Akash Bashir era un giovane pakistano di 21 anni della città di Lahore, morto da martire, o come dicono nella sua comunità da “eroe” – e capiremo il motivo, offrendo la sua vita per difendere la chiesa e i fedeli che la riempivano per la celebrazione della santa messa. Per questo giovane cattolico il Dicastero per le Cause dei santi ha confermato la validità giuridica della fase diocesana. È morto abbracciato all’attentatore islamista, un gesto che aggiunge luce alla breve vita di quello che sarà il primo santo pakistano. Era domenica 15 marzo 2015, la chiesa di san Giovanni a Lahore era gremita di fedeli, più di 800. Akash, laico, ex studente salesiano, era impegnato nello svolgimento del compito per il quale si era offerto volontario nel 2013 e si era impegnato con altri confratelli: sorvegliare le chiese per difenderle da attacchi terroristici. Una cosa in sé semplice, umile: doveva sorvegliare una porta, ma lo ha fatto con tutto lo zelo di cui era capace.
In quella che sembrava una domenica normale, per quanto possa esserlo in una realtà segnata da ostilità e persecuzione sistematica, Akash ha sentito una prima esplosione in una chiesa vicina. Pochi istanti dopo vede l’uomo intenzionato ad entrare nella sua per farsi saltare in aria. «”Se devo morire, morirò, ma non ti lascerò entrare “, gli disse il giovane. Queste furono le sue ultime parole. Poi abbracciò il terrorista, che si fece esplodere, uccidendoli entrambi all’istante, ferendone molti e uccidendo tre cristiani», leggiamo su Religione en libertad. Per gli islamisti martire è l’epiteto che si riserva agli attentatori kamikaze come quello fermato da Akash Bashir, per questo usare questo termine, intrinsecamente cristiano nel suo significato di testimonianza per la fede, è molto difficile per la comunità pakistana che patisce da decenni persecuzioni e discriminazioni di ogni genere.
Eppure in quell’abbraccio che ha impedito una strage e ha sparso semi di conversione e speranza che continuano a portare frutto, il giovane dal 2022 servo di Dio ha mostrato plasticamente la natura totalmente nuova per il mondo dell’amore cristiano. Accettare la morte, offrendo la propria vita in sacrificio, è sempre un atto d’amore e di generazione, mai di distruzione. Anche l’aguzzino peggiore o l’attentatore più temerario, agli occhi di Dio, vale il sangue di Cristo. Chissà che in quell’abbraccio finale abbia intravisto anche lui il vero volto di Dio, capace di misericordia fino all’estremo istante.
Come riporta Vaitcan News «il 5 novembre 2024 la comunicazione è stata trasmessa al Postulatore generale per le Cause dei Santi della Famiglia Salesiana, don Pierluigi Cameroni, che sta seguendo il processo». Il cammino verso la beatificazione e la canonizzazione prosegue senza ostacli, dunque. Padre Lazar Aslam, dell’Ordine dei Frati Minori e superiore della comunità francescana a Lahore, ha dichiarato all’Agenzia Fides: «Oggi la comunità cattolica gioisce nel profondo per questo ulteriore passo avanti. Siamo grati a Dio per il dono di Akash e perla sua testimonianza”. “La gente qui prega incessantemente. C’è un costante flusso di pellegrini sulla sua tomba, la gente prega e chiede l’intercessione di Akash. E posso dire che stanno avvenendo miracoli spirituali, di conversione e consolazione». Suo l’accostamento del giovane servo di Dio pakistano alla figura del beato Carlo Acutis: «Figure come Akash e come Carlo mostrano i frutti che dà, nella vita, la vicinanza al cuore di Dio – afferma in conclusione – e sono di ispirazione per i nostri giovani, perché possano percorrere la strada della santità di vita nella nostra terra, nella nostra nazione».
La fede e le virtù del giovane si sono mostrate visivamente in quel gesto definitivo, ma nascono da una vita già tutta orientata a Cristo e all’amore per la Chiesa. Sembra una santità, la sua, prossima, imitabile e invitante. Era un ragazzo studioso, con un forte senso della giustizia, impegnato nella sua comunità e serio nello svolgere un compito rischioso, è vero, ma semplice. Vigilare davanti all’ingresso della sua chiesa. La sua storia ha subito suscitato devozione spontanea tra la gente che ha iniziato a recarsi sui luoghi del martirio per pregare e chiedere grazie. Numerose sono state quelle spirituali: «I cristiani sono stati rafforzati , altri giovani hanno assunto il loro ruolo e hanno avuto luogo molti battesimi. È stata una fonte di pace e speranza, perché il loro esempio ci consente di intravedere la vittoria di Cristo . La Pasqua è morte e resurrezione e, quindi, speranza. È anche una chiamata alla riconciliazione» ha detto Cameroni. «Penso che Akash possa essere un esempio proprio perché riesce a vivere una vita straordinaria facendo l’ordinario, così come il coraggio che dimostra nel servire la sua comunità. Akash ci ha mostrato che possiamo ancora vivere una vita felice e dare agli altri. Credo che un giovane così coraggioso meriti di essere un esempio per il mondo e la Chiesa» conclude Cruz.
Fonte: Paola Belletti | IlTimone.org