarezze e umiliazioni. Però questa soddisfazione fa a pugni con la tragica realtà. Avrei preferito avere torto perché significa che mio nipote Severino, mia cognata Giuseppina e le tante persone che sono morte per l’inquinamento della Terra dei fuochi adesso sarebbero ancora qui. Questa è una soddisfazione amara. La nostra denuncia alla Cedu risale a dodici anni fa e in tutto questo tempo abbiamo sempre continuato a credere alla giustizia che ora finalmente è arrivata».

È il commento, a caldo, di don Maurizio Patriciello, parroco del Parco Verde di Caivano, nel Napoletano, dove si contano 13 piazze di spaccio per un business di 100 milioni di euro all’anno, impegnato in prima linea nella lotta per la tutela del territorio inquinato dalle discariche industriali inquinanti e radioattive e dal 2022 sotto scorta per le minacce ricevute dalla camorra.

Dopo tanti anni di campagne di mobilitazione, la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), con sentenza definitiva, ha stabilito che le autorità italiane mettono a rischio la vita degli abitanti della Terra dei fuochi, l’area campana che si estende tra la provincia di Napoli e l’area sud-occidentale della provincia di Caserta, coinvolta nei decenni scorsi nell’interramento di rifiuti tossici in discariche abusive. La Cedu ha condannato l’Italia che, pur riconoscendo la situazione, non ha preso le dovute misure e ha stabilito che il nostro Paese deve introdurre, senza indugio misure generali in grado di affrontare in modo adeguato il fenomeno dell’inquinamento in questione. La Cedu ha riconosciuto un rischio per la vita «sufficientemente grave, reale e accertabile», che può essere qualificato come «imminente». I giudici inoltre hanno ritenuto che «non ci siano prove sufficienti di una risposta sistematica, coordinata e completa da parte delle autorità nell’affrontare la situazione della Terra dei fuochi». Hanno anche evidenziato che i progressi nel valutare l’impatto dell’inquinamento sono stati lenti, quando invece occorreva celerità e hanno indicato che lo Stato non è stato in grado di dimostrare di aver preso tutte azioni penali necessarie per combattere lo smaltimento illegale di rifiuti nell’area della Terra dei fuochi. «Data l’ampiezza, la complessità e la gravità della situazione», ha scritto la Cedu, «era necessaria una strategia di comunicazione completa e accessibile, per informare il pubblico in modo proattivo sui rischi potenziali o reali per la salute e sulle azioni intraprese per gestire tali rischi. Questo non è stato fatto. Anzi, alcune informazioni sono state coperte per lunghi periodi dal segreto di Stato».

Don Maurizio, questa sentenza per lei è una rivincita?

«No, nessuna rivincita. In questi anni abbiamo avuto a che fare con i negazionisti a tutti i livelli: gente che cercava di ridimensionare le nostre denunce, gente che è ricorsa alla macchina del fango. Ci hanno calunniato, offeso, accusato di aver rovinato l’economia agricola del territorio perché i contadini non potevano più vendere i loro pomodori perché nessuno li acquistava. Ci hanno accusato di non amare la nostra terra ma è vero il contrario: proprio perché amiamo la nostra terra, la vogliamo difendere da chi ne ha fatto e vuole continuare a farne scempio».

Il commento postato su Facebook da don Maurizio Patriciello dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo

Cosa le ha fatto più male?

«Che ci fossero gli industriali disonesti che facevano affari con la camorra per sotterrare i rifiuti tossici era saputo e risaputo. Quello che mi ha fatto e mi fa più male è il fatto che la politica che dovrebbe tenere a cuore la salute e il benessere dei cittadini abbia chiuso gli occhi e abbia fatto finta di non veder e non sentire mentre io, tanti volontari le associazioni siamo stati ridicolizzati quando invece cercavamo soltanto di dare una mano».

Chi sono i negazionisti?

«Ce ne sono stati e ce ne sono tanti nella politica e nelle istituzioni. Ma se siamo arrivati a questa sentenza devo ringraziare tantissime persone che hanno lottato insieme a me. Dopo la sentenza della Cedu, il primo messaggio che ho mandato è stato a Marco Tarquinio (ex direttore del quotidiano Avvenire e ora europarlamentare europeo, ndr) perché tra i media è stato il primo ad aprire gli occhi e mandare due inviati che sono rimasti qui per mesi per documentare e riscontare sul campo le nostre denunce. Il lavoro giornalistico di inchiesta è stato fondamentale per arrivare a questo risultato. Anche la chiesa locale ha fatto un grande lavoro e i vescovi campani hanno sottoscritto tre documenti sollecitando la politica e le istituzioni ad agire».

In questi anni però sono stati fatti molti passi avanti.

«Sì. Ne segnalo tre, tutti fondamentali. Il primo è la legge 68 del 22 maggio 2015 sui reati ambientali. L’Italia non aveva una norma ad hoc su questo e ora ce l’ha. Il secondo è la Laudato Si’, l’enciclica del 2015 di papa Francesco, che una volta ha rivelato ai giornalisti di aver voluto scriverla dopo aver sorvolato in elicottero la Terra dei fuochi. Il terzo è il riconoscimento nel febbraio 2021 da parte dell’Istituto Superiore di sanità (ISS) del nesso di causalità tra l’inquinamento della Terra dei fuochi e i decessi per tumore che c’erano, e ci sono ancora, nella popolazione. Dopo questo, nessuno ha potuto dire: “Lo dice il prete” ma è stata la massima istituzione sanitaria del nostro Paese a riconoscere il legame diretto tra inquinamento e morti per cancro».

Ora la sentenza definitiva della Cedu.

«È uno spartiacque importantissimo perché nessuno, d’ora in poi, potrà minimizzare, negare, far finta di non sapere e non sentire. Il 30 gennaio 2025 è una data storica per questa terra martoriata. Ora la palla passa alle istituzioni nazionali, regionali e locali. Noi abbiamo avuto giustizia ma è una giustizia amara, a metà. Penso alle persone che non ci sono più. Poco prima che mi chiamasse lei ho ricevuto la notizia della morte di una giovane madre di 48 anni di Orta. C’è un altro giovane, di 40 anni, che sta lottando contro la malattia. Il cancro continua a falcidiare questa popolazione. Quando i medici si offrirono di mettere a disposizione i dati della mortalità per cancro la Regione rifiutò».

La sentenza della Cedu riguarda i ricorsi di 41 individui e 5 associazioni.

«Questo dimostra che insieme si può fare qualcosa di buono. Il lavoro di squadra tra chiesa, volontari, associazioni, tantissimi cittadini è stato decisivo e importantissimo».

Chi si è fatto sentire dopo la sentenza?

«Mi ha chiamato subito il Prefetto di Napoli per esprimere soddisfazione e per dirmi che verrà qui nei prossimi giorni. Ho ricevuto un messaggio dal ministro dell’Interno Piantedosi e dal ministro della Giustizia Nordio che mi hanno espresso entrambi solidarietà e vicinanza».

Il presidente della Regione Campania De Luca l’ha chiamata?

«No».

Fonte: Antonio Sanfrancesco | FamigliaCristiana.it

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