Sopra La Notizia

«L’aborto non è un diritto. I CAV spezzano la solitudine delle donne»

Nel libro “Diritto di nascere” (Ares) la presidente del Movimento per la vita, che quest’anno compie 50 anni, ripercorre la storia della legge del 1978: «Fu approvata con la promessa di essere rivista ma da sempre ogni discussione su questo viene bloccata. Bisogna scommettere sulla donna e la sua capacità di accoglienza, che se abbracciata in una solidarietà forte, rompe la solitudine»

La legge 194, il Movimento per la Vita, che quest’anno compie 50 anni, il referendum del 1981, il cammino fatto fino ad oggi e quello da fare. C’è un pezzo della storia del nostro Paese nel libroDiritto di nascere – La Legge 194, storia e prospettive(Edizioni Ares, prefazione di Marco Invernizzi) scritto da Marina Casini, giurista, docente di Bioetica e presidente del Movimento per la Vita, e Chiara Mantovani, medico e bioeticista.

Marina Casini, perché la legge 194 è stata una “rivoluzione” dal punto di vista culturale?

«La legge 194 ha sovvertito le categorie del pensiero giuridico, cambiando la valutazione del fatto: ciò che prima era considerato socialmente riprovevole, ingiusto, è diventato poi socialmente accettato e in qualche caso addirittura doveroso. La legge ha sempre un effetto pedagogico. Il ruolo della norma giuridica non può essere sottovalutato né per la sua influenza sul modo di pensare della gente, né in ordine alla frequenza degli aborti. Ciò che è legale un po’ alla volta viene preso per morale. Si cambiano le coscienze. A livello di ordinamento giuridico la legge 194 ha introdotto un male, superando anche i limiti posti dalla Corte costituzionale nel 1975. In questo senso si può parlare di “rivoluzione” culturale, ma non è una “rivoluzione” che va nella direzione del progresso e della civiltà; piuttosto il contrario».

Qual è la vera rivoluzione?

«Una sempre più piena affermazione dell’uguale dignità di ogni essere umano, soprattutto dei più fragili, dai quali non si può escludere il concepito. È la via dell’accoglienza della donna e del figlio che porta in grembo. La vera rivoluzione è quella che suggerisce una progettualità nuova, che mette al centro l’esistere come primo e fondamentale valore, la maternità durante la gravidanza come prima solidarietà; una rivoluzione nella quale “il precetto del non uccidere e il riconoscimento dell’eguaglianza di tutti gli esseri umani, la solidarietà verso le madri e la condivisione delle loro difficoltà, dovrebbero essere la base del bene comune”, come diceva Carlo Casini».

Si può dire che con la 194 si “chiuse” il Sessantotto?

«La legge è complessa, contiene più correnti culturali, come raccontiamo nel libro, tra cui sicuramente quello liberal-radicale che è prevalso nell’applicazione e nella interpretazione della norma».

Il libro ripercorre l’avventura dell’approvazione della legge, il dibattito che ne seguì, il referendum del 1981, l’arrivo di suo padre in Parlamento. Perché, dopo la vittoria abortista nel referendum, si è consolidata una cultura pro-life, ancorché di minoranza, ma operosa e operativa come dimostrano la nascita dei CAV, le marce e manifestazioni per la vita e tante altre iniziative.

«Perché il referendum del 1981 non fu vissuto come episodio fine a sé stesso o come conclusione di una “sfida”, tantomeno come obiettivo ultimo di un impegno. Del resto, il Movimento per la vita – la nascita del primo Centro di Aiuto alla Vita è del 1975 – è nato prima del referendum e non voleva certo farsi rinchiudere in quell’esperienza. In sostanza, il referendum fu vissuto come occasione di lancio, di crescita e di unità del popolo della vita, come opportunità per parlare pubblicamente del diritto alla vita e della tutela autentica della maternità, come inizio di una nuova avventura che ha coinvolto gente semplice, disinteressata, generosa e soprattutto giovani. E questo movimento di popolo, che non ha mai avuto interruzione e che continua ancora oggi, vuole costruire con fiducia e speranza la civiltà della verità e dell’amore oltre il referendum e oltre la stessa legge 194. L’impegno è molto più ampio, avvolgente e affascinante: si tratta di far crescere la cultura della vita che, un po’ alla volta, farà crollare i muri della mentalità della cultura dello scarto con la sua indifferenza, pregiudizi, contraddizioni, sopraffazione e inganni».

Oggi si afferma che la legge 194 riconosce il diritto all’aborto. È così?

«No, è errato perché nella lettera della legge non si parla mai di diritto di aborto, né di autodeterminazione della donna. La legge è impostata sulla tutela della salute della donna e manifesta una certa preferenza per la nascita. Tuttavia, le stesse parti considerate “buone” sono deboli, contaminate da una logica non propriamente favorevole al diritto a nascere. Le disposizioni sono ambigue, equivoche, tutt’altro che limpide. L’esistenza del figlio nel grembo della mamma non è negata, ma è messa totalmente in ombra. Ora questa equivocità, che è parte dell’ingiustizia della legge, è la premessa dell’interpretazione e soprattutto della sua applicazione che viene, appunto, gestita come se sancisse che abortire è un diritto. Per correggere la gestione della legge sarebbe perciò molto importante prendere seriamente in considerazione le parti da cui si ricava una certa preferenza per la nascita, ma anche rivedere la 194 dissipando le ambiguità a favore di una reale tutela della maternità che riconosce il figlio come figlio fin dal concepimento. Il punto è questo: rinunciare a punire l’aborto non significa rinunciare a difendere la vita dei bambini non ancora nati. Depenalizzare non significa trasformare l’aborto da delitto a diritto. Un conto sono i mezzi di tutela, valutabili in base alle situazioni, un altro sono i fini, i beni da tutelare. Uno Stato di diritto, veramente laico, che si fonda sui diritti dell’uomo non può che riconoscere ogni essere umano sempre fine, soggetto, persona e mai mezzo, oggetto, cosa. Questo vale anche per coloro che non sono ancora nati».

La legge 194 va riformata o abolita?

«Ogni legge è per sua natura abrogabile o rivedibile. Non dimentichiamo che la 194 è stata approvata con la promessa di revisione. Tuttavia, si ripete da allora fino ad oggi come un “mantra” che la “legge non si tocca”. Ci sono, in effetti, purtroppo, diversi fattori che rendono molto difficile ottenere una correzione del testo legislativo in senso favorevole al diritto di nascere. Anzi, ogni pur timida proposta in questo senso viene immediatamente bloccata o boicottata con irritazione. In realtà, andrebbe ripensato tutto, su nuove basi. Sottolineo nuove, perché non si tratta di tornare al passato, al regime anteriore alla legge, no assolutamente no, ma di costruire un sistema nuovo che tutela il diritto di nascere in collaborazione con la mamma, insieme a lei. Questo sistema ha due presupposti. Il primo è la consapevolezza che nel grembo della donna non c’è un grumo di cellule, una vita potenziale, un progetto di vita, ma un essere umano vero e proprio, reale, concreto unico e irripetibile, un figlio insomma. Il secondo è che la tutela della vita prenatale deve tenere conto della specialissima condizione della gravidanza: due in uno, una situazione unica, un essere umano che vive e cresce dentro un altro essere umano. Non si può tutelare il bambino nel grembo senza la collaborazione della sua mamma. Non si tratta affatto di prevenire l’aborto con la minaccia penale. Il punto è condividere le difficoltà della donna con lei, non contro di lei, e superarle insieme in un percorso di accoglienza che riguarda la donna e il figlio che culla in seno».

 

Marina Casini con il padre Carlo, scomparso nel 2020

Come si può fare concretamente?

«Anzitutto liberando la donna dai condizionamenti che la spingerebbero ad abortire e restituirle la libertà di accogliere il suo bambino o la sua bambina. L’aborto si previene anche a concepimento avvenuto. Si tratta di scommettere sulla donna, sulla sua capacità di accoglienza, se abbracciata in una solidarietà che rompe la solitudine. Così operano i Centri di Aiuto alla Vita da cinquant’anni, insieme ai servizi “SOS Vita” e “Progetto Gemma”, e non manca la gratitudine delle mamme. La collaudata esperienza dei CAV può essere di aiuto, come tante volte auspicato, per una riforma dei consultori, per esempio. Insomma, queste considerazioni hanno illuminato alcune proposte di modifica alla 194 presentate dal Movimento per la Vita. Non è facile raggiungere questi obiettivi e va seguito il criterio della gradualità, ma intanto vanno prese sul serio le parti della legge che aprono alla preferenza per la nascita e non dobbiamo stancarci di ripetere che il concepito è uno di noi e di stare accanto alle donne che si trovano di fronte a una gravidanza problematica o inattesa».

Di recente, il Parlamento europeo ha chiesto al Consiglio di inserire nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione anche quello di abortire. Come lo giudica?

«Pessimo, una sconfitta dell’Europa. Una decisione in piena contraddizione con l’autentica cultura dei diritti dell’uomo che si basa sul riconoscimento della inerente e uguale dignità, cioè valore, di ogni essere umano. Il preteso diritto di aborto è l’aborto del diritto, la corruzione dei diritti, l’espressione di una deriva individualistica e anti-solidaristica, massima manifestazione della mentalità dello scarto, l’espulsione dalla società dei più poveri, inermi, piccoli e fragili degli esseri umani. Una inciviltà, insomma, spacciata per progresso. Ma andiamo avanti con fiducia, senza scoraggiarci, guidati dalla Speranza».

Negli ultimi anni il ricorso all’aborto farmacologico è aumentato. Cosa significa questo? La donna è più sola di fronte a una scelta così drammatica?

«Significa soprattutto banalizzazione dell’aborto, come se fosse bere un bicchier d’acqua, e di conseguenza maggiore solitudine della donna e deresponsabilizzazione della società sia verso il nuovo essere umano sia verso la stessa donna. Significa anche un bel risparmio economico. È fondamentale una tenace opera culturale, di educazione e sensibilizzazione a tutti i livelli, con franchezza e amore».

Fonte: Antonio Sanfrancesco | FamigliaCristiana.it

Articoli Correlati

Newsletter

Ogni giorno riceverai i nuovi articoli del nostro sito comodamente sulla tua posta elettronica.

Contatti

Sopra la Notizia

Tele Liguria Sud

Piazzale Giovanni XXIII
19121 La Spezia
info@sopralanotizia.it

Powered by


EL Informatica & Multimedia