“I francesi non sono arroganti, sono solo convinti che il resto del mondo stia sbagliando a non essere francese”. Questa battuta, di un noto attore, calza a pannello alla recente sortita del leader socialista francese Raphaël Glucksmann che ha intimato agli Stati Uniti: “Restituiteci la Statua della Libertà”.
Secondo lui, spiega l’agenzia Ansa, “Parigi dovrebbe riprendersi il monumento perché gli Stati Uniti non rappresentano più i valori che hanno spinto la Francia al dono”.
Ecco le sue parole testuali: “Agli americani che hanno scelto di schierarsi con i tiranni, che hanno licenziato i ricercatori per aver chiesto libertà scientifica, diremo: restituiteci la Statua. Ve l’abbiamo regalata, ma a quanto pare la disprezzate. Quindi andrà benissimo qui a casa”.
In sostanza – a prescindere dalle ragioni addotte, che fanno parte della propaganda e non della realtà, e lasciando perdere questo chiedere indietro un dono – il francese, ritenendosi il rappresentante planetario della Libertà, boccia gli Stati Uniti.
Da oltreoceano gli hanno ricordato che se gli americani non fossero venuti a morire sulle spiagge della Normandia, oggi i francesi sarebbero “germanizzati”. E se, dopo la fine della guerra, gli americani non fossero rimasti, istituendo la Nato, i francesi sarebbero stati sovietizzati da Stalin (come noi, del resto).
Ma, al di là di questo “dettaglio” (non proprio irrilevante, se parliamo di Libertà) e al di là delle polemiche sull’anti-americanismo che dilaga fra le élite europee da quando Trump è arrivato alla Casa Bianca, c’è una domanda da fare ai francesi: vogliamo parlare della restituzione di alcuni capolavori italiani esposti nei musei d’oltralpe?
Attenzione, non parlo della Gioconda di Leonardo che molti erroneamente pensano che sia stata sottratta. Il suo in realtà è un caso più complesso.
La Gioconda era un ritratto di Lisa Gherardini commissionato a Leonardo dal marito, il mercante fiorentino Francesco del Giocondo. Il pittore stava ancora apportando gli ultimi ritocchi all’opera quando, nel 1516, su invito del re Francesco I, andò in Francia portando con sé questo e altri dipinti. Morì lì nel 1519. La Gioconda riemerse in seguito nella collezione reale.
Non è chiaro come e perché l’opera sia finita nelle mani del re. Non ci sono documenti che mostrino la volontà di Leonardo di donargliela, né è documentato che il sovrano l’abbia acquistata dagli eredi del pittore. Tutto è possibile, ma nulla è provato. I dubbi sono tanti. Gli studiosi ne discutono da tempo, ma è un caso a sé.
Invece è indiscutibile e sconcertante la vicenda dei capolavori italiani che l’esercito francese di Napoleone, invadendo l’Italia, prese e, in nome della (loro) libertà, portò oltralpe, collocandoli al Louvre e in altri loro musei.
Alessandro Marzo Magno nel libro “Missione Grande Bellezza. Gli eroi e le eroine che salvarono i capolavori italiani saccheggiati da Napoleone e da Hitler” (Garzanti) ha ricostruito questo nostro disastro nazionaleoggi dimenticato.
Il Papa, dopo la caduta di Napoleone e il ritorno della monarchia, incaricò il grande Antonio Canova di andare a recuperare quei tesori. Ma ci riuscì solo in parte: “su un totale di 546 opere razziate nei territori pontifici” scrive Marzo Magno “ne rientrano 249, mentre 248 restano in Francia e le altre 49 risultano perdute”.
Sono oggi al Louvre capolavori di Cimabue, Giotto, Veronese, Beato Angelico e altri. Non furono regali. Marzo Magno lo definisce un saccheggio. Che ne dice Glucksmann? Perché non restituiscono tutto?
Fonte: AntonioSocci.com