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Roma omaggia Caravaggio nell’anno del Giubileo

ARoma la grande mostra “Caravaggio 2025”,una delle curatrici, Francesca Cappelletti, ne spiega il significato: “Caravaggio è un campo di ricerca inesauribile, vogliamo presentarlo attraverso gli studi e le acquisizioni più recenti”.
Esposti dipinti da tutto il mondo, tra cui due esemplari riscoperti e per la prima volta accostati ai capolavori più noti. “Le opere hanno una vita, una storia ed è importante raccontarla”

 

La rivoluzione di Caravaggio nel panorama artistico, religioso e sociale del suo tempo, attraverso gli studi e le riflessioni critiche più recenti, è protagonista della mostra evento allestita nell’anno del Giubileo alle Gallerie Nazionali di Arte Antica a Palazzo Barberini di Roma.

In dialogo tra loro capolavori mai accostati prima

Eccezionale il numero di dipinti autografi dei quali è costituita l’esposizione “Caravaggio 2025”, curata da Francesca Cappelletti, Maria Cistina Terzaghi e Thomas Clement Salomon. Dialogano per la prima volta tra loro capolavori di Michelangelo Merisi finora mai accostati: da quelli più noti, provenienti dalle più prestigiose istituzioni museali del mondo, a quelli incredibilmente scoperti in tempi più recenti.

Due capolavori riscoperti

A pochi giorni dal taglio del nastro incontriamo Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese: “I visitatori – spiega – vedranno ciò che noi sappiamo di Caravaggio nel 2025. Questo è il senso della mostra e questo è il senso anche del titolo che è così essenziale: presentare esclusivamente il pittore, presentarlo in una prospettiva molto contemporanea di studi e di acquisizioni che sono avvenuti negli ultimi tempi”.

Ascolta l’intervista a Francesca Cappelletti

“La mostra ad esempio – prosegue – rimette nel contesto cronologico culturale e creativo di Caravaggio il ritratto di Maffeo Barberini, che già da qualche tempo è ritornato a Palazzo Barberini sotto gli occhi del pubblico, dopo moltissimi decenni in cui non se ne sapeva più nulla. E poi rimette nel contesto delle opere di Michelangelo Merisi anche l’Ecce Homo, ritrovato a Madrid qualche anno fa: per la prima volta quest’opera lascia la Spagna e viene vista in Italia, soprattutto nell’ambito delle opere napoletane. Sarà finalmente l’occasione per discutere sulla sua datazione accanto ad altri quadri”.

Il Caravaggio perduto

Alla riscoperta dell’Ecce Homo è dedicato il documentario diretto da Àlvaro Longoria e intitolato “Il Caravaggio perduto”. Sarà nei cinema in concomitanza con l’inaugurazione della mostra il 10, l’11 e il 12 marzo e svela le incredibili recenti vicende del dipinto che, “dormiente” per lunghi anni, si è rivelato essere un’opera d’arte unica al mondo.

Significativa la scelta di Palazzo Barberini come sede espositiva di Caravaggio 2025. Professoressa Cappelletti possiamo definire questa operazione come una “riconnessione” tra Caravaggio e il contesto in cui ha operato? 

Certo, una riconnessione con il contesto del collezionismo dei primi del Seicento, ma anche dei passaggi avvenuti tra le collezioni. Avremo la possibilità di vedere a Palazzo Barberini per la prima volta dipinti che in antico facevano parte della collezione Barberini. In gran parte arrivarono attraverso l’acquisto delle opere del cardinale Francesco Maria del Monte. Quest’ultimo era uno dei più grandi mecenati di Caravaggio, un personaggio che fu in grado di accorgersi del talento e delle novità di questo giovane pittore Lombardo a Roma e fin dal 1597 divenne una delle figure di riferimento per Caravaggio nell’Urbe. Quindi rivedremo insieme i dipinti che facevano parte della collezione del cardinale del Monte: la meravigliosa Santa Caterina che viene dalla collezione Thyssen-Bornemisza di Madrid o i Bari del Kimbell Art Museum di Fort Worth. Sono quadri che parlano allo stesso tempo della collezione Barberini, ma anche del rapporto intenso di Caravaggio con questo mecenate.

Per la prima volta alcuni capolavori di Caravaggio saranno esposti l’uno accanto all’altro. Non è accaduto neanche ai tempi di Michelangelo Merisi?

In alcuni casi non è accaduto neanche ai tempi di Caravaggio, perché avremo accostati la Santa Caterina con il Giuditta e Oloferne di Palazzo Barberini. Quest’ultima opera apparteneva alla collezione di Ottavio Costa, banchiere e collezionista genovese che fu accanto a Caravaggio fin dagli esordi e che non lo abbandonerà mai, anche durante il momento della fuga da Roma. Erano quadri che ai tempi di Caravaggio si trovavano in palazzi diversi, ma risalgono allo stesso momento creativo del pittore durante il quale egli si riferì probabilmente anche alla stessa modella. Ai visitatori all’interno del percorso della mostra sarà offerta l’esperienza, che reputo straordinaria, di poter ricostruire l’orizzonte visivo di Caravaggio: ciò che lui aveva davanti quando dipingeva con l’esempio del modello vivente, come ci ricordano le fonti.

In concomitanza con la mostra, il 10, 11 e 12 marzo sarà nelle sale cinematografiche il documentario sulla riscoperta in Spagna dell’Ecce Homo. Possiamo dire che ci attendono una serie di giornate significative nel segno di Caravaggio?

Sì certo, dedicate a Caravaggio e al suo percorso a Roma. Ci sarà anche un altro documentario su Caravaggio a Roma che verrà presentato il 17 marzo. Quindi direi un racconto fatto anche con vari mezzi espressivi, anche moderni e attuali, sulla vita, sulla biografia di Caravaggio e sulle peripezie delle opere. Sulla biografia delle opere. Anche le opere infatti hanno una loro vita, hanno una loro storia ed è importante raccontarla.

“Il Caravaggio perduto”. Guarda il trailer

Lo studio rinnovato di questi capolavori in occasione della mostra ha condotto voi curatori a nuove scoperte e riflessioni su Caravaggio?

Io direi che Caravaggio è un campo di studi inesauribile. Oggi rispetto a ieri sono cambiati gli interrogativi su Caravaggio. Innanzitutto ci chiediamo se saremo in grado di ritrovare altri dipinti, citati dalle fonti ma che al momento non conosciamo. È una ricerca continua. Ci sono aspetti del suo percorso sui quali la ricerca è impegnatissima negli ultimi anni, ma anche in continua evoluzione. Mi riferisco ad esempio all’arrivo di Caravaggio a Roma: il problema degli esordi. In che anno è arrivato nella Città Eterna? Questo è un nodo critico essenziale sul quale ci sono molte ipotesi anche contrastanti. Cosa è successo dal momento in cui lo troviamo collocato nella bottega di Simone Peterzano a Milano? Lo ritroviamo a Roma con i primi dipinti: il “Bacchino malato” o il “Ragazzo con la canestra di frutta”. Abbiamo scelto di iniziare il percorso della mostra proprio dal “Bacchino malato”, un dipinto della Galleria Borghese che è arrivato nelle collezioni di Scipione Borghese dalla bottega del Cavalier D’Arpino, presso il quale Caravaggio era stato qualche mese prima del 1597. È un’opera che ci fa interrogare sugli esordi di questo pittore.

Innegabile il carattere spirituale delle opere di Caravaggio, strettamente legato alla fede cattolica. A Roma tanti pellegrini stanno giungendo in quest’anno in occasione del Giubileo. La mostra è pensata anche per loro?

Noi ci auguriamo che questa mostra possa invitare i visitatori a proseguire il percorso nelle chiese di Roma. Non abbiamo chiesto in prestito nessuna opera dalle chiese romane proprio perché il Caravaggio religioso, il Caravaggio delle grandi storie religiose va visto, in particolare quest’anno, nel suo contesto. Abbiamo invece prodotto una piccola guida che, usciti dalla mostra, ci porta negli altri luoghi di Caravaggio a Roma. Va ricordato che Caravaggio ha avuto un’importanza straordinaria per un modo completamente nuovo di impostare la pala d’altare e di studiare la composizione del racconto religioso.

Fonte: Paolo Ondarza | Vaticannews.va

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