«Annunciando i duetti di Sanremo 2025, si è scoperto che Fedez duetterà con Marco Masini cantando Bella stronza, che parla della fine di una relazione “tossica”, un brano in cui un uomo rivolge a una donna parole piene di rabbia e tormento a causa della gelosia». Inizia così la riflessione che Alberto Pellai, psicologo e psicoterapeuta dell’età evolutiva, ha condiviso attraverso i suoi canali social, lanciando un appello preciso: «Forse varrebbe la pena che Carlo Conti, come direttore artistico, consigliasse ai due artisti di cantare insieme un altro brano».
Tutto parte appunto dalla scelta di Fedez, in gara quest’anno a Sanremo, di portare nella serata dei duetti insieme a Marco Masini, la canzone scritta dallo stesso Masini nel 1995.
Una scelta da subito molto chiacchierata, anche se per ragioni diverse da quelle sulle quali Pellai invita a riflettere: non il presunto riferimento a Chiara Ferragni, a cui più o meno tutti hanno pensato, ma il testo di quella canzone. Un testo che – a leggerlo oggi – non può lasciare certo indifferenti. Solo per citare alcuni versi: “Bella stronza, Che hai chiamato la volante quella notte | E volevi farmi mettere in manette | Solo perché avevo perso la pazienza”. E ancora “Mi verrebbe di strapparti Quei vestiti da puttana E tenerti a gambe aperte Finché viene domattina”.
Dottor Pellai, che messaggio si rischia di dare portando un testo così sul palco di Sanremo?
«Il problema non è solo la canzone in sé, in realtà. Dobbiamo inevitabilmente incrociare il brano con chi lo canta. Negli ultimi 7 giorni tutti hanno parlato del privato del cantante in questione (Fedez, ndr): certo non ci riguarda ma tutto questo inevitabilmente attirerà l’attenzione dei media. Il giorno dopo l’esecuzione di questa canzone, molto probabilmente, non si parlerà che di questo e la musica diventerà così un amplificatore del peggio. Secondo me dovremmo quindi cercare prima di tutto di disinnescare certe dinamiche».
Circo mediatico a parte, lei solleva anche dei dubbi sul testo in sé, sulle parole, di quella canzone…
«Si tratta di un testo scritto 30 anni fa e in 30 abbiamo generato una sensibilità sull’uso delle parole e sul modo in cui si gestisce un conflitto di coppia o una relazione di coppia faticosa. Certe parole, lette oggi, in un momento così delicato, non possono lasciarci indifferenti. La mia domanda è: con tutto quello che ci ha detto Gino Cecchettin, abbiamo davvero bisogno che due uomini, uno dei quali al centro dell’attenzione mediatica proprio per il suo privato sentimentale, cantino queste parole?».
Nel suo post lei scrive anche: «È la prima volta, da anni, che il mondo adulto si interroga e crea dibattito su ciò che viene portato sul palco dell’Ariston».
«Sì, un altro aspetto secondo me molto importante è che oggi per la prima volta, i genitori provano a contrastare con la loro voce il messaggio che arriva dalla musica che ascoltano i figli. È la prima volta che gli adulti cercano di portare l’attenzione su questo tema. Portare una canzone così a Sanremo va contro questo nuovo modo di sentire. Non si tratta di fare i bigotti, ma semplicemente – come adulti – di evitare fermamente di normalizzare dinamiche e comportamenti che non devono essere normalizzati».